Cassazione civile, sez. unite, 22 gennaio 2024, n. 2186
Principio di non deterioramento dei corpi idrici superficiali: derogabilità
L’art. 4, par. 1, lett. i), della direttiva 2000/60/CE stabilisce che “gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali”, così fissando il principio di non deterioramento che è stato recepito nell’art. 76, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 e fatto proprio anche dall’art. 12 bis r.d. n. 1775 del 1933, come sostituito dall’art. 96, comma 3, dello stesso d.lgs. n. 152/2006.
Tale principio può considerarsi il precipitato del più generale principio di precauzione, di cui all’art. 191 TFUE, che rappresenta, nell’ordinamento Eurounitario, il “cardine della politica ambientale” e che è pertanto sovraordinato rispetto al diritto interno.
Ne consegue che in tema di acque riveste rilievo primario il principio di non deterioramento, che costituisce declinazione di quello di precauzione.
Detto principio può essere tuttavia sacrificato in base alla disciplina unionale e nazionale. In particolare, è senz’altro vero che la regola circa l’obbligatorietà delle misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici superficiali soffre eccezione nelle fattispecie previste dagli artt. 4, par. 7, della direttiva e 77, comma 10 bis, lett. b), d.lgs. n. 152/2006: e cioè in presenza di una “incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale” che risulti “dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano”.
La deroga è ammessa in presenza di precise condizioni, tra cui è ricompresa quella posta dalla lett. b) dell’art. 4, par. 7, della direttiva (“le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni”), cui corrisponde, sul piano della disciplina statuale, la previsione contenuta nell’art. 77, comma 10 bis, lett. b), n. 2), del d. lgs. 152/2006 (secondo cui le misure possibili per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico devono essere “indicate puntualmente ed illustrate nei piani di cui agli articoli 117 e 121 le motivazioni delle modifiche o delle alterazioni e gli obiettivi siano rivisti ogni sei anni”).
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Cassazione civile, sez. unite, 22 gennaio 2024, n. 2186