Cassazione civile, sez. unite, 19 agosto 2009, n. 18356
«Il motivo di ricorso riguarda il punto della decisione che ha riconosciuto il risarcimento a titolo di danno esistenziale identificato nella costrizione indotta ripetutamente ad occuparsi delle problematiche attinenti all’obbligatorietà dell’abbonamento alla televisione e nel turbamento della quiete e tranquillità psichica della C., destinataria di immotivate diffide, con prospettazione reiterata di accertamenti e sanzioni, produttiva di un clima di intimidazione arbitraria, causa di disagio, ansia e stress. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Come è noto queste Sezioni Unite, con quattro contestuali sentenze di contenuto identico (nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 in data 11 novembre 2008) hanno di recente proceduto ad una rilettura in chiave costituzionale del disposto dell’art. 2059 c.c., ritenuto principio informatore del diritto, come tale vincolante anche nel giudizio di equità, da leggersi – non già come disciplina di un’autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella di cui all’art. 2043 c.c. – bensì come norma che regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali (intesa come categoria omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile individuare, se non con funzione meramente descrittiva, ulteriori sottocategorie) sul presupposto dell’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 c.c., e cioè: la condotta illecita, l’ingiusta lesione di interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell’interesse leso.
In tale prospettiva la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell’art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest’ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e non il pregiudizio conseguentemente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave (e cioè superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario).
Ciò precisato, si osserva che, nella specie, non sussiste un’ingiustizia costituzionalmente qualificata, tantomeno si verte in un’ipotesi di danno patrimoniale, risultando, piuttosto, la ritenuta lesione della “quiete e tranquillità psichica” insuscettibile di essere monetizzata siccome inquadrabile in quegli sconvolgimenti della quotidianità “consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione” (oggetto delle c.d. liti bagatellari) ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria (vedi la citata sentenza n. 12885/2009, nonché Cass. Sez. 3^ n. 8703/2009)».
Cassazione civile, sez. unite, 19 agosto 2009, n. 18356