Gli obblighi di trasparenza in materia di contratti bancari sono posti a tutela del contraente debole, per cui, nel caso non sia più disponibile il contratto a suo tempo stipulato, non possono essere opposte al cliente le condizioni generali a suo tempo vigenti.
Al contrario, invece, il recesso inequivocabilmente espresso dal cliente non richiede particolari formalità, da momento che la forma scritta per i contratti bancari è mezzo di tutela del contraente più debole, cioè del cliente, al quale soltanto è riservata la facoltà di invocare la nullità per mancanza di forma.
È stato altresì ritenuto illegittimo, con relativo obbligo di restituzione, l’addebito al cliente di spese non previste nell’ultimo documento di sintesi trasmesso alla data cui si riferisce l’operazione, costituendo tale documento la fonte più aggiornata degli impegni di natura economica che il cliente stesso doveva adempiere nei confronti della banca.
L’esercizio da parte dell’intermediario di scelte consentite o addirittura imposte dalla legge, non esonera dall’obbligo, ricorrendone i presupposti, di tenere indenne il cliente dagli eventuali maggiori costi.
In un caso di cessione di ramo d’azienda e conseguente trasferimento in blocco dei relativi rapporti di conto corrente da un intermediario ad un altro, l’ABF ha deciso che le conseguenze pregiudizievoli per il cliente devono ricadere sugli intermediari quale costo intrinseco delle vicende societarie.
Nel caso concreto, la (legittima) impossibilità di rilasciare la certificazione fiscale richiesta dal cliente e il relativo danno sono stati riconosciuti come un onere che deve essere sopportato dall’intermediario. In tal caso, entrambi gli operatori condividono solidalmente la responsabilità nei confronti del cliente.
Articolo tratto da: Banca d’Italia