Cassazione civile, sez. III, 24 marzo 2016, n. 5877
La pioggia intensa e persistente, tale da assumere il carattere della eccezionale intensità, non costituisce un evento tale da rientrare nel caso fortuito o nella forza maggiore specie in epoche, come quella attuale, in cui i dissesti idrogeologici richiedono maggior rigore e considerato che per caso fortuito deve intendersi un avvenimento imprevedibile ed imponderabile.
La Corte già in precedenza (sent., 11 maggio 1991, n. 5267) ebbe modo di affermare che il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è sufficiente, di per se solo, a configurare l’esimente del caso fortuito, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza.
Con specifico riferimento alle precipitazioni piovose è stato altresì affermato (sent. 9 marzo 2010, n. 5658) che «una pioggia di eccezionale intensità può anche costituire caso fortuito in relazione ad eventi di danno … ma non è affatto vero che una siffatta pioggia costituisca sempre e comunque un caso fortuito» (Cassazione 9 marzo 2010, n. 5658).
In altri termini il danneggiante può invocare a proprio favore il caso fortuito o la forza maggiore, solo nell’ipotesi in cui il fattore causale sia di intensità tale da interrompere il nesso esistente tra la cosa e l’evento lesivo in modo tale che «esso possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento». In linea teorica, un temporale di particolare intensità può essere considerato come un caso fortuito o di forza maggiore ma, in tal caso, è necessario che venga preliminarmente accertata «l’esistenza di condotte astrattamente idonee a configurare una (cor)responsabilità del soggetto che invoca l’esimente».
Nella fattispecie relativa ad un’azione di risarcimento dei danni subiti in seguito all’allagamento di un sottopassaggio, verificatosi in occasione di un forte temporale la Corte ha sottolineato la necessità di stabilire in quale misura la manutenzione effettuata dall’ANAS, se eseguita a regola d’arte e secondo le necessità del caso, sarebbe stata in grado, se non di eliminare totalmente il danno, almeno di ridurlo.
Cassazione civile, sez. III, 24 marzo 2016, n. 5877