Cassazione civile, Sez. unite, 23 dicembre 2008, n. 30254
Proposta, davanti al Giudice Amministrativo, una domanda risarcitoria autonoma volta alla condanna della PA al risarcimento del danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione la sentenza che neghi la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto non sia stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento.
Il dictum delle Sezioni Unite, dotandosi di un impianto motivo di consistente portata, pone un punto fermo sul dibattuto tema della cd. pregiudizialità amministrativa, con particolare riferimento all’ipotesi in cui il privato chieda la tutela risarcitoria al GA, senza aver ottenuto l’annullamento, in sede amministrativa o giurisdizionale, dell’atto ritenuto fonte di lesione, nella fattispecie, a causa di una declaratoria di improcedibilità della domanda demolitoria di annullamento degli impugnati atti nel giudizio davanti al TAR.
La sentenza è prodiga di riferimenti giurisprudenziali e sistematici. La Corte osserva, fra l’altro, che la Legge 6.12.1971 n. 1034, all’art. 7 comma 3, dopo le modifiche che vi sono state apportate dall’art. 35 del D.Lgs. 31.3.1998 n. 80 e dall’art. 7 della L. 21.7.2000 n. 205, dispone che il Tribunale Amministrativo Regionale, nell’ambito della propria giurisdizione anche di legittimità, può conoscere di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno. Peraltro, si pone mente alla giurisprudenza della Corte costituzionale la quale, dapprima con la sentenza 6.7.2004 n. 204 e poi con la sentenza 11.5.2006 n. 291, ha ravvisato il fondamento di legittimità di tale attribuzione nel principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost. il quale richiede che il Giudice cui è affidata la tutela degli interessi legittimi nei confronti della PA sia munito di adeguati poteri. Vengono inoltre richiamati, in sentenza, i precedenti della Cassazione a SSUU la quale, con le ordinanze nn. 13659 e 13660 del 2006, ha affermato che il privato, di fronte ad un atto amministrativo che sacrifichi il suo interesse o manchi di realizzarlo, per poter ottenere tutela ha l’onere di rivolgersi al GA al quale, tuttavia, può scegliere di chiedere il solo risarcimento del danno. L’idea condivisa dalle ordinanze suddette è che la tutela risarcitoria autonoma debba spettare alla parte per il fatto che la situazione soggettiva fatta valere sia stata sacrificata da un potere esercitato in modo illegittimo e che l’accertamento dell’illegittimità dell’azione amministrativa non possa risultare precluso dall’inoppugnabilità del provvedimento ritenuto lesivo, né il diritto al risarcimento possa essere di per sé disconosciuto per via della regolazione che il rapporto con la PA ha avuto sulla base del provvedimento amministrativo mantenuto ancorché illegittimo. Tale principio contrasta con il diverso orientamento recepito dalla pronuncia n. 12/07 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella specie portata all’esame delle Sezioni Unite, stante il quale, presupponendo la tutela risarcitoria degli interessi legittimi che l’illegittimità sia accertata, quando l’atto non sia stato già annullato, in sede amministrativa o dal Giudice, la domanda risarcitoria non può essere da quest’ultimo esaminata, se non in presenza di una tempestiva domanda di annullamento. In definitiva, nel caso in esame, la Cassazione, coerentemente con la propria citata giurisprudenza, ribadisce e precisa che, quando dal GA si afferma che la tutela risarcitoria può essere concessa da quel Giudice, in presenza di atti illegittimi dell’Amministrazione, solo se gli stessi siano stati previamente annullati in sede giurisdizionale o di autotutela, si finisce col negare in linea di principio che la giurisdizione amministrativa includa nel suo bagaglio una tutela risarcitoria autonoma oltre che di completamento, con conseguente penalizzazione delle esigenze di tutela in funzione delle quali è concepita la giurisdizione esclusiva.
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Cassazione civile, Sez. unite, 23 dicembre 2008, n. 30254