Cassazione civile, sez. I, 19 febbraio 2016, n. 3324
I pagamenti eseguiti dall’imprenditore ammesso al concordato preventivo in difetto di autorizzazione del giudice delegato non comportano la revoca automatica ex art. 173, ultimo comma l. fall., dell’ammissione alla procedura di concordato.
La revoca e può essere disposta solo laddove il giudice di merito accerti che tali pagamenti siano diretti a frodare i creditori pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta di concordato.
Può infatti verificarsi che il pagamento di crediti anteriori si risolva perfino in un accrescimento, anziché in una diminuzione, della garanzia patrimoniale offerta ai creditori e tenda dunque all’obiettivo del loro miglior soddisfacimento (si pensi, in via meramente esemplificativa, ai pagamenti di crediti di lavoro – che impedisce che sul capitale maturino ulteriormente interessi e rivalutazione monetaria – od ai pagamenti di utenze, eseguiti al fine di evitare l’interruzione dell’erogazione del servizio, di prestazioni di manutenzione, di spese legali sostenute per difendere i beni dalla pretese avanzate da terzi, che risultano volti, direttamente o indirettamente, a conservare valore al patrimonio aziendale, in modo da ricavarne un maggior prezzo in sede di liquidazione).
Secondo la Suprema Corte va in definitiva affermato che, poiché l’autorizzazione del giudice è finalizzata al rispetto della proposta negoziale formulata con la domanda di concordato, non possono ritenersi atti di frode i pagamenti non autorizzati che non pregiudichino le possibilità di adempimento della proposta e, dunque, di ripartizione dell’attivo fra i creditori.
Art. 173 Legge Fallimentare
Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura.
Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale a mezzo posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 171, secondo comma.
All’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18.
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.
Cassazione civile, sez. I, 19 febbraio 2016, n. 3324