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Imposta di registro: agevolazioni per la piccola proprietà contadina (Articolo 11 d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228).

Redazionedi Redazione30 Maggio 2011
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1. Premessa
L’articolo 1 della legge 6 agosto 1954, n. 604, che ha trovato applicazione sino al 31 dicembre 2009 , prevedeva misure di carattere fiscale per favorire la formazione e l’arrotondamento della piccola proprietà contadina consistenti in agevolazioni ai fini delle imposte di registro ed ipotecaria sugli atti di acquisto di fondi rustici.
L’articolo 7, comma 1, della predetta legge disciplinava espressamente l’ipotesi della decadenza dalle agevolazioni – con conseguente recupero delle imposte nella misura ordinaria – nel caso in cui l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta avessero alienato volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero avessero cessato dal coltivarlo direttamente, prima del decorso di un determinato intervallo temporale dall’acquisto.
Il predetto intervallo di tempo, originariamente fissato in cinque anni, era stato, in un primo tempo, elevato a dieci anni dall’articolo 28, comma 1, della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successivamente riportato a cinque anni dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, in vigore dal 30 giugno 2001.
Il comma 1 dell’articolo 11 citato ha, infatti, previsto che: “Il periodo di decadenza dei benefici previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice è ridotto da dieci a cinque anni”.
Il successivo comma 5 del medesimo articolo 11 ha previsto l’applicazione del termine di decadenza ridotto “…anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del presente decreto”, cioè gli atti di acquisto posti in essere prima del 30 giugno 1996.
L’applicazione di tale ultima disposizione ha dato luogo a numerose controversie, con particolare riferimento alla situazione di coloro che – avendo acquistato il fondo ante 30 giugno 1996 – lo hanno alienato ante 30 giugno 2001, prima del compimento dei dieci anni previsti dall’articolo 28, comma 1, della legge n. 590 del 1965, ma nel rispetto del termine quinquennale di cui all’articolo 11 del d.lgs. n. 228 del 2001.
Al riguardo, con circolare 26 novembre 2007, n. 63 è stato precisato che il comma 5 dell’articolo 11 in commento va interpretato nel senso che l’attenuazione del vincolo temporale alla alienazione del fondo, da dieci a cinque anni, “si applica anche alle ipotesi in cui l’acquisto sia avvenuto in data anteriore all’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (30 giugno 2001), ma a condizione che il successivo atto di rivendita – dal quale dipende l’eventuale decadenza dall ‘agevolazione – sia stato posto in essere successivamente all ‘entrata in vigore della norma”. In caso contrario, ossia nell’ipotesi di alienazione del fondo prima del
30 giugno 2001, resta comunque applicabile il vincolo decennale.
Ciò in quanto, a parere dell’Amministrazione finanziaria, l’intenzione del legislatore non è stata quella di introdurre una norma che estendesse, con efficacia retroattiva, il beneficio dell’attenuazione del vincolo temporale anche ai casi in cui si era già verificata la decadenza, bensì di introdurre una disposizione transitoria, volta a risolvere le difficoltà applicative derivanti dall’introduzione del nuovo regime.
L’interpretazione dell’Amministrazione ha trovato conferma solo in alcune pronunce della Corte di Cassazione, mentre altra parte della giurisprudenza di legittimità non ha condiviso tale impostazione, determinandosi al riguardo un contrasto interpretativo, che ha trovato soluzione nella recente pronuncia a Sezioni Unite, 28 gennaio 2011, n. 2060.

2. L’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
Con la citata sentenza n. 2060 del 2011, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affrontato la specifica ipotesi di un atto di acquisto e di successiva concessione in affitto di un fondo rustico, posti in essere entrambi prima del 30 giugno 2001.
La Suprema Corte ha precisato, preliminarmente, che l’articolo 11 del d.lgs. n. 228 del 2001, che ha ridotto il termine di decadenza dall’agevolazione da dieci a cinque anni, secondo i principi generali “vale per il futuro e, quindi, trova applicazione, in relazione agli acquisti futuri, successivi al 30 giugno 2001 (data di entrata in vigore del d.lgs. 228/2001) e in relazione a tutti gli atti già stipulati, ma da meno di cinque anni (vale a dire dopo il 30 giugno 1996), per i quali il quinquennio matura sotto la vigenza della nuova legge”.
Per quanto riguarda, invece, l’interpretazione della disposizione transitoria di cui al comma 5 del medesimo articolo 11, concernente il trattamento fiscale da riservare agli atti di acquisto stipulati da più di cinque anni (vale a dire prima del 30 giugno 1996), la Corte di Cassazione ha precisato che detta disposizione “estende l’efficacia retroattiva del termine quinquennale a tutti gli atti posti in essere prima del 30giugno 2001, senza alcuna condizione.”
Nella sentenza in esame, la Suprema Corte ha evidenziato che “Dei due elementi che entrano in gioco nella progressione della fattispecie che qui interessa, acquisto e cessione, il legislatore prende in considerazione soltanto quello dell’acquisto, stabilendo che l’efficacia retroattiva si estende a tutti gli atti stipulati in precedenza [al 30 giugno 2001, n.d.r.] senza alcun limite.”
In altri termini, la Corte di Cassazione ha affermato che il termine di decadenza quinquennale opera retroattivamente in relazione a tutti gli atti posti in essere prima della entrata in vigore della norma (30 giugno 2001).
Ed infatti:
–per gli atti posti in essere da meno di cinque anni (ossia dopo il 30 giugno 1996), il termine di decadenza quinquennale maturava necessariamente dopo l’entrata in vigore della nuova disposizione, che pertanto andava comunque applicata;
–per quelli posti in essere da almeno cinque anni (ossia prima del 30 giugno 1996), il legislatore ha precisato con il comma 5 dell’articolo 11 in commento l’efficacia retroattiva del termine di decadenza quinquennale, senza ulteriori limiti o condizioni.
Tuttavia, ha chiarito la Suprema Corte, che “L’unico limite che si può ricavare dal sistema riguarda non il fatto che nel decennio si sia verificata (rectius; sia stata contestata una causa di decadenza verificatasi nel decennio) una causa di decadenza, ma che sulla base di tale causa sia stato notificato un atto impositivo e che questo non sia stato impugnato, con conseguente definitiva perdita della agevolazione”.

3. Gestione del contenzioso pendente
Preso atto della posizione espressa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, si ritiene non ulteriormente sostenibile la tesi espressa dall’Amministrazione nella citata circolare n. 63 del 2007, laddove si afferma l’applicabilità del vincolo decennale ai fini della decadenza dalle agevolazioni con riferimento alle ipotesi di fondi acquistati prima del 30 giugno 1996 ed alienati prima del 30 giugno 2001.
In sostanza, alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte nella sentenza n. 2060 del 2011, deve affermarsi che:
–la riduzione del vincolo temporale da dieci a cinque anni disposta dall’articolo 11 del d.lgs. n. 228 del 2001, per effetto del comma 5 della medesima norma, ha efficacia retroattiva e trova, pertanto, applicazione anche con riferimento agli atti stipulati prima del 30 giugno 1996, per i quali l’evento che comporta la decadenza dall’agevolazione si sia verificato prima del 30 giugno 2001. Anche in tali casi, quindi, ai fini della decadenza dall’agevolazione occorre fare riferimento al vincolo quinquennale;
–l’efficacia retroattiva della disposizione trova l’unico limite nella eventuale definitività dell’atto impositivo per mancata impugnazione o per intervenuto giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
Si invitano, pertanto, le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e ad abbandonare la pretesa tributaria – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e grado del giudizio – qualora ricorrano le condizioni sopra evidenziate e sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Si ricorda, infine, che nel caso di abbandono della controversia e di richiesta di cessazione della materia del contendere, occorre prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio fornendo al giudice elementi che possano giustificarne la compensazione.

Articolo tratto da: Agenzia delle Entrate

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