Cassazione civile, sez. III, 15 giugno 2016, n. 12296
In tema di retratto agrario, sussiste la qualità di coltivatore diretto del fondo limitrofo quando l’attività svolta non si esaurisce nel mero falcio dell’erba spontanea.
Ai fini della configurabilità di un’attività agricola è necessario che vi sia una “coltivazione” del fondo, idonea, cioè, quanto meno, a stimolare la produzione di erba e come tale integrante il requisito oggettivo necessario per l’esercitabilità del retratto agrario.
«È principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, che la qualità di coltivatore diretto legittimante alla prelazione e al riscatto agrari, debba essere intesa in senso restrittivo ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 31 e che di conseguenza essa non sussiste, tra l’altro, in capo a chi si dedica esclusivamente al governo e all’allevamento del bestiame (Cass. n. 28237 del 2005).
Infatti, pur ponendo riferimento la suddetta norma alla richiamata attività di allevamento e di governo del bestiame, l’intento perseguito dal legislatore mediante l’attribuzione del diritto di prelazione e riscatto è quello di favorire la coltivazione di un fondo più ampio per una maggiore efficiente produzione nel caso del confinante e di un fondo col quale già sussiste una relazione nell’ipotesi che sul terreno oggetto di compravendita sia già insediato il titolare di un rapporto agrario.Pertanto, la qualità di coltivatore diretto deve considerarsi attinente propriamente alla coltivazione della terra e, di conseguenza, il diritto di prelazione e riscatto è riconosciuto dall’ordinamento a condizione che il soggetto coltivi il fondo (quale proprietario o conduttore, a seconda dei due casi previsti).
L’elemento obiettivo della attività agricola svolta sul fondo può essere legittimamente riconosciuto come sussistente, dunque, purché sia in essere una attività riconducibile alla coltivazione del terreno (che non sia limitata al semplice sfalcio delle erbe selvatiche ivi esistenti), rimanendo invece privo di rilevanza, ai fini che qui interessano, l’oggetto specifico dell’attività colturale ed in particolare se esso sia rivolto a colture agricole intensive o estensive, o anche alla produzione, mediante semina, lavorazione del terreno e raccolta, di fieno e di erba medica.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, ai fini della configurabilità di un’attività agricola è necessario che vi sia una “coltivazione” del fondo, idonea, cioè, quanto meno, a stimolare la produzione di erba, non integrando coltivazione del fondo né il mero taglio di erba spontanea, né l’attività armentizia per la produzione di latte e carne, esercitata sul fondo stesso (in questo senso Cass. n. 28321 del 2011, ai fini della configurabilità di un contratto di affitto agrario regolato dalla L. 3 maggio 1982, n. 203)».
Cassazione civile, sez. III, 15 giugno 2016, n. 12296