Linee guida sulla interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico (mifepristone e prostaglandine)
Il Ministero della Salute, con la Circolare del 12 agosto 2020, ha aggiornato le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”, facendo seguito al parere favorevole espresso dal Consiglio Superiore di Sanità nella seduta straordinaria del 4 agosto 2020.
L’aggiornamento delle linee guida si è reso necessario sia in ragione della raccomandazione formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulla somministrazione di mifepristone e di misoprostolo per le donne fino alla 9° settimana di gravidanza, sia a seguito delle nuove evidenze scientifiche sull’utilizzo di tali farmaci e per il ricorso diffuso, negli altri Paesi europei, al metodo farmacologico di interruzione in regime di day hospital e ambulatoriale.
Secondo le indicazioni del Ministrero della Salute il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico dovrà avvenire nel rispetto delle seguenti linee guida.
Criteri di ammissione della donna all’interruzione farmacologica della gravidanza
I criteri di ammissione della donna al trattamento con metodo farmacologico sono i seguenti:
- Gravidanza in utero con amenorrea entro 49 giorni/datazione ecografica età gestazionale entro 35 giorni;
- Documento/certificato di richiesta IVG;
- Consenso informato, debitamente compilato e sottoscritto;
- Disponibilità al ricovero ordinario fino a completamento della procedura
- Disponibilità ad effettuare il controllo a distanza, entro 14-21 giorni dalla dimissione
Devono quindi essere presi in considerazione
Criteri clinici
a) indicazioni particolari che possono essere rappresentate da:
- Problemi psicologici a sottoporsi ad intervento chirurgico;
- Allergie a farmaci anestetici;
- Difficoltà anatomiche di accesso alla cavità uterina.
b) assenza di controindicazioni, quali ad esempio:
- Sospetto di gravidanza extrauterina o di masse annessiali non precedentemente diagnosticate (fibromi uterini sintomatici);
- IUD in sede;
- Grave anemia;
- Allergia a uno dei farmaci;
- Porfiria ereditaria;
- Coagulopatie o trattamento in corso con anticoagulanti;
- Trattamento in corso con corticosteroidi o insufficienza surrenale;
- Altre malattie sistemiche gravi;
- Allattamento al seno;
- Crisi epilettiche, malattie cardio e cerebrovascolari, disturbi intestinali in atto.
Criteri non clinici
In primo luogo va garantito, in considerazione del fatto che la procedura è in parte autogestita dalla donna stessa, che la donna abbia chiaramente compreso il percorso e la possibilità che vi aderisca compiutamente (ad esempio vanno attentamente valutate per una esclusione: pazienti molto ansiose, con una bassa soglia di tolleranza al dolore, con condizioni socio abitative troppo precarie, con impossibilità di raggiungere tempestivamente il Pronto Soccorso Ostetrico- Ginecologico).
Per le donne straniere si deve accertare l’avvenuta comprensione linguistica della procedura e dei sintomi che la donna stessa deve valutare autonomamente (intensità del dolore, sanguinamento, ecc.);
Per le minorenni l’Interruzione volontaria di gravidanza farmacologica è sconsigliabile, e quindi andrebbero escluse da questa procedura, le minori senza il consenso dei genitori, valutando difficile l’adesione al percorso terapeutico in tale situazione.
Consenso informato della donna
La donna, preliminarmente alla sottoscrizione del consenso informato deve ricevere una informativa scritta nella quale tra gli altri, siano sviluppati i punti che seguono:
- L’accesso alla procedura abortiva farmacologica è subordinato alla firma del consenso informato dal quale emerga la dichiarata disponibilità della donna al ricovero ordinario fino al termine della procedura abortiva e l’assicurazione del ritorno al controllo a distanza.
Nell’informazione utile al consenso deve essere fornita in modo chiaro l’informazione che l’aborto farmacologico potrà essere effettuato solo in ricovero ordinario, nella maggior parte dei casi della durata di tre giorni, fino cioè all’espulsione del materiale abortivo.
È infatti fortemente sconsigliata la dimissione volontaria contro il parere dei medici prima del completamento di tutta la procedura perché in tal caso l’aborto potrebbe avvenire fuori dall’ospedale e comportare rischi anche seri per la salute della donna. - Deve essere data una completa informazione in merito alle possibili metodiche per l’interruzione volontaria di gravidanza: aborto chirurgico/aborto medico o farmacologico, sottolineando il fatto che:
- l’aborto chirurgico (isterosuzione-Karman) - richiede una breve permanenza in ospedale, in genere di 4-8 ore;
- l’aborto medico - vi si può avere accesso solo entro sette settimane di gravidanza, prevede la somministrazione in momenti successivi di due farmaci (mifepristone e un farmaco della famiglia delle prostaglandine) e prevede un ricovero ordinario di circa 3 giorni. Che la sua efficacia è del 93-95% e che quindi, nel 5% circa dei casi è necessario sottoporsi comunque ad un intervento chirurgico di revisione della cavità uterina per completare l’aborto o fermare un’emorragia importante in atto.
- Nella descrizione del metodo farmacologico va specificato che le maggiori complicazioni riguardano il sanguinamento con necessità di emostasi chirurgica, l’anