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Esenzione dell’imposta di registro sulle sentenze fino ad € 1.033 anche se emesse dal Tribunale.

Redazionedi Redazione11 Novembre 2014Aggiornato il:11 Novembre 2014
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Le sentenze relative a cause di “modesto valore” – ovvero di importo inferiore a 1.033,00 euro – non saranno più soggette ad imposta di registro e di bollo, anche se emesse da giudici di grado superiore rispetto al Giudice di Pace.
Tanto è stato deciso dall’Agenzia delle Entrate che con la risoluzione n. 97/E, il cui testo si riporta a seguire, prendendo posizione ed adeguandosi al recente orientamento della Cassazione (Sent. 16310/2014) ed estendendo l’esenzione alle sentenze del Tribunale, siano esse in grado di appello rispetto ai provvedimenti del giudice di pace o emesse in ragione di competenza funzionale.

Risoluzione N.97/E del 10 novembre 2014
Tassabilità ai fini dell’imposta di registro delle sentenze emesse su appello delle pronunce del giudice di pace — Art. 46 della legge 21 novembre 1991, n. 374

Con risoluzione n. 48 del 18 aprile 2011, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’ambito applicativo del regime di esenzione dall’imposta di registro e di bollo previsto dall’articolo 46 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (istitutiva del giudice di pace) in base al quale “Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni”.
In particolare, con la citata risoluzione, è stato precisato che detta disposizione di favore trova applicazione solo per gli atti e i provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace e non anche per quelli emessi dal tribunale ordinario in sede di appello avverso i predetti provvedimenti.
A tal riguardo, nel richiamato documento di prassi, si è osservato che l’inserimento del predetto articolo 46, rubricato “regime fiscale”, nel testo della legge istitutiva del giudice di pace portava a ritenere che il regime in argomento trovasse applicazione esclusivamente per il grado di giudizio innanzi al giudice di pace.

Inoltre, nella medesima risoluzione è stato precisato che il riferimento operato dalla norma alle “attività conciliative in sede non contenziosa” non potesse che riguardare le attività rese dal giudice di pace in quanto, ai sensi dell’articolo 322 c.p.c, spetta al giudice di pace la competenza esclusiva in materia di conciliazione in sede non contenziosa, senza alcun limite di valore e per tutte le materie che non siano di competenza esclusiva di altri giudici.
Tale interpretazione, infine, è stata ritenuta coerente con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui le norme che stabiliscono agevolazioni fiscali non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte, gli Uffici hanno ritenuto opportuno coltivare anche innanzi ai giudici di legittimità il contenzioso pendente relativo alla impugnazione degli avvisi di liquidazione con i quali sono state assoggettate a tassazione ai fini dell’imposta di registro le sentenze emesse dai tribunali ordinari in sede di appello avverso i provvedimenti del giudice di pace.
A tal riguardo, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza 16 luglio 2014, n. 16310, cui hanno fatto seguito altre pronunce di identico tenore, ha precisato che “…l’art. 46…nel suo significato ampiamente comprensivo…si riferisce genericamente alle cause ed alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00, ciò che abilita l’interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione… alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio”.
I giudici di legittimità hanno inoltre chiarito che “…la sedes materiae (e cioè il fatto che si tratti proprio della legge istitutiva del giudice di pace) non appare elemento idoneo ad escludere la conclusione che precede, attesa la lettera omnicomprensiva della previsione normativa che appare coinvolgere l’intero sviluppo del procedimento giudiziale che in primo grado è attribuito alla competenza del predetto organo giudiziale…”.
La medesima pronuncia si fonda altresì sulla ratio della disposizione agevolativa che, a parere della Corte di Cassazione è “…quella di alleviare l’utente dal costo di servizio di giustizia per le procedure di valore più modesto, in relazione alle quali è evidentemente apparso incongruo pretendere l’assolvimento di un tributo che, per il fatto di essere determinato in termini ordinariamente percentuali rispetto alla rilevanza economica della causa avente valore determinato, ammonta comunque ad importo irrisorio e spesso inadeguato a giustificare una complessa procedura di esazione”.
In relazione a ciò, affermano i giudici di legittimità, “…appare del tutto coerente la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga alla previsione dell’art. 37 del DPR n. 131/1986, dal pagamento della tassa di registro per tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore modesto, indipendentemente dal grado di giudizio e dall ‘ufficio giudiziario adito, sicché la norma qui in esame non può considerarsi… né oggetto di applicazione analogica né soggetta ad interpretazione di genere estensivo ma semplicemente applicata nel suo lineare e chiaro tenore testuale”.
In considerazione dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione con le richiamate sentenze e del parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato con nota n. 322080 del 28 luglio 2014 , in ordine alla condivisibilità delle affermazioni di principio espresse dai giudici di legittimità, si ritiene che il regime esentativo per valore previsto dall’articolo 46 della legge n. 374 del 1991 (per le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00) debba trovare applicazione non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace ma anche agli atti e provvedimenti emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio.
Alla luce di quanto esposto, in adesione all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, devono considerarsi superate le indicazioni di prassi fornite in precedenza, contenute da ultimo nella risoluzione n. 48/E del 2011.
Si invitano, quindi, le strutture territoriali a riesaminare la controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività accertativa dell’Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi a quelli espressi dai giudici di legittimità, ad abbandonare – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Nel chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, occorre prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite.

Disclaimer: Contenuti a scopo informativo e divulgativo che non sostituiscono il parere legale di un avvocato. Per una consulenza legale personalizzata contatta lo studio dell’avv. Gianluca Lanciano: Clicca e compila il form · WhatsApp 340.1462661 · Chiama 340.1462661 · Scrivi info@miolegale.it
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