Consiglio di Stato, sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2458
La procedura intesa alla formazione del cd. silenzio inadempimento riguarda le ipotesi in cui, a fronte della formale richiesta rivolta all’Amministrazione, da parte di un privato, per l’emanazione di una determinazione autoritativa, la PA ometta di provvedere entro i termini prestabiliti. Comunque, l’omessa adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio rifiuto solo nel caso in cui sussisteva un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’Organo amministrativo destinatario della richiesta dell’interessato.
Nella sentenza in esame, il Consiglio di Stato afferma che è inammissibile l’impugnativa del silenzio rifiuto ove la parte ricorrente non sappia indicare un provvedimento espresso, legalmente previsto e tipizzato, di cui sarebbe mancata la tempestiva emanazione. Si lascia intendere, in buona sostanza, che l’inerzia dell’Amministrazione si traduce in un inadempimento suscettibile di impugnativa, ai sensi degli artt. 2 5° comma Legge 7 agosto 1990 n. 241 e 21 bis L. n. 1034 del 1971, non a fronte di un generico dedotto obbligo di provvedere, ma solo in ragione della mancata tempestiva adozione di un provvedimento specifico che è onere del privato individuare con esattezza.
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Consiglio di Stato, sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2458