Cassazione civile, sez. III, 28 agosto 2009, n. 18783
La domanda giudiziale deve essere interpretata tenendo conto non solo della sua letterale formulazione, ma anche del contenuto sostanziale delle sottese pretese con riguardo alle finalità perseguite dalla parte, secondo la natura delle situazioni dedotte in giudizio, senza altri limiti che non siano quelli connessi all’esigenza del rispetto del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato ed al divieto di sostituire officiosamente domande non esperite a quelle formalmente proposte.
La fattispecie in discussione atteneva alla contestata inammissibilità di un atto di appello di cui si asseriva l’inettitudine a soddisfare l’onere di determinazione dell’oggetto della domanda.
La Cassazione è andata di diverso avviso, ritenendo, fra l’altro, che il petitum possa essere individuato attraverso un esame complessivo dell’atto e che d’altro canto, per esprimerlo, non occorra l’uso di formule sacramentali o solenni, ma sia sufficiente che esso risulti, anche implicitamente ed indirettamente, dalle espressioni adoperate in una qualunque parte dell’atto introduttivo e, quindi, anche nella parte espositiva e non necessariamente in quella destinata a riportare le conclusioni.
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Cassazione civile, sez. III, 28 agosto 2009, n. 18783