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Giurisprudenza Civile e procedura civile Famiglia Successioni

Le Sezioni Unite sulla ripetibilità dell’assegno di mantenimento

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano15 Novembre 2022Aggiornato il:15 Novembre 2022
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Cassazione civile, sezioni unite, 8 novembre 2022, n. 32914

Ripetibilità assegno di mantenimento versato al coniuge se si accerta l’insussistenza ab origine delle condizioni per il mantenimento.

Nel caso in cui l’assegno di mantenimento per il coniuge, originariamente ritenuto dovuto e quindi versato dal coniuge onerato, sia successivamente modificato nel suo importo o addirittura revocato, le somme versate sono recuperabili? Al quesito hanno risposto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32914 dell’8 novembre 2022, risolvendo una delle questioni più controverse in materia di separazione e divorzio.
Il principio di diritto enunciato a chiusura di una lunga serie di motivazioni è il seguente:

«In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere:

a) opera la condictio indebiti ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione «del richiedente o avente diritto», ove si accerti l’insussistenza «ab origine» dei presupposti per l’assegno di mantenimento o divorzile;

 b) non opera la «condictio indebiti» e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell’an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell’assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, «delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)», sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica;

c) al di fuori delle ipotesi sub b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità».

Osserva la Corte come nel nostro ordinamento non sussiste una disposizione che, sul piano sostanziale, sancisce l’irripetibilità dell’assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell’alimentando: l’art. 447 c.c. si occupa di disciplinare la cessione del credito alimentare e la sua compensazione con un controcredito dell’obbligato, ma non ne sancisce l’irripetibilità; gli artt. 545 e 671 c.p.c. contemplano l’impignorabilità (non assoluta, essendo pignorabili i crediti a loro volta alimentari, a condizione dell’autorizzazione del giudice) e l’insequestrabilità dei crediti alimentari. Le stesse disposizioni specifiche degli artt. 440 e 446 c.c. non escludono la possibilità del ricorso al generale rimedio dell’azione di ripetizione di indebito, nelle ipotesi di riduzione dell’assegno alimentare fissato in via cautelare e provvisoria dal Presidente del Tribunale o di esclusione del diritto con il provvedimento definitivo.

Tuttavia occorre operare un necessario bilanciamento tra l’esigenza  di legalità e prevedibilità delle decisioni e l’esigenza, di stampo solidaristico, di tutela del soggetto che sia stato riconosciuto parte debole nel rapporto.
L’opinione, pacifica in giurisprudenza, secondo cui la sentenza che escluda o riduca l’assegno alimentare concesso con provvedimento provvisorio o con la sentenza definitiva del grado inferiore del processo non potrebbe, a determinate condizioni, comportare la ripetibilità delle maggiori somme già versate, si giustifica su di un piano “equitativo”, sulla base nei principi costituzionali di solidarietà umana (art. 2 Cost.) e familiare in senso ampio (art. 29 Cost.: la società “naturale” costituita dalla famiglia), e solo nella misura in cui si esoneri il soggetto beneficiario, dal restituire quanto percepito provvisoriamente anche “per finalità alimentare”, sul presupposto che le somme versate in base al titolo provvisorio siano state verosimilmente consumate per far fronte proprio alle essenziali necessità della vita (argomento tratto da art. 438 c.c., comma 2).

Occorre dunque dare il giusto rilievo alle esigenze equitative-solidaristiche, espressione di quella solidarietà che trova sede anche nella peculiare comunità sociale rappresentata dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione, in un’ottica di temperamento della generale operatività della regola civilistica della ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.), nel quadro di un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della stessa.
Non si tratta di dettare una regola di “automatica irripetibilità” delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento, quanto di operare un necessario bilanciamento tra l’esigenza - palesata nel presente giudizio dal controricorrente - di legalità e prevedibilità delle decisioni e l’esigenza, di stampo solidaristico, di tutela del soggetto che sia stato riconosciuto parte debole nel rapporto.
La Suprema Corte distingue quindi due casi ben diversi tra loro:

  1. Nel caso in cui  venga escluso in radice e “ab origine” (non per fatti sopravvenuti) il presupposto del diritto al mantenimento, separativo o divorzile, per la mancanza di uno “stato di bisogno” del soggetto richiedente (inteso, nell’accezione più propria dell’assegno di mantenimento o di divorzio, come mancanza di redditi adeguati), ovvero si addebiti la separazione al coniuge che, nelle more, abbia goduto di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell’art. 2033 c.c. (con conseguente piena ripetibilità).
  2. Nel caso in cui l’assegno, stabilito in sede presidenziale e poi rivisto in sentenza o nella sentenza di grado successivo, venga rimodulato “al ribasso”, sempre se l’assegno in questione non superi la misura che garantisca al soggetto debole di far fronte alle normali esigenze di vita della persona media quindi si tratti pressoché di un assegno alimentare, si presume che tale somma di denaro sia stata pressoché tutta consumata, nel periodo per il quale è stata prevista la sua corresponsione. In tal caso non sorge, a favore del coniuge separato o dell’ex coniuge, obbligato o richiesto, il diritto di ripetere le maggiori somme provvisoriamente versate.

Ciò si giustifica, come detto, in considerazione della tutela di quella solidarietà post-familiare, sottesa in tutta la disciplina relativa alla crisi della famiglia, e del fatto che non è in discussione, in tali ipotesi, l’esistenza e la permanenza, in giudizio, di un soggetto in condizioni di debolezza economica. Si deve infatti ragionevolmente presumere, in rapporto all’entità della somma di denaro litigiosa, che le maggiori somme (attribuite in via provvisoria o in via definitiva con la sentenza di primo grado), versate medio tempore dal richiesto al richiedente, siano state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge debole.
Si tratta, oltretutto, di una regola anche di esperienza pratica, in quanto il denaro, nell’ambito di cifre di modesta entità, percepito in funzione del necessario sostentamento del coniuge, è da presumere che sia stato speso a quel fine, con conseguente esclusione di ogni, inutile, azione di ripetizione.

Clicca e scarica il testo integrale della sentenza ⇣
Cassazione civile, sezioni unite, 8 novembre 2022, n. 32914

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