Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2013, n. 25042
“La sentenza di cui all’art. 444 cod. proc. pen. non può essere equiparata, ai fini dell’art. 2953 cod. civ., ad una pronuncia di condanna idonea ad innalzare a dieci anni il più breve termine di prescrizione previsto dalla legge, diversamente da quanto questa Corte ha stabilito, con giurisprudenza pure costante, in relazione alla sentenza di condanna generica emessa a conclusione del giudizio penale; ciò in quanto la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum “.
In base al sopra esposto principio la Suprema Corte ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta in sede civile iure hereditatis dai familiari di una vittima di un sinistro stradale per intervenuta prescrizione del diritto fatto valere.
Ad avviso della Suprema Corte l’art. 2953 c.c., secondo cui “i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardi ad essi è intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”, trova applicazione solo in relazione al caso in cui il giudizio penale sia definito con sentenza di condanna e non con sentenza di patteggiamento della pena, in quanto quest’ultima “pur essendo equiparata a una pronuncia di condanna ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 445, comma 1, cod. proc. pen., non è tuttavia ontologicamente qualificabile come tale, traendo essa origine essenzialmente da un accordo delle parti, caratterizzato, per quanto attiene l’imputato, dalla rinuncia di costui a contestare la propria responsabilità”.
Ne consegue che ove il giudizio penale a carico dell’autore del reato stradale si sia concluso con sentenza di patteggiamento della pena, il diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli va fatto valere entro il termine di due anni dall’irrevocabilità della sentenza, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 2947 c.c..
Cassazione civile, sez. III, 7 novembre 2013, n. 25042