Corte Costituzionale, 17 marzo 2010, n. 106
«La questione di legittimità costituzionale […] investe la norma che consente ai praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nell’apposito registro speciale tenuto dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, di essere nominati – in sede penale – difensori d’ufficio […] davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l’Ordine circondariale che ha la tenuta del predetto registro e limitatamente ai procedimenti che […] rientravano nelle competenze del pretore.
Questa disciplina è dettata dall’art. 8, secondo comma, del Regio Decreto Legge 27 novembre, 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, […]
L’ultimo periodo della impugnata norma precisa che «Davanti ai medesimi tribunali e negli stessi limiti, in sede penale, essi (i praticanti avvocati) possono essere nominati difensori d’ufficio, esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre dichiarazione di impugnazione sia come difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero».
Ad avviso del rimettente, quest’ultima disposizione viola anzitutto l’art. 24, secondo comma, Cost. poiché impone al soggetto indagato, o imputato, di subire la nomina di un difensore d’ufficio dotato di una professionalità non ancora compiuta rispetto a quella di cui godono gli avvocati, dopo aver percorso l’intero iter di abilitazione all’esercizio della professione.
[…] La questione, sollevata in riferimento all’art. 24, secondo comma, Cost., è fondata.
[…] la fattispecie contemplata nell’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 8, […] fa riferimento alla possibilità di nomina del praticante come difensore d’ufficio. In questa circostanza all’indagato o all’imputato potrebbe essere assegnato, senza il concorso della sua volontà, un difensore che non ha percorso l’intero iter abilitativo alla professione. Inoltre, nel caso di nomina a favore dell’irreperibile, sarebbe esclusa ogni possibilità di porre rimedio all’inconveniente denunciato, mediante la sostituzione con un difensore di fiducia.
In questi termini, la questione attiene alla garanzia dell’effettività della difesa d’ufficio.
Deve ancora rilevarsi che la differenza tra il praticante e l’avvocato iscritto all’albo si apprezza non solo sotto il profilo […] della capacità professionale […] ma anche sotto l’aspetto della capacità processuale, intesa come legittimazione ad esercitare, in tutto o in parte, i diritti e le facoltà proprie della funzione defensionale.
In primo luogo, il praticante iscritto nel registro, pur essendo abilitato a proporre dichiarazione di impugnazione, non può partecipare all’eventuale giudizio di gravame.
Il praticante si trova, inoltre, nell’impossibilità di esercitare attività difensiva davanti al tribunale in composizione collegiale, competente in caso di richiesta di riesame nei giudizi cautelari.
[…] Va, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, ultimo periodo, del regio decreto-legge 27 novembre, 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) […] nella parte in cui prevede che i praticanti avvocati possono essere nominati difensori d’ufficio».
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Corte Costituzionale, 17 marzo 2010, n. 106