TAR Sicilia Palermo, sez. III, 4 gennaio 2008, n. 1
La sentenza epigrafata contribuisce al sofisticato dibattito sull’obbligo motivazionale nel provvedimento di annullamento, in autotutela, della concessione edilizia illegittima.
Sul tema, vi sono due filoni giurisprudenziali meritevoli di rilievo.
Il primo di essi sostiene che il ritiro della concessione illegittima, ponendo emenda ad una situazione permanentemente antigiuridica, reca in se stesso la soddisfazione di un interesse pubblico di natura indisponibile, per cui può ben essere motivato con il solo riferimento al vizio da cui sia affetto il titolo edilizio (cfr. CS Sez. V, 26.11.1994, n. 1382).
D’altro canto, un diverso orientamento, più attento alla discrezionalità che sempre sottende il potere di autotutela, vuole che l’Amministrazione, in presenza di circostanze idonee ad ingenerare un affidamento nel provvedimento ampliativo, quali la compiuta ultimazione delle opere o il decorso di un lungo periodo fra il rilascio del titolo edilizio e la rimozione dello stesso, esterni le concrete esigenze pubbliche che giustifichino il sacrificio dell’interesse del privato alla conservazione della concessione.
Esigenze, queste, che possono radicarsi in un interesse urbanistico, paesaggistico, ambientale, sanitario o di altro tipo (cfr. C.S. Sez. V, 19.7.2005, n. 3819).
Per completezza della trattazione, va detto che l’obbligo motivazionale, in materia di autotutela amministrativa, non sembra avere portata inderogabile, riconoscendosi in giurisprudenza alcuni casi nei quali l’annullamento officioso di atti ampliativi della sfera dell’amministrato non esige una specifica motivazione.
Ad esempio, non viene richiesta la motivazione allorché il ritiro in autotutela attenga ad atti che abbiano condotto all’esborso di denaro pubblico o che vengano rimossi dopo breve tempo dalla loro emanazione o, ancora, ad atti la cui illegittimità sia dipesa dalla mala fede del soggetto che ha da essi tratto beneficio (cfr. CS Sez. VI, 30.10.2000, n. 5817 – CS Sez. VI, 8.5.1998, n. 832 – CS Sez. VI, 9.5.2000, n. 2648).
La fattispecie oggetto della sentenza in commento concerne l’impugnativa, fra l’altro, di un provvedimento di annullamento sindacale di una concessione edilizia rilasciata 14 anni prima.
In considerazione del lungo tempo trascorso dal rilascio del titolo, i ricorrenti hanno eccepito il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale, legittimante l’annullamento d’ufficio.
La censura viene giudicata fondata dal TAR di Palermo il quale sancisce che, nella specie, l’Amministrazione non poteva esimersi dal motivare la deliberata rimozione della concessione edilizia, nell’ottica di un bilanciamento di interessi che deve, in astratto, connotare l’annullamento in autotutela qualora questo incida su atti che, in ragione del tempo trascorso dalla loro emanazione, abbiano suscitato un ragionevole affidamento negli interessati.
In simili casi, ad avviso dei Giudici palermitani, l’esigenza di ripristino della legalità violata non è presupposto sufficiente per il provvedimento -di per sé discrezionale- di rimozione, ostandovi, in particolare, il principio di certezza dei rapporti giuridici e la presunzione di legittimità degli atti amministrativi, cui non può non riconnettersi anche un minimo di autoresponsabilità dell’Amministrazione per le determinazioni adottate e gli affidamenti suscitati.
In punto di merito, il TAR afferma che l’esercizio del potere di autotutela, in subiecta materia, è legittimato da due presupposti: l’esistenza di vizi di legittimità che inficino l’atto che si intende annullare e l’esistenza di uno specifico interesse pubblico, diverso da quello corrispondente al mero ripristino della legalità violata, che giustifichi il sacrificio imposto al privato in relazione alla sua posizione giuridica sorta per effetto dell’originario rilascio del titolo abilitativo.
A meno che –il TAR aggiunge- non risulti che l’illegittimità della concessione edilizia sia dipesa da un’erronea rappresentazione dolosa o colposa dei fatti, da parte del privato a suo tempo richiedente; ipotesi, quest’ultima, non riscontrata nel caso oggetto della sentenza in esame.
TAR Sicilia Palermo, sez. III, 4 gennaio 2008, n. 1