Corte di Cassazione, sez. V, 11 aprile 2012, n. 13568
Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un indagato per il reato di cui all’art. 612 bis cod. pen. (cd. “Stalking”), teso ad ottenere il rigetto del provvedimento con cui veniva applicata nei suoi confronti la misura cautelare del divieto di avvicinamento per la genericità della prescrizioni imposte, indicate nel divieto di avvicinarsi a tutti i luoghi frequentati dalla persona offesa e nell’obbligo di tenersi a distanza non inferiore a metri cento nei casi di incontro occasionale con la stessa.
Il Supremo Collegio si discosta dunque dal precedente indirizzo giurisprudenziale (Cass., sez VI, n.26819/2011) in base al quale “l’applicazione della misura di cui all’art. 282 ter cod. proc. pen. esigerebbe l’indicazione specifica e dettagliata dei luoghi oggetto del divieto di avvicinamento imposto all’indagato, laddove il generico riferimento identificativo alla frequentazione di detti luoghi da parte della persona offesa non rispetterebbe la prescrizione normativa, che predica distintamente i luoghi in esame degli attributi dell’essere gli stessi determinati e abitualmente frequentati dalla persona offesa, e si risolverebbe nell’inaccettabile imposizione di un obbligo di non facere di fatto rimesso alla volontà del soggetto passivo”.
L’art. 282 ter cod. proc. pen., che prevede la possibilità per il giudice di prescrivere all’imputato di “non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa”, risponde all’esigenza di rendere più efficaci le finalità di tutela già proprie della misura in esame nella preesistente previsione di cui all’art. 282 bis. ed è infatti rilevante la circostanza che sia stato introdotto con d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 38, che all’art. 7 prevedeva la nuova fattispecie incriminatrice di cui all’art.612 bis cod. pen..
La predeterminazione dei luoghi risulterebbe del resto, nei numerosi casi di stalking, chiaramente dissonante con le finalità della nuova misura, costringendo la vittima a contenere la propria libertà di movimento nell’ambito dei luoghi indicati.
La norma dell’art. 282 tre non contiene l’indicazione predeterminata dei luoghi dai quali debba essere effettuato l’allontanamento bensì il riferimento è a tutti i luoghi frequentati dalla persona offesa. Ed infatti una indicazione puntuale di detti luoghi assumerebbe significato nel caso in cui le modalità della condotta criminosa si limitassero ai luoghi nei quali la vittima trascorre una parte apprezzabile del proprio tempo o a quelli che costituiscono il punto di riferimento della propria quotidianità di vita, quali quelli indicati dall’art. 282 bis c.p.p. nel luogo di lavoro o di domicilio della famiglia di provenienza.
Diversamente se la condotta oggetto della reiterazione abbia i connotati della persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è prevista la possibilità di individuare la stessa persona offesa, e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento centrale del divieto di avvicinamento. In tal caso diviene irrilevante l’individuazione di luoghi di abituale frequentazione della vittima.
La scelta di non ripropone gli accenni di cui al preesistente art. 282 bis, seppur non tassativi, al luogo di lavoro della vittima ed al domicilio della famiglia di origine della stesse, è dunque volta a da tutelare più incisivamente libertà di circolazione e di relazione della persona offesa, senza che la stessa possa trovare limitazione alle sfere del lavoro e della cura degli affetti familiari della stessa ed agli ambiti alle stesse assimilabili. In relazione alla condotta di cui all’art. 612 bis cod. pen., avente spesso ad oggetto la persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è evidente l’utilità della nuova misura cautelare, la cui dimensione essenziale è il divieto di avvicinamento alla persona nel corso della sua vita quotidiana ovunque essa si svolga.
Per questi motivi il divieto di avvicinamento può essere riferito non più solo ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ma altresì alla persona offesa in quanto tale.
Corte di Cassazione, sez. V, 11 aprile 2012, n. 13568