Cassazione civile., sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546
Per la prima volta dopo il riconoscimento della categoria del “danno esistenziale” da parte di Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, con riferimento ad un’ipotesi di uccisione di stretto congiunto in conseguenza di sinistro stradale la Corte di Cassazione, nel fare il punto sugli orientamenti interpretativi maturati all’esito della progressiva evoluzione della disciplina post-codicistica in tema di risarcimento del danno alla persona, riconosce esplicitamente tale autonoma voce di danno, collocandola (nell’ambito del “sistema bipolare” delineato all’esito dell’intervento razionalizzatore di Cass. 31 maggio 2003, n. 8827 e Cass. 31 maggio 2003, n. 8828 ) unitamente al danno morale “soggettivo” ed al danno biologico all’interno della categoria generale del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., quale danno alla salute in senso lato che (pur dovendo -diversamente dal danno morale soggettivo- obiettivarsi, e rimanendo integrata, a differenza del danno biologico, a prescindere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale), in presenza di lesione di interessi essenziali della persona come quelli costituzionalmente garantiti della salute, della reputazione, della libertà di pensiero, della famiglia, ecc. si sostanzia in una modificazione (peggiorativa) della personalità dell’individuo, che si obiettivizza socialmente nella negativa incidenza sul relativo modo di rapportarsi con gli altri, sia all’interno del nucleo familiare, che all’esterno del medesimo, nell’ambito dei comuni rapporti della vita relazione, in conseguenza della subìta alterazione, della privazione (oltre che di quello materiale anche) del rapporto personale con lo stretto congiunto nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza morale (cura, amore), cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei confronti dell’altro (come per i coniugi in particolare previsto dall’art. 143 c.c., per il genitore dall’art. 147 c.c. e ancor prima da un principio immanente nell’ordinamento fondato sulla responsabilità genitoriale, da considerarsi in combinazione con l’art. 8 L. adoz.; per il figlio nell’art. 315 c.c., valorizzabile secondo tale orientata lettura).
Danno non già dagli stretti congiunti del defunto sofferto iure proprio, essendo l’evento morte plurioffensivo nel determinare non solamente l’estinzione della vita della vittima primaria ma anche l’estinzione del rapporto parentale con i congiunti della stessa, lesi nell’interesse all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e alla scambievole solidarietà che connota la vita familiare ( v. Cass., 31/5/2003, n. 8827; Cass., 31/5/2003, n. 8828 ), e pertanto consistente non già nella violazione in sé del rapporto familiare quanto piuttosto nelle conseguenze che dall’irreversibile venir meno del godimento del congiunto e dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali discendono.
La prova del danno esistenziale da uccisione dello stretto congiunto, che deve essere accertato e liquidato anche quando venga genericamente chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale in assenza di specifiche limitazioni della domanda a solo alcune delle altre voci (danno morale, danno biologico) che tale categoria compongono, è a carico del danneggiato, e può essere data anche a mezzo di presunzioni.
Il danno da uccisione di congiunto, quale tipico danno-conseguenza che si proietta nel futuro, privo (come il danno morale ed il danno biologico) del carattere della patrimonialità, ben può, in ragione nella natura di tale danno e nella funzione di riparazione assolta mediante la dazione di una somma di denaro nel caso non reintegratrice di una diminuzione patrimoniale bensì compensativa di un pregiudizio non economico, essere liquidato secondo il criterio equitativo ex artt. 1226 e 2056 c.c., in considerazione dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti, le esigenze di questi ultimi, rimaste definitivamente compromesse.
Cassazione civile., sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546