Cassazione civile, sez. lavoro, 15 gennaio 2014, n. 687
In materia di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che sancisce il diritto del dipendente ad esser adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito – attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell’organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse – un concetto di equivalenza «formale», ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita), non sindacabile dal giudice.
Ne consegue che condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita (Cass. n. 11405 del 2010).
Tuttavia, laddove vi sia stato, con la destinazione ad altre mansioni, il sostanziale svuotamento dell’attività lavorativa, la vicenda esula dall’ambito delle problematiche sull’equivalenza delle mansioni e si configura la diversa ipotesi della sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere, vietata anche nell’ambito del pubblico impiego. (Cass. n. 11835 del 2009)
(Nella fattispecie un dipendente comunale con funzioni dirigenziali nell’ambito dell’area tributi, a seguito alla soppressione, per ragioni di bilancio, di tale settore, era stato assegnato all’area amministrativa con funzioni di istruttore e di addetto alla biblioteca. Il ricorrente ha dedotto di essere rimasto in una condizione di totale inattività, non essendo la biblioteca comunale frequentata da alcun utente, e di essere incorso, in conseguenza di ciò, in una sindrome depressiva).
Art. 52, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e’ stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.
Cassazione civile, sez. lavoro, 15 gennaio 2014, n. 687