Cassazione civile, sez. unite, 14 settembre 2016, n. 18121
L’appello proposto dinanzi ad un giudice diverso da quello indicato dall’art. 341 c.p.c. non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii (art. 50 c.p.c.), sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge, sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello dinanzi al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame.
«…su un piano concettuale, non sembra possibile negare che la norma (art. 341 cod. proc. civ.) che detta i criteri per l’individuazione del giudice legittimato a ricevere l’appello, preveda, in realtà, una ipotesi di “competenza”, intesa come frazione dell’intero esercizio della funzione giurisdizionale. Si tratta, peraltro, di una competenza sui generis, in ragione della contemporanea previsione di criteri d’individuazione sia in senso verticale (giudice superiore) che orizzontale (giudice che ha sede nella circoscrizione di quello che ha pronunciato la sentenza); e alla quale, proprio in considerazione dei suoi tratti peculiari, appare confacente la qualifica di “competenza funzionale”, attribuitale dalla dottrina prevalente e recepita da queste Sezioni Unite nella sentenza 22-11-2010 n. 23594, nella quale è stato affermato che “L’individuazione del giudice di appello, ex art. 341 c.p.c., attiene a una competenza territoriale del tutto sui generis, che prescinde dai comuni criteri di collegamento tra una causa e un luogo: dipende indefettibilmente dalla sede del giudice a quo, sicchè è dotata di un carattere prettamente funzionale che impedisce il definitivo suo radicamento presso un giudice diverso, per il fatto che la questione non sia stata posta in limine litis”. […]
Una volta ricondotta nella nozione di “competenza” la regola che individua il giudice legittimato a conoscere dell’appello, sembra difficile escludere l’applicabilità anche al relativo giudizio del principio della translatio iudicii previsto dall’art. 50 cod. proc. civ., ove solo si consideri che tale norma è collocata tra le disposizioni generali contenute nel titolo 1 del libro 1, e non opera alcuna distinzione tra competenza di primo e secondo grado.
[…]
E infatti, posto che il legislatore (v. L. n. 69 del 2009, art. 59 e art. 11 del nuovo codice del processo amministrativo) ha esteso l’applicabilità della translatio iudicii al caso di errore nell’individuazione del giudice munito di giurisdizione, e che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2013, analogo effetto conservativo viene riconosciuto anche nei rapporti tra giudici e arbitri, non si vede per quali ragioni non potrebbe ritenersi sanabile con lo stesso meccanismo l’atto di appello proposto in violazione delle norme sulla competenza funzionale. […]
Sotto altro profilo, si osserva che l’orientamento favorevole all’applicabilità del meccanismo della translatio iudicii in caso di appello proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente appare rispondente al principio della effettività della tutela giurisdizionale, immanente nel nostro ordinamento. […]
La nozione di “competenza funzionale” propria del giudice di appello, nella quale si intrecciano criteri di competenza “orizzontale” e “verticale”, induce a ritenere applicabile il principio della translatio iudicii non solo nella ipotesi di erronea individuazione del giudice territorialmente competente, ma anche in quella di erronea individuazione del giudice competente per grado. In entrambi i casi, infatti, si è in presenza di un errore che cade esclusivamente sulla individuazione del giudice dinanzi al quale deve essere proposto l’appello avverso la decisione di primo grado, e che, quindi, non incide sulla esistenza del potere di impugnazione, ma solo sul modo di esercizio di tale potere.
Pertanto, una volta che si riconosca effetto conservativo all’atto di appello proposto dinanzi a un giudice territorialmente incompetente, non si vede per quale ragione debba escludersi il medesimo effetto nel caso di gravame (sempre che la scelta del mezzo di impugnazione sia corretta) proposto ad un giudice non corrispondente per grado a quello indicato dall’art. 341 cod. proc. civ..
Se è vero, infatti, che nell’uno o nell’altro caso, si è in presenza di un vizio che attiene alla “competenza funzionale” del giudice di appello, non possono che derivarne, per ragioni di coerenza del sistema, identiche conseguenze, rinvenibili, sul piano del diritto positivo, nel meccanismo delineato dall’art. 50 cod. proc. Civ ».
Art. 341 c.p.c. Giudice dell’appello
L’appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale e alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Cassazione civile, sez. unite, 14 settembre 2016, n. 18121