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    Banca Borsa Mercati finanziari Sentenze

    Tribunale Napoli, sez. II, 15 aprile 2014

    Redazionedi Redazione27 Ottobre 2014Aggiornato il:27 Ottobre 2014
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    Tribunale Napoli, sez. II, 15 aprile 2014

    Fatto

    Con ricorso depositato in data 20-6-2013 e notificato in data 25-10-2013 il MUTUATARIO ha chiesto accertarsi e dichiararsi la nullità delle clausole del contratto di mutuo concluso in data 30-9-2013 per Notar (OMISSIS), rep. (OMISSIS) racc. (OMISSIS), censurando la nullità della clausola determinativa degli interessi per la previsione di un tasso di interessi corrispettivo nella misura del 5,50 % annuo nonché di un tasso di interesse di mora nella misura del 6,795 % per l’ipotesi in cui la parte mutuataria fosse incorsa in ritardi nel pagamento delle somme dovute alla Banca mutuante, deducendo, dalla sommatoria dei detti interessi, il superamento del tasso soglia, la cui conseguente sanzione della nullità della clausola stessa.
    In virtù di tali contestazioni, il ricorrente ha chiesto che, all’esito della dichiarazione di nullità delle clausole del contratto di mutuo, si dichiarasse come indebitamente intervenuto, ai sensi dell’art. 1815 c.c., il pagamento delle somme versate in esecuzione del contratto di mutuo con la dichiarazione del diritto di esso ricorrente alla ripetizione della somma di 39.691,00 euro pari agli interessi già riscossi dall’Istituto resistente, oltre a quanto eventualmente riscosso a tale titolo successivamente alla instaurazione della causa.
    Si costituiva la BANCA SPA, la quale eccepiva il difetto di legittimazione passiva per effetto dell’avvenuta cessione del contratto di mutuo, in favore della ALFA S.P.A. con sede in (OMISSIS), cessione che assumeva opponibile al debitore in quanto pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
    Ciò premesso, la resistente, che pur chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa della ALFA SPA, per poi rinunciarvi, per nulla contestando il calcolo posto da parte ricorrente a base della domanda di ripetizione, eccepiva in diritto l’infondatezza della domanda proposta da MUTUATARIO e l’irragionevolezza dei principi sottesi alla domanda, i quali non terrebbero sufficientemente conto della natura per nulla omogenea delle voci che parte ricorrente, intende considerare ai fini del superamento del tasso soglia rispetto a quelle utilizzate per la composizione del T.E.G.M..
    Più specificamente, la resistente contestava la possibilità di addivenire, ai fini di verificare il superamento del tasso soglia, ad una sommatoria degli interessi corrispettivi con gli interessi moratori, escludendo la possibilità di attribuire un effetto tanto dirompente ed innovativo alla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (Cass. 350/2013) dalla quale ha avuto origine il filone di pensiero che ha animato i mutuatari nella prospettazione di una siffatta ricostruzione giuridica.
    La BANCA, infatti, nel resistere alla domanda, ha sottolineato la necessità logica di attribuire una differente valenza agli interessi corrispettivi rispetto a quelli moratori, potendosi e dovendosi riconoscere a questi ultimi una inequivoca natura sanzionatoria risarcitoria presuntiva, da computarsi su una somma ormai cristallizzata, composta dal capitale e dagli interessi corrispettivi e non, piuttosto, mediante una mera addizione dei tassi di mora a quelli corrispettivi, attuata con una elementare operazione aritmetica.
    Ciò in quanto gli interessi moratori sono dovuti dal giorno della mora e addirittura a prescindere da una specifica pattuizione, ai sensi dell’art. 1224 comma 1 c.c., e comunque anche in misura maggiore ove risulti prova del maggior danno.
    Deve, innanzitutto, osservarsi che la sommarietà della istruzione richiesta ai fini della decisione, evidente in considerazione della mancanza di contestazione in ordine agli imporli richiesti, – i quali sono costituiti dalla mera sommatoria degli interessi che si assumono indebitamente versati in esecuzione del contratto di mutuo -, consente di dichiarare l’ammissibilità del rito sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis c.p.c, utilizzato dal ricorrente e di escludere la necessità di procedere al mutamento del rito, discendendo tale effetto,ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c, soltanto dalla necessità di una più complessa istruzione, che, nella fattispecie, non è dato ravvisare come configurabile.
    Deve, preliminarmente, rigettarsi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla parte resistente, atteso che la denuncia di parte ricorrente attiene ad un profilo di nullità del contratto, al quale non può restare estraneo il contraente originario, anche laddove abbia ceduto, come ha effettivamente ceduto, il proprio credito a soggetto terzo. E tanto ciò considerato il resistente con il rinunciare anche implicitamente alla chiamata in causa di tale soggetto.
    Nel merito la violazione denunciata da parte ricorrente troverebbe la propria ragion d’essere, nella prospettazione difensiva di parte ricorrente, nell’avvenuta pattuizione, in sede di contratto di mutuo, di due differenti tassi di interesse a titolo rispettivamente di corrispettivo del prestito, nella misura del 5,50%, (art. 1 del contratto di mutuo), e a titolo di interesse moratorio, nella misura del 6,795 % (art. 5 del contratto) per l’ipotesi di inadempimento.
    Sostiene, infatti, il ricorrente che con la sommatoria dei detti interessi si perverrebbe ad un tasso del 12,295 % che sarebbe un tasso ben al di sopra del tasso soglia d’usura come rilevabile avuto riguardo al tempo della rilevazione della Banca di Italia, fissato all’epoca del contratto nella misura del 6,795 %, ovvero nella misura del tasso effettivo globale medio su base annua dell’epoca, aumentato della metà.
    Ritiene questo Giudicante che una siffatta ricostruzione dei fatti sia il frutto di una fuorviante interpretazione della statuizione assunta dalla Corte di Cassazione con la nota pronuncia n. 350/2013 nella quale è stato testualmente sostenuto che “risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora, laddove, invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: “il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”. Cass., n. 5324/2003).
    Tale motivazione merita una interpretazione adeguata e coerente con il sistema, laddove, pure affermando e ribadendo la stessa un principio ormai riconosciuto e già sancito anche in un’altra importante sentenza della Corte Costituzionale, (25-2-2002 n. 29) non può ritenersi che in essa risulti affermato niente altro se non che la disciplina relativa al tasso soglia, con le relative sanzioni, riguarda anche gli interessi moratori in sé considerati, con la conseguenza che anche rispetto ad essi deve verificarsi attentamente l’eventuale superamento del tasso soglia, e conseguentemente dichiararsi la nullità delle relative previsioni per il caso del suo superamento.
    Laddove, invece, nella indicata sentenza della Suprema Corte si fa riferimento alla “maggiorazione di tre punti a titolo di mora” non vuole intendersi l’affermazione di principio circa la necessità di effettuare una sommatoria tra i tassi corrispettivi e i tassi moratori in relazione al limite del tasso soglia, ma si ha semplicemente riguardo ad una modalità di pattuizione di quello specifico tasso di mora contrattuale, che così come contrattato, nella fattispecie esaminata dal Giudice di legittimità, risultava moratorio, in sé e per sé considerato, ed a prescindere da qualsivoglia sommatoria con il tasso relativo agli interessi corrispettivi.
    Procedere, invece, addizionando il tasso moratorio al tasso corrispettivo, e sottoponendo al vaglio del superamento del tasso soglia il dato derivante dalla detta somma aritmetica significherebbe non cogliere la differente natura delle due previsioni pattizie, che restano autonome l’una dall’altra e solo occasionalmente interdipendenti, atteso che, come evidenziato in analoga fattispecie dal Collegio di Napoli dell’arbitro bancario finanziario, “in materia finanziaria l’interesse, nel momento stesso in cui si rende disponibile (ovvero alla scadenza di pagamento), diventa capitale”.
    Pertanto, fondamentale è la necessità di considerare, nella interpretazione del dato oggettivo del tasso soglia, e degli elementi che lo compongono, la esatta composizione dello stesso, nel quale non è data la possibilità di assimilazione, alle altre voci che compongono il TEG del finanziamento ovvero alle altre voci considerate dalle Circolari della Banca d’Italia, anche dell’interesse moratorio in quanto tale.
    A cadere sotto la scure della sanzione della nullità, con conseguente obbligo di restituzione dell’indebito, e invece, anche nella ribadita interpretazione della Suprema Corte, solo la previsione di un tasso moratorio che, in sé considerato, e non in forma additiva rispetto al tasso corrispettivo ed alle altre voci considerate nel T.E.G., sia tale da oltrepassare il tasso soglia.
    Non trascurabile è il dato essenziale, ai fini dell’indagine, che, proprio per la menzionata differente natura dell’interesse corrispettivo e di quello moratorio, al secondo vada attribuita natura sostitutiva e non additiva del tasso corrispettivo, venendo lo stesso in rilievo in via eventuale solo per l’ipotesi di inadempimento e su di una somma complessivamente considerata, ove la parte cui si è tenuti per la quota, originariamente prevista quale interesse si è ormai inglobata nel capitale perdendo la propria originaria vocazione e natura di interesse.
    Non può non cogliersi la funzione abnorme che deriverebbe dalla interpretazione suggerita dal ricorrente, laddove, per l’ipotesi di inadempimento del contratto di mutuo e di mancato pagamento degli interessi corrispettivi, il tasso di mora, per non oltrepassare il tasso soglia, nella forma e composizione configurata ed ipotizzata dal ricorrente, dovrebbe essere contenuto, nella fattispecie in esame, nella misura dell’11,295%, ovvero nella differenza tra il tasso moratorio (6,795%) e il tasso corrispettivo (5,50%), con evidente ed irrazionale contenuto premiale riconosciuto in favore del contraente mutuatario a fronte di un palese inadempimento del contratto.
    Concludendo, la diversa natura degli interessi corrispettivi rispetto a quelli moratori, sembra consentire uno sganciamento ed autonomia delle relative previsioni pattizie, con la conseguenza che solo nella ipotesi di superamento del tasso soglia relativamente all’interesse moratorio in sé considerato, – il che non è nella fattispecie in esame per le ragioni sin qui esposte, risultando il tasso moratorio in sé contenuto entro il tasso soglia -, si porrebbe un problema interpretativo circa la sorte di entrambe le previsioni pattizie, sebbene ragionevole sarebbe riconoscere la validità della previsione degli interessi corrispettivi, con sanzione di nullità della sola previsione del tasso moratorio ultra soglia, per la già indicata natura sostitutiva del tasso moratorio rispetto a quello corrispettivo.
    Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo ai sensi del D. M. n. 142/2012.
    P.Q.M.
    Il Tribunale, in composizione monocratica, G.I. dr. Nicola Mazzocca, così provvede:
    A) rigetta la domanda.
    B) condanna il MUTUATARIO al pagamento, in favore della BANCA s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., delle spese di lite che liquida in complessive 3.100,00 euro così suddivise: 3.000,00 euro per compenso avvocati e 100,00 euro per spese, oltre I.V.A. e C.P.A..
    Così deciso in Napoli, in data 14-4-2014
    Giudice Nicola Mazzocca,
    Depositato in cancelleria il 15.04.2014.

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