Consiglio di Stato, sez. V, 4 agosto 2014, n. 4132
Per l’apertura di un centro abbronzatura con lampade UVA è necessaria la presenza di un’estetista.
Il trattamento con raggi abbronzanti U.V.A., svolto in un esercizio commerciale, è una attività protetta dalla Legge, che la subordina al rilascio di apposita autorizzazione comunale. Attraverso l’autorizzazione è esercitato un riscontro, di carattere tecnico, circa la sussistenza, nel soggetto che è tenuto a richiederla, delle condizioni di idoneità nello svolgimento dell’attività. La funzione dell’autorizzazione è di prevenzione in relazione agli elementi di pericolo o di danno che, nel quadro del pubblico interesse, l’attività può comportare.
La legge configura quale attività di estetista, soggetta ad autorizzazione, la messa a disposizione degli apparecchi indicati in un ambiente appositamente attrezzato, senza che sia rilevante il fatto che l’interessato provveda direttamente ad accendere le lampade U.V.A., ciò perché la professionalità dell’attività dell’estetista si manifesta nel momento della messa a disposizione delle attrezzature e non in quello del meccanico funzionamento delle stesse.
Ai sensi dell’art. 1 della legge 4 gennaio 1990, n. 1 la messa a disposizione della clientela di un lettino abbronzante è riconducibile all’attività di estetista, in quanto consiste in una prestazione o trattamento eseguito sulla superficie del corpo umano con apparecchi elettromeccanici per uso estetico e richiede l’ottenimento di un’autorizzazione comunale, rilasciata previa verifica della qualifica professionale degli addetti alle apparecchiature al fine di tutelare la salute e la sicurezza di coloro che si sottopongono al trattamento abbronzante.
La stessa legge 1/1990 prevede, all’art. 10, comma 1, l’emanazione da parte del Ministro dell’Industria di un decreto recante norme dirette a determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i meccanismi di regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d’uso degli apparecchi elettromeccanici di cui all’elenco allegato alla legge; ebbene, il previsto decreto di attuazione ha incluso le lampade abbronzanti UVA, senza operare distinzioni di sorta fra macchinari di maggiore o minore semplicità di utilizzo.
Come peraltro ha specificato anche dalla Cassazione civile (sez. III, 2 marzo 2012, n. 3244), la messa a disposizione della clientela di lampade UVA è riconducibile all’attività di estetista, in quanto questa consiste in una qualsiasi prestazione o trattamento eseguito sulla superficie del corpo umano, non solo con tecniche manuali, ma anche con apparecchi elettromeccanici per uso estetico, e richiede l’ottenimento di un’autorizzazione comunale rilasciata previa verifica della qualifica professionale degli addetti alle apparecchiature al fine di tutelare la salute e la sicurezza di coloro che si sottopongono al trattamento abbronzante.
Lo svolgimento dell’attività in carenza di tale autorizzazione costituisce illecito amministrativo ed espone chi lo commette all’ordine di sospensione dell’attività nell’attività di estetista, come definita dall’art. 1 l. 4 gennaio 1990, n. 1, che non può essere svolta in assenza del titolo abilitativo previsto dalla legge.
Infatti, la messa a disposizione della clientela di lampade UVA richiede il possesso di tale qualifica anche se, nella specie, il cliente le utilizzi direttamente ed autonomamente: chi decide di servirsi di dette apparecchiature ripone infatti un legittimo affidamento sull’esistenza della relativa specializzazione professionale in capo al personale che gestisce l’esercizio.
Tra l’altro, la possibilità del cliente di accendere, applicarsi e spegnere il macchinario, non significa che tale macchinario sia a disposizione dell’utenza in una sorta di “fai da te”.
Anche a voler ammettere che i macchinari di bellezza potrebbero essere acquistati direttamente da qualsiasi cliente ed utilizzati a domicilio, ciò non toglie che allorquando il cliente stesso decida di servirsi di quei medesimi macchinari all’interno di un centro che comunque si rivolga alla cura della persona, egli è autorizzato a presumere una specializzazione professionale in capo al personale che gestisce i locali (altrimenti correndo il rischio, per la propria inesperienza, di arrecare danno a se stesso per il non adeguato uso del macchinario).
Consiglio di Stato, sez. V, 4 agosto 2014, n. 4132