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Home » Assicurazioni Responsabilità civile » Tribunale Torino, sez. III, 6 luglio 2017, n. 3605

Tribunale Torino, sez. III, 6 luglio 2017, n. 3605

RedazionediRedazione
6 Settembre 2018
inAssicurazioni Responsabilità civile, Sentenze
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Tribunale Torino, sez. III, 6 luglio 2017, n. 3605

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione datato 1.10.2014, il sig. A.M., quale titolare della Carrozzeria (omissis) di M.A. (di seguito, per brevità, Carrozzeria) ha convenuto in giudizio avanti il Giudice di Pace di Torino ALLIANZ Ass.ni S.p.A. domandando (previa ammissione di interpello e testi sui capi dedotti in premessa e previa eventuale CTU tecnica) di condannare la convenuta al pagamento della somma residua di euro 80,00 oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla data del fatto illecito al saldo, chiedendo altresì il pagamento delle spese stragiudiziali, allegando:
– di agire quale cessionaria del credito cedutole dal sig. C.A.C. proprietario del veicolo Ford (omissis) assicurato presso Allianz S.p.A. per la RCA, veicolo che veniva urtato sulla fiancata anteriore sinistra, in data 16.5.2014, dall’autovettura VW (omissis) tg. (omissis) mentre quest’ultima faceva retromarcia;
– che Allianz S.p.A. aveva provveduto alla liquidazione del danno, corrispondendo al cessionario la somma di euro 2.220,00 in luogo della maggior somma domandata di euro 2.300,00, dando la Compagnia atto di decurtare la franchigia di euro 80,00 prevista in polizza nel caso in cui l’assicurato si fosse rivolto a carrozzeria non convenzionata;
– che il danno di cui si domanda il ristoro deriva da un illecito civile, fonte di responsabilità extracontrattuale aquiliana, e che l’art. 1917 c.c. prevede la sostituzione, sul lato passivo, dell’assicuratore al responsabile civile, assicuratore obbligato a tenere indenne il proprio assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare in conseguenza dell’illecito predetto, assolvendo il contatto assicurativo all’unica funzione di individuare l’assicuratore tenuto a manlevare il responsabile civile dall’obbligo risarcitorio;
– che l’azione diretta di cui all’art. 149 D.L.vo 209/2005 origina dalla legge, cosicché la posizione del danneggiato resta quella di chi ha subito un illecito civile;
– che pretendendo di trattenere la franchigia in oggetto, Allianz si arricchirebbe senza causa in forza di previsioni contrattuali contrarie alla legge e agli obblighi di diligenza qualificata incombenti sulla Compagnia ai sensi dell’art. 183 n.1 lett. a del Codice delle Assicurazioni;
– che la parte attrice ha il diritto di vedersi rimborsato integralmente il danno patito.

Si è costituita in giudizio la Compagnia, rilevando:
– che la polizza stipulata dal sig. C., tra le coperture prestate, prevede altresì la “clausola risarcimento in forma specifica –Garanzia RCA” secondo cui “in caso di sinistrototalmente risarcibile dall’Impresa secondo il regime “Risarcimento Diretto “, l’assicurato si impegna ad utilizzare, per la riparazione, del mezzo, un autoriparatore convenzionato con l’impresa, quest’ultima provvedere direttamente al pagamento. A fronte di questo impegno l’impresa garantisce all’assicurato uno sconto pari al 3% sul premio annuo netto RCA. Resta intesoche il mancato rispetto dell’obbligo assunto comporta la riduzione di 80,00 euro del risarcimento spettante”,
– che non essendo la Carrozzeria (omissis) convenzionata con Allianz S.p.A., quest’ultima, a fronte di una fattura di euro 2.300,00, ha correttamente provveduto a pagare il ridotto importo di euro 2220,00;
– che l’art. 8 lett. D) del DL 145/2013 ha introdotto l’art. 147 bis del Codice delle Assicurazioni Private, che prevede la facoltà per le imprese di assicurazione di risarcire in forma specifica i danni alle cose, in assenza di responsabilità concorsuale;
– che è lecito prevedere nelle polizze una clausola facoltativa che consente di abbreviare i tempi di risarcimento in forza di un accordo tra le Compagnie e alcune officine di riparazione ;
– che vista la sottoscrizione della clausola che prevede la penale di 80,00 euro, correttamente Allianz ha applicato la penale prevista.

