Cassazione penale, sez. III, 7 novembre 2008, n. 41850
«Il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 2, nella definizione riprodotta nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, che quindi si pone in continuità normativa con la prima legge, abrogata dall’art. 175, comma 1 lettera b, della seconda, definisce le acque reflue domestiche come le “acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche”.
Come ha precisato questa Corte, (v. per tutte Cass. pen. sez. 3, sent. 24 ottobre 2002, n. 42932, Barattoni), “nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche”.
Deve quindi concludersi che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità necessariamente legate alla composizione chimico fisica diverse da quelle proprie delle acque metaboliche domestiche, mentre rientrano nelle acque domestiche tutti i reflui derivanti da attività che attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza delle persone.
È in proposito opportuno precisare che il citato D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 2, lettera g) (integralmente riportato nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 74, lett. g), definisce come acque domestiche anche quelle derivanti da servizi, purchè siano provenienti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche».
Posto quanto sopra è stata esclusa, nel caso di specie, la violazione della normativa di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lettere g) ed h), (così come confluito nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lettera g) e del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 59, (così come confluito nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1) per erronea equiparazione delle acque provenienti dalle docce e dai servizi igienici di un centro sportivo ai reflui industriali.
Le acque derivanti dallo scarico di docce e servizi non sono diverse da quelle che comunemente vengono scaricate dalle abitazioni civili mentre non sussiste un automatico collegamento tra attività produttiva di beni e servizi e natura di acque reflue industriali delle acque di scarico provenienti dal luogo ove si esercita tale attività.
Cassazione penale, sez. III, 7 novembre 2008, n. 41850