TAR Lazio Roma, sez. I, 14 aprile 2008, n. 3123
Una consolidata giurisprudenza, anche codificata dall’art. 21 nonies Legge 7 agosto 1990 n. 241, afferma che l’annullamento di ufficio di un atto deve fondarsi sulla sussistenza di un interesse pubblico specifico, concreto ed attuale alla rimozione, che venga esplicitato in sede di autotutela e che non si identifichi con la mera esigenza di ripristino della legalità violata. Aggiungasi che, nell’esercizio dello jus poenitendi, l’Amministrazione deve previamente tenere conto dell’esigenza di salvaguardare le posizioni di interesse dei privati i quali nel frattempo, confidando nella legittimità dell’atto rimosso, abbiano visto consolidarsi le rispettive situazioni di vantaggio. Di più, il decorso di un lungo lasso temporale, intercorso dall’emanazione dell’atto rimosso, senza che l’Amministrazione abbia apprezzato l’esistenza di un interesse pubblico attuale all’eliminazione dello stesso, determina di per sé l’illegittimità dell’annullamento officioso. I suddetti presupposti devono tutti potersi evincere dalla motivazione dell’atto di secondo grado.
Il TAR romano, nella sentenza che si annota, facendo sintetico richiamo ai principi legittimanti l’autotutela amministrativa sub specie di annullamento di ufficio, ha accolto il ricorso presentato da un’ATI che si era vista rimuovere, in via di auto-annullamento, l’aggiudicazione conseguita tre anni prima ad esito di una gara di appalto per l’affidamento di lavori pubblici. Il Collegio acclara la concreta carenza degli enunciati presupposti di corretto esercizio dell’autotutela
TAR Lazio Roma, sez. I, 14 aprile 2008, n. 3123