Con Sentenza n.2004/15 il Giudice di Pace di Torino ha rigettato la domanda attorea, compensando integralmente tra le parti le spese di lite.
Con atto di citazione in appello datato 30.11.2015, il sig. A.M., quale titolare della Carrozzeria (omissis) di M.A., ha impugnato la richiamata sentenza del Giudice di Pace di Torino, proponendo i seguenti motivi di appello:
– violazione degli artt. 113,132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. , avendo il Giudice di primo grado deciso la controversia richiamando il disposto dell’art. 147 bis del Codice delle Assicurazioni, per contro inesistente in quanto soppresso dalla L. n.9/2014 che, nel convertire il D.L. 145/2013 , ha soppresso l’ex adverso richiamato art. 8 che avrebbe introdotto l’art. 147 bis, così statuendo il Giudice in contrasto con la normativa vigente;
– violazione dei principi regolatori della materia con specifico riferimento agli artt. 1917,2043,2054 c.c. oltre che 122 e 149 Cod. Ass., allegando parte appellante che l’azione prevista dall’art. 149 Cod. Ass. non origina dal contratto, bensì dalla legge, sicché la posizione del danneggiato resta quella di chi ha subito un illecito civile (cfr. Cass. Civ., Ordinanza n. 5928/2012), cosicché la normativa che regola il risarcimento del danno non è pattiziamente derogabile e le condizioni contrattuali che limitano il risarcimento del danno sono in ogni caso nulle ex art. 1418 c.c. in quanto violano l’obbligazione risarcitoria dell’assicuratore;
Parte appellante ha altresì sostenuto che, in caso contrario rispetto a quanto sostenuto, si verificherebbe un arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. in capo all’assicuratore e che vi sarebbe un contrasto con il disposto di cui all’art. 2058 c.c., considerato che il risarcimento del danno può avvenire solo attraverso il pagamento in denaro, essendo la riparazione una prestazione infungibile fondata sull’intuitus personae, e rilevato altresì che l’art.2058 c.c. prevede che solo il creditore danneggiato possa scegliere la forma del risarcimento dovuta dal debitore, non potendo, per contro, l’assicuratore imporre, mediante un contratto unilateralmente predisposto, la riparazione in luogo del risarcimento in denaro, con una previsione nulla per contrarietà a norme imperative di legge (art. 1904,1905 e 2058 c.c.); inoltre, la clausola in oggetto sarebbe vessatoria ex art. 33 cod. consumo e dunque efficace solo laddove l’assicuratore fornisca prova che la stessa, sebbene unilateralmente predisposta, sia stata oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
Parte appellata, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, in quanto, avendo ad oggetto una sentenza decisa secondo equità, sarebbe stato proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 339 comma 3 c.p.c., rilevando come le controversie di valore non superiore a 1.100,00 euro debbano essere sempre decise secondo equità.
Quanto al merito, parte appellata ha precisato come il nostro ordinamento preveda che il danneggiato possa essere risarcito in caso di evento dannoso di natura extracontrattuale attraverso il risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., sostenendo come la clausola sottoscritta dal sig. C. obbliga il contraente a rivolgersi a un’officina convenzionata con la propria assicurazione, prevedendo, in caso contrario, la penale in oggetto, tanto più che la clausola contestata è stata approvata specificamente agli effetti degli artt. 1341 e 1342 c.c.; diverso sarebbe stato se il danneggiato avesse scelto di agire ex art. 144 Cod. Ass. citando il responsabile civile, avendo in tal caso diritto all’intero risarcimento del danno.

Tanto premesso, deve rilevarsi, in primo luogo, l’ammissibilità del gravame ex art. 339 c.p.c., perché, pur essendo il valore della controversia inferiore al limite di euro l.100,00 (importo entro il quale il Giudice di Pace decide secondo equità ai sensi del comma 2 dell’art. 113 c.p.c.), la causa in oggetto rientra tra quelle per le quali la stessa norma prevede la decisione secondo diritto a prescindere dal valore della causa (“ilgiudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’articolo 1342 c. c. “), attenendo la stessa a rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c. e posto che con la cessione del credito si attua una successione a titolo particolare nel credito medesimo. Appare, invero, fuori luogo e ingiustificato il richiamo del Giudice di primo grado all’equità (tanto più che per la propria decisione il Giudice di Pace ha richiamato specifiche norme di diritto), considerato quanto sopra riportato, nonché il fatto che neppure la sentenza impugnata può dirsi decisa secondo equità ex art. l14 c.p.c., non risultando dagli atti che le parti avessero chiesto al Giudice di primo grado, concordemente, di decidere la causa secondo equità.

