Cassazione civile, sez. I, 9 maggio 2014, n. 10128
Non è ravvisabile il trasferimento di ramo d’azienda (art. 2112 c.c.) nel caso in cui non sia individuabile una presistente organizzazione aziendale autonoma.
In materia le direttive CE nn. 98/50 e 2001/23 si riferiscono ad un insieme di mezzi organizzati per un’attività economica, essenziale o accessoria mentre l’art. 2112 c.c., comma 5, si riferisce alla “parte d’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata”.
Deve, quindi, trattarsi di un’entità economica organizzata in modo stabile e non destinata all’esecuzione di una sola opera (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 24 gennaio 2002, C-51/00), ovvero di un’organizzazione quale legame funzionale che renda le attività dei lavoratori interagenti e capaci di tradursi in beni o servizi determinati (Cass. 8 giugno 2009 n. 13171).
Inoltre l’entità economica trasferita deve essere preesistente al trasferimento, non potendo conservarsi quel che non c’è (cfr. sul punto Cass. 13 ottobre 2009 n. 21697). Il concetto di preesistenza deve poi ritenersi necessariamente riferito ad una articolazione funzionalmente autonoma dell’azienda, posto che qualunque lavorazione aziendale, per poter essere ceduta, non potrebbe che preesistere al negozio traslativo, essendone il necessario oggetto contrattuale.
Il configurarsi o meno di una cessione di ramo d’azienda ha conseguenze di non poco momento sui contratti di lavoro in essere. Se, infatti, nell’ipotesi della cessione di ramo di azienda si realizza la successione legale nel rapporto di lavoro del cessionario senza bisogno del consenso dei contraenti ceduti, nel caso della mera esternalizzazione di servizi ricorre la fattispecie della cessione dei contratti di lavoro, che richiede per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti (Cass. 16 ottobre 2006 n. 22125; Cass. 5 marzo 2008 n. 5932).
Nel rapporto obbligatorio il debitore è, di regola, indifferente al mutamento della persona del creditore, mentre il mutamento della persona del debitore può ledere l’interesse del creditore. In base a questo principio – espresso negli artt. 2740, 1268, primo comma, 1273, primo comma, e 1406 del codice civile – deve considerarsi inefficace la cessione del contratto di lavoro qualora il lavoratore, titolare di crediti verso il datore, non abbia prestato il consenso di cui all’art. 1406 cit.
L’art. 2112 cod. civ., che permette all’imprenditore il trasferimento dell’azienda, con successione del cessionario negli obblighi del cedente e senza necessità di consenso del lavoratore, costituisce eccezione al detto principio e non si applica se non sia identificabile, quale oggetto del trasferimento, un’azienda o un suo ramo, da intendere come entità economica organizzata in maniera stabile e con idoneità alla produzione e allo scambio di beni o di servizi.
Ne deriva che, nell’ipotesi in cui l’operazione di cessione di ramo d’azienda è vieppiù fittizia ovvero non si configura come un trasferimento di una struttura aziendale provvista di preesistente autonomia organizzativa ed economica, ma consiste piuttosto in una mera esternalizzazione di servizi, ricorre la fattispecie della cessione dei contratti di lavoro appunto necessita per il suo perfezionamento del consenso dei lavoratori ceduti.
Cassazione civile, sez. I, 9 maggio 2014, n. 10128