FATTO
Con decreto n. 1485/2006, la Corte d’Appello di Venezia ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a risarcire in favore del ricorrente, la somma di Euro 10.000,00 oltre interessi legali per il mancato rispetto, ai sensi della l. 24 marzo 2001, n. 89, del termine ragionevole di durata del processo.
Si rilevava che, malgrado il decreto sopra citato preveda la condanna nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’evocazione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze doveva considerarsi legittima in virtù di quanto previsto dall’art. 1, comma 1225, della l. n. 296/2006.
Con il ricorso in epigrafe, in ragione della persistente inerzia dell’Amministrazione e con riferimento alla somma capitale sopra citata, il ricorrente chiede l’ottemperanza del giudicato civile in relazione agli importi sopra precisati e aggiornati con gli ulteriori interessi nel frattempo maturati, e un’ulteriore somma da corrispondere ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., per il danno futuro in ipotesi di ulteriore inadempimento, con richiesta di nomina di un commissario ad acta.
Non si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze malgrado fosse stato correttamente intimato.
Nel corso della Camera di Consiglio del giorno 16 dicembre 2015 questo Tribunale disponeva l’acquisizione della prova circa l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’Appello n. 162/2007, adempimento che veniva posto in essere da parte ricorrente.
All’udienza del 7 aprile 2016, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto.
Per quanto concerne l’esistenza di una legittimazione passiva del Ministero dell’Economia va rilevato come un precedente orientamento la ritiene sussistente in considerazione del combinato disposto dell’art. 3, comma 3, della l. n. 89 del 2001 (come modificato dall’art. 1, comma 1224, secondo periodo, della l. n. 296 del 2006) con l’art. 1, comma 1225, secondo periodo, della l. n. 296 del 2006 (come interpretato dall’art. 55, comma 2-bis, del d.l. n. 83 del 2012, nel testo integrato dalla n. 134/2012).
In particolare, l’art. 1, comma 1224, secondo periodo, della l. n. 296 del 2006 – nel modificare l’art. 3, comma 3, della l. n. 89 del 2001, che prevedeva anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri come soggetto legittimato passivo delle domande conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata del processo – dispone che il ricorso sia proposto: A) nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario; B) nei confronti del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare; C) “negli altri casi” nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze.
Inoltre – sebbene la giurisprudenza (C.d.S., Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4096) in passato abbia affermato che la disposizione dell’art. 1, comma 1225, secondo periodo, della l. n. 296 del 2006 (secondo la quale “al fine di razionalizzare le procedure di spesa ed evitare maggiori oneri finanziari conseguenti alla violazione di obblighi internazionali”, al pagamento degli indennizzi “procede, comunque, il Ministero dell’economia e delle finanze”) sia una disposizione organizzativa, indirizzata alla sola pubblica amministrazione – si deve qui evidenziare che il legislatore con l’art. 55, comma 2-bis, del d.l. n. 83 del 2012 ha disposto che “l’articolo 1, comma 1225, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che il Ministero dell’economia e delle finanze procede comunque ai pagamenti degli indennizzi in caso di pronunce emesse nei suoi confronti e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.
Pertanto deve conclusivamente ritenersi che sussista la legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze nei giudizi di ottemperanza relativi alle sentenze con le quali sono state accolte domande proposte nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 gennaio 2014, n. 1).
Passando al merito, si ritiene che il ricorso è manifestamente fondato per quanto riguarda l’esecuzione della condanna del Ministero al pagamento di quanto dovuto alla ricorrente sulla base della sentenza della quale è chiesta l’esecuzione.
Va, pertanto, dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Economia e delle Finanze di conformarsi al giudicato di cui in epigrafe, provvedendo al pagamento in favore del ricorrente, e nei confronti dell’avvocato difensore per la parte relativa alle spese, entro il termine di giorni sessanta decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla data di notificazione a istanza di parte, della presente pronuncia, degli importi sopra precisati dovuti per i predetti titoli, oltre agli interessi successivi (sulla sola sorte capitale) al tasso legale.
Nell’eventualità d’inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Dirigente responsabile dell’ufficio “Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni” della Ragioneria Generale dello Stato, con facoltà di subdelegare gli adempimenti esecutivi ad altro Dirigente dello stesso ufficio, il quale, entro i successivi trenta giorni, su richiesta degli interessati, dovrà provvedere alla liquidazione delle suddette somme, previa adozione di tutti i necessari atti contabili in favore della ricorrente.
Va invece sottolineato, come richiesto nel ricorso, che può darsi luogo al pagamento anche nelle forme previste dall’art. 14, comma 2, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 (per il quale “nell’ambito delle amministrazioni dello Stato, nei casi previsti dal comma 1, il dirigente responsabile della spesa, in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all’istituto tesoriere, da regolare in conto sospeso”; per le modalità di emissione cfr. il d.m. 1° ottobre 2002 del Ministero dell’economia e delle finanze).
Il Collegio ritiene invece di non accogliere la domanda di risarcimento dell’eventuale ulteriore ritardo futuro, in quanto le pretese del ricorrente appaiono adeguatamente tutelate dalla nomina del Commissario ad acta che, in caso di ulteriore ritardo, ha il dovere di adoperarsi nel più breve tempo possibile per garantire l’esecuzione del giudicato (circa la non automaticità della sanzione in ragione del caso concreto: C.d.S., Ad. Plen., 25 giugno 2014, n. 15).
Le spese di lite seguono per il resto la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore del difensore del ricorrente dichiaratosi antistatario, così determinate in considerazione della natura seriale della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:
accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara l’obbligo dell’Amministrazione di conformarsi al giudicato nei modi e nei termini di cui in motivazione;
nell’eventualità di inutile decorso del termine di cui sopra, nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Dirigente responsabile dell’ufficio “Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni” della Ragioneria Generale dello Stato, con facoltà di subdelegare gli adempimenti esecutivi ad altro Dirigente dello stesso ufficio;
condanna l’Amministrazione resistente a rifondere al ricorrente, e per essa al difensore dichiaratosi antistatario, le spese di lite che si liquidano nella somma complessiva di 500,00 euro (cinquecento//00) per onorari, diritti e spese oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.