Cassazione civile, sez. I, 27 febbraio 2009, n. 4816
L’assegnazione della casa familiare prevista dall’art. 155, comma 4, c.c., risponde all’esigenza di conservare l’“habitat” domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare.
L’assegnazione è dunque consentita unicamente con riguardo all’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza.
Va esclusa invece l’assegnazion di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità e che comunque usassero in via temporanea o saltuaria, anche se in linea teorica la stessa fosse maggiormente adatta alle esigenze della prole, in quanto più vicina alla scuola e ai parenti del genitore affidatario.
Nel caso di specie è stata riformata, sulla scorta del suddetto principio, la sentenza di merito in forza della quale era stata assegnata alla moglie separata quale casa coniugale un appartamento, diverso da quello dove la famiglia aveva vissuto unita, ma più rispondente ai desideri della figlia che viveva con lei.
Cassazione civile, sez. I, 27 febbraio 2009, n. 4816