Cassazione civile, sez. II, 25 maggio 2012, n. 8352
È valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la propria volontà di escludere dalla propria successione alcuni dei successibili.
È valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la volontà destitutiva o diseredativa, diretta ad escludere dalla propria successione legittima alcuni dei successibili ed a restringerla così ai non diseredati.
Una siffatta disposizione rientra nelle facoltà dispositive del testatore di cui all'art. 587 comma 1 cod. civ. Le varie ipotesi in cui l’attività dispositiva può manifestarsi sono tutelate dall’ordinamento purché non contrastino con il limite dell’ordine pubblico: ogni disposizione patrimoniale di ultima volontà, anche se non “attributiva” e anche se non prevista nominatim dalla legge, può dunque costituire un valido contenuto del negozio testamentario se rispondente al requisito di liceità e meritevolezza di tutela, e se rispettosa dei diritti dei legittimari.
L’ammissibilità della clausola diseredativa, quale autonoma disposizione negativa, appare in linea con l’ampio riconoscimento alla libertà e alla sovranità del testatore compiuto dal legislatore, che in altri ambiti del diritto successorio ha ammesso un’efficacia negativa del negozio testamentario.
Nell’ambito del contenuto patrimoniale del testamento, non solo il testatore può ben gravare il proprio erede di una hereditas damnosa, ma può escludere il legittimario dalla quota disponibile, sia mediante l’istituzione nella sola quota di legittima, sia mediante il legato sostitutivo previsto dall’art. 551 c.c.
Il testatore può inoltre modificare le norme che la legge pone alla delazione successiva, escludendo l’operatività del diritto di rappresentazione a favore dei propri congiunti con la previsione di più sostituzioni ordinarie o, addirittura, con un’esclusione diretta.
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Cassazione civile, sez. II, 25 maggio 2012, n. 8352