Corte di giustizia UE, sez. V, 19 settembre 2018, n. 41
Le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento che effettuano un lavoro a turni svolto anche solo parzialmente in orario notturno devono ritenersi svolgere un lavoro notturno e godono della tutela specifica contro i rischi di tale lavoro
La Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento dispone, in particolare, che dette lavoratrici non devono essere obbligate a svolgere un lavoro notturno durante la gravidanza o nel periodo successivo al parto, con riserva della presentazione di un certificato medico che ne attesti la necessità per la loro sicurezza o la loro salute.
A tale proposito la Corte UE ha dichiarato che la suddetta direttiva si applica anche ad una situazione in cui la lavoratrice interessata svolge un lavoro a turni nell’ambito del quale compie soltanto una parte delle proprie mansioni in orario notturno.
La Corte ha osservato, anzitutto, che la direttiva 92/85 non contiene alcuna precisazione circa la portata esatta della nozione di «lavoro notturno».
Dalle disposizioni generali della direttiva2003/88 sull’organizzazione dell’orario di lavoro emerge che una lavoratrice la quale svolge un lavoro a turni nel cui ambito compie unicamente una parte delle sue mansioni nelle ore notturne deve ritenersi svolgere un lavoro in «periodo notturno» e deve pertanto essere qualificata come «lavoratore notturno».
La Corte ha affermato che le disposizioni specifiche della direttiva 92/85 non devono essere interpretate in maniera meno favorevole delle disposizioni generali di cui alla direttiva 2003/88, né in modo contrario alla finalità della direttiva 92/85, che è di rafforzare la protezione di cui godono le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
La Corte ha aggiunto che, per beneficiare di tale protezione dell’ambito del lavoro notturno, la lavoratrice interessata deve presentare un certificato medico che ne attesti la necessità per la sua sicurezza o la sua salute.
Corte di giustizia UE, sez. V, 19 settembre 2018, n. 41