Cassazione civile, sez. I, 13 gennaio 2007, n. 15669
Lo scioglimento del vincolo contrattuale tra banca e cliente relativo al rapporto di conto corrente, ai sensi dell’art. 78 della Legge Fallimentare, per effetto della dichiarazione di fallimento del cliente stesso, non preclude al curatore di ottenere dalla banca la documentazione relativa a detto rapporto.
L’estinzione del rapporto di conto corrente bancario non estingue con immediatezza ogni rapporto obbligatorio fra le parti, sussistendo anche per l’epoca successiva una serie di obbligazioni, ancora di derivazione contrattuale e corrispondenti posizioni di diritto soggettivo.
«La pretesa alla documentazione è un diritto che nasce dall’obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, accessorio di ogni prestazione dedotta in negozio, e consente alla parte interessata di conseguire ogni utilità programmata, anche oltre quelle riferibili alle prestazioni convenute, comportando esso stesso una prestazione, cui ognuna delle parti è tenuta, in quanto imposta direttamente dalla legge (art. 1374 c.c.); per cui agli effetti del contratto, che discendono dalle clausole pattizie, vanno aggiunti quelli che la norma produce, in forza del rilevato principio, il quale fissa una regola di condotta, cui debbono attenersi i soggetti del rapporto obbligatorio, alla stregua di quanto dispone l’art. 1375 c.c., secondo il quale il contratto deve essere eseguito, appunto, secondo buona fede, generando doveri di comportamento, la cui inosservanza costituisce inadempimento – al pari di quella riferita agli obblighi convenzionali – che non può trovare giustificazione nella circostanza che la richiesta sia stata formalizzata in termini ampi e generici, una volta che il destinatario di essa, parte di quel rapporto, aveva la piena informazione degli elementi che il curatore intendeva ed aveva titolo ad acquisire.
In tema di esecuzione del contratto la buona fede si atteggia, infatti, come impegno di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico (Cass. 2503/1991).
La clausola generale di buona fede e correttezza è, dunque, operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore, nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio, quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti alla esecuzione del contratto, specificandosi nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte e ponendosi come limite di ogni situazione attiva o passiva, negozialmente attribuita, determinando così integrativamente il contenuto e gli effetti del negozio (Cass. 1078/1999; 3775/1994; 3362/1989; 1960/1986; 89/1966); e la sua rilevanza si esplica nell’imporre il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dalla esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge (Cass., 12310/1999).
Né rileva che l’adempimento di siffatta prescrizione sia suscettibile di arrecare svantaggi al debitore, come conseguenza eventuale e futura di esso.
Se è vero, infatti, che l’obbligo di salvaguardia delle altrui utilità esiste in quanto non importi per il debitore un apprezzabile sacrificio, è altrettanto vero che esso deve essere valutato in relazione diretta con la prestazione, secondo un rigoroso rapporto di causalità, mentre sfuggono a tale correlazione gli effetti che derivano da atti diversi da quell’adempimento.
[…]
Conferma alle conclusioni cui porta la corretta applicazione degli artt. 1374 e 1375 c.c. proviene dall’art. 119 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385:
Dispone il primo comma che gli istituti creditizi forniscano per iscritto al cliente, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all’anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto; il secondo comma specifica per i rapporti di conto corrente tempi e modalità di tale comunicazione, e il 4^ (con la modifica introdotta dal D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 24) aggiunge: “il cliente, colui che gli succede a qualsiasi titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere a proprie spese entro un congruo termine e comunque non oltre 90 giorni copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni”.
Tali norme contemplano, nel primo caso una obbligazione della banca, al di fuori di qualunque richiesta; nel secondo un diritto del cliente, da esercitarsi merce specifica domanda; suppongono entrambe il più ampio diritto alla documentazione, che attiene alla nascita del rapporto, agli elementi fondanti, alla sua evoluzione, alla sua conclusione e stabiliscono due regole, una minima ed una massima – la prima a carico della banca, consistente nella periodica comunicazione di un prospetto che rappresenti la situazione del momento nel rapporto con il cliente; la seconda a carico di quest’ultimo, di limitazione agli ultimi dieci anni del diritto ad ottenere la documentazione delle singole operazioni e di assunzione da parte sua del relativo costo – e lascia per il resto immutata l’ordinaria disciplina delle obbligazioni, fornendo una chiave di lettura testuale dell’obbligo di correttezza e solidarietà, in cui si sostanzia il principio di buona fede, laddove, accordando al cliente il diritto di ottenere la documentazione di singole operazioni per un non breve arco di tempo, va oltre l’elementare dovere di informazione previsto dai primi due commi dell’art. 119, perchè di ciascuna operazione registrata sull’estratto conto legittima l’avente titolo ad ottenere gli opportuni riscontri; legittimazione che, alla luce del più volte richiamato principio di buona fede, non è dato limitare ad alcune soltanto delle operazioni, potendo investire tutte quelle del periodo cui il cliente è interessato».
Cassazione civile, sez. I, 13 gennaio 2007, n. 15669