Ciò chiarito, a fronte dei motivi di appello proposti, deve in primis rilevarsi che appare fondato il motivo di appello relativo all’erroneità del richiamo, nella sentenza impugnata, al disposto di cui all’art. 147 bis Cod. Ass., considerato che la legge di conversione del D.L. 145/13 (L. n.9/2014) ha soppresso l’art.8 che lo prevedeva, non potendosi dunque condividere le osservazioni del Giudice di primo grado circa il fatto che il sig. C. con il contratto in oggetto, abbia aderito “alla nuova tipologia di polizza prevista dal decreto sopra indicato” e, dunque, dal D.L. 145/2013 .

Quanto agli ulteriori motivi di appello, si rileva che la Corte di Cassazione, II sezione civile, con la sentenza n.6784 del 21.03.2014 ha statuito che “la clausola vessatoria di un contratto, in cui una delle parti è un consumatore, anche se è stata oggetto di trattativa, deve ritenersi inefficace, mentre il resto del contratto rimane in vigore. L’inefficacia opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal Giudice”, prevedendo espressamente che la rilevabilità di ufficio della vessatorietà di una clausola in un contratto tra professionista e consumatore possa avvenire anche nell’ambito del procedimento d’appello, e anche qualora l’eccezione non sia stata rilevata in primo grado.
Ciò chiarito, deve osservarsi che nel caso di specie la “clausola risarcimento in forma specifica- garanzia RCA” contestata dall’appellante rientra nelle condizioni di cui alla polizza sottoscritta dal sig. C. ed “e stata dallo stesso sottoscritta ex art. 1341-1342 c.c., posto che il contraente ha dato atto di “approvare specificamente agli effetti degli articoli1341 e 1342 del codice civile, le seguenti disposizioni delle condizioni di assicurazione “, tra cui sono espressamente indicate le “Condizioni aggiuntive RC Auto Accordo per il risarcimento in forma specifica (se operante sul contratto) con particolare riguardo alla sezione sconto premio e penale”(circostanza, peraltro, mai contestata dall’odierno appellante).
Senonché, risulta comunque fondato l’assunto di parte appellante circa la vessatorietà della clausola al sensi del D.L.vo 206/2005, trattandosi nel caso di specie, pacificamente, di contratto concluso tra un consumatore e un professionista e rilevato che la clausola in oggetto rientra tra quelle che l’art. 33 D.L.vo 206/2005 presume vessatorie, considerato che la lettera t) elenca le clausole volte a “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”, apparendo evidente che imporre al contraente, nel caso di azione ex art. 149 Cod. Ass., di rivolgersi ad una carrozzeria convenzionata a pena delle decurtazione di 80,00 euro dal danno subito, indipendentemente dalla previsione di un modesto sconto sul premio netto annuo, comporta una limitazione alla libertà contrattuale con i terzi, e rilevato altresì che la parte appellata non solo non ha provato (come sarebbe stato suo onere) ma neppure ha dedotto alcunché nella propria comparsa costitutiva in appello, al fine di sostenere e offrire la prova contraria di tale presunzione e, dunque, del fatto che sia intercorsa tra le parti l’eventuale trattativa individuale che avrebbe determinato il venir meno della vessatorietà, limitandosi a riportare come la clausola sia stata specificamente approvata ex art. 1341 c.c.; invero, la nozione di trattativa individuale non va confusa con quella di approvazione specifica di cui all’art. 1341 c.c., dovendo la trattativa individuale consistere in una negoziazione che rivesta le caratteristiche di individualità, serietà ed effettività (così Cass. Civ., 30 aprile 2012, n. 6639; nel medesimo senso Trib. Padova 29 novembre 2016, secondo cui “per superare la presunzione di vessatorietà, parte attrice avrebbe dovuto fornire la prova, ai sensi dell’art. 34, comma 4, D. Lgs. n. 206 del 2005, di una trattativa individuale e specifica anteriore alla predisposizione del testo contrattuale”, Cass. Civ. n. 6802/10; Cass. Civ., Sez. III, n. 24262/08; Trib. Genova 19.02.2003, per cui la mera approvazione per iscritto “non èidonea ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell’ idoneità della medesima a precludere l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal codice del consumo”), alla luce della necessità di garantire il consumatore dalla unilaterale predisposizione e sostanziale imposizione del contenuto negoziale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale (Cass., Sez. 3º, 20 marzo 2010, n. 6802; Cass., Sez. 2º, 18 ottobre 2010, n. 21379).

Dunque, considerato che la “clausola risarcimento in forma specifica-garanzia RCA” integra “una restrizione alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”, prevedendo che, nel caso in cui l’assicurato decida di riparare il proprio veicolo presso una carrozzeria o officina non convenzionata con la Società, sarà applicata la riduzione di 80,00 euro del risarcimento, appare evidente come tale previsione penalizzi la scelta di una carrozzeria/autofficina di fiducia, con una restrizione/compressione della facoltà di scelta che riguarda il contraente cd. debole, quanto alla scelta da parte dell’assicurato del soggetto mediante il quale provvedere alla riparazione al fine di ottenere la prestazione garantita, rappresentando così una clausola vessatoria ex art. 33 lett. t) D.L.vo 206/2005, come tale nulla (non essendo peraltro riproduttiva di norme di legge, anche alla luce della fondatezza del motivo di appello circa l’inesistenza del disposto di cui all’art. 147 bis Cod Ass., a cui ha invece fatto riferimento il Giudice di primo grado).

È invero principio assodato che “nel contratto di assicurazione sono da considerate clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c. c., quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano ilrischio garantito” (ex multis Cass. civ. Sez. III, 11-01-2007, n. 395; Cass. 9 marzo 2005, n. 5158; Cass. 4 febbraio 2002, n. 1430), condividendosi l’assunto dell’appellante laddove riporta che “ogni previsione contrattuale che limiti, riduca o escluda la responsabilità dell’assicuratore sulla scorta di fatti diversi rispetto al danno nei suoi elementi costitutivi e materiali non attenga alla sfera della trattazione del rischio, ma esclusivamente a quella diversa “dei limiti all’obbligo di risarcimento del danno già sorto e definito nella sua entità di fatto e di diritto “ (Cass. civ. Sez. III, 11.01.2007, n. 395, in senso conforme Cass. Civ. 29. 04.1988, n. 3234)”.

Ancora, deve rilevarsi che l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, come osservato da parte appellante, ha statuito, con provvedimento 26255 del 2016 (pubblicato su www.agcm.it bollettino settimanale Anno XXVI n. 46) la vessatorietà delle clausole limitative del diritto dell’assicurato di contrarre con professionisti a pena dell’applicazione di sanzioni in termini di scoperti sul danno liquidato, vessatorietà che può superare il giudizio di legittimità solo in presenza di trattiva individuale ex art. 34, comma 4 del medesimo codice, posto che “né la specifica approvazione per iscritto della clausola — secondo la costante giurisprudenza —, né la natura facoltativa della stessa che si traduce nella possibilità per il consumatore di reperire alternative sul mercato o presso lo stesso professionista sono sufficienti a far ritenere la ricorrenza della trattativa individuale”.

Quanto esposto assorbe le ulteriori censure evidenziate dall’appellante quanto alla nullità e/o inefficacia della clausola contestata, rendendone superflua la trattazione, dovendosi accogliere l’appello proposto sulla base del cd. principio della ragione più liquida, considerato che gli ulteriori fatti costitutivi del credito sono pacifici tra le parti; si deve quindi riconoscere alla parte appellante, alla luce del già intervenuto rimborso dell’importo di euro 2.220,00, l’ulteriore somma di euro 80,00, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno dalla data della domanda giudiziale sino alla presente sentenza e oltre interessi legali sull’importo così determinato dalla data della sentenza al saldo dalla data della domanda giudiziale sino alla presente sentenza, rilevato che, sebbene nel presente giudizio d’appello parte appellante non abbia espressamente domandato gli interessi e la rivalutazione monetaria sulla predetta somma, l’obbligazione in oggetto costituisce un’obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonché gli interessi, legali sulla somma rivalutata, costituendo ius receptus il principio secondo cui gli interessi su somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, mirando a scongiurare il pregiudizio che deriva al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente monetario del danno, costituiscono una componente del danno stesso e nascono dal medesimo fatto generatore della obbligazione risarcitoria, contemporaneamente e inscindibilmente, ragion per cui debbono essere riconosciuti anche di ufficio (Cass., 22 novembre 2010, n. 2263 ; Cass. n. 17444/2011) così come la rivalutazione monetaria, che non rappresenta un accessorio del credito bensì costituisce una componente intrinseca del danno e, per l’esattezza, il danno causato dal decorso del tempo (Cass. 17-9-2003 n. 13666; Cass. 18-12-1998 n. 12686; Cass. 2-12-1998 n. 12234; Cass. 6-11-1998 n. 11190; Cass. 24-8-1998 n. 8364; Cass. 25-9-1997 n. 9396).

Per quanto concerne la regolamentazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, deve condividersi l’orientamento della Cassazione, secondo cui il Giudice di appello, allorché riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere, anche d’ufficio, a un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza automatica e necessitata della pronuncia adottata nel merito della causa, dato che l’onere di esse va attribuito e ripartito, tenendo presente l’esito complessivo e globale della lite, senza tener conto degli esiti delle impugnazioni rispetto alle decisioni assunte nel grado precedente (Cass. civile, sez. lav., 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. civile, Sezioni Unite, 17 ottobre 2003, n. 15559; Cass. civile, sez. I, 2 luglio 2003, n. l0405; Cass. civile 27 maggio 2003 n. 8413; Cass. civile, sez. II, 17 aprile 2002, n. 5497; Cass. civile, sez. lav., 12 maggio 2000, n. 6155).
Tale esito vede la soccombenza di Allianz S.p.A., la cui interpretazione degli accordi contrattuali è stata disattesa e che viene condannata a pagare un importo ulteriore rispetto a quello già pagato alla controparte nella fase stragiudiziale.
Tali spese sono liquidate come da dispositivo ex DM 55/2014, applicabile a entrambi i gradi di giudizio ratione temporis, tenuto conto del valore della causa compreso tra euro 0,01 ed euro 1,100,00, sulla base dei valori medi, ridotti del 20% alla luce del ridotto importo domandato dall’appellane, con esclusione della fase istruttoria per entrambi i gradi di giudizio.
Quanto alla domanda delle spese stragiudiziali (in assenza di nota spese in tal senso, essendo prodotta agli atti solo la nota spese del grado di appello), tenuto conto dell’attività svolta (alla luce del disposto dell’art. 20 DM n.55/2014 e richiamate le sentenze della Suprema Corte n. 2275/2006 -secondo cui gli esborsi sostenuti dalla vittima di un fatto illecito per assicurarsi l’assistenza di un legale nella fase stragiudiziale delle trattative, nel caso in cui queste ultime non vadano a buon fine e sfocino in una controversia giudiziaria, diventano una componente delle spese giudiziali, da liquidare secondo la relativa tariffa- e n. 26973/2008, secondo cui le spese relative all’assistenza tecnica nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno patrimoniale conseguenziale dell’illecito, secondo il principio della regolarità causale, avendo il danneggiato il diritto di chiedere il risarcimento del danno emergente sofferto al responsabile e al suo assicuratore, nel successivo giudizio instaurato per ottenere il riconoscimento del danno se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell’esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento- cosi Cass. n. 997/2010, n.12181/2000), si ritiene di dover liquidare all’appellante l’importo di euro 100,00.
Non si ravvisano invece i presupposti per la condanna di parte appellata ex art. 96 c.p.c.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE DI TORINO, Sezione Terza Civile, in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunziando nella causa in grado di appello iscritta al n. 30130/2015 RG promossa dal Sig. A.M. quale titolare della Carrozzeria (omissis) di M.A. (parte appellante) contro Allianz Ass.ni S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore (parte appellata), nel contraddittorio delle parti, in totale riforma dell’impugnata Sentenza del Giudice di Pace di Torino n. 2004/15, datata 4.5.2015, depositata il 4.5.2015:

l) Dichiara tenuta e condanna la parte appellata Allianz Ass.ni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della parte appellante, quale cessionaria del credito facente capo all’assicurato sig. A.C.C. dell’importo di Euro 80,00 oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat e interessi legali sulla somma capitale annualmente rivalutata dalla data della domanda giudiziale sino alla presente sentenza, oltre agli interessi legali sull’importo come sopra complessivamente determinato dalla data della presente sentenza sino al saldo.

2) Dichiara tenuta e condanna la parte appellata Allianz Ass.ni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare alla parte appellante l’importo di Euro 212,00 per compensi di primo grado, l’importo di Euro 100,00 per la fase stragiudiziale, oltre a Euro 51,55 per esborsi del primo grado, nonché l’importo di Euro 352,00 per compensi ed Euro 84,50 per esborsi del secondo grado di giudizio (come domandati in nota spese), oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge sugli importi imponibili, spese di registrazione e successive occorrende.
Così deciso in Torino, in data 6.7.2017.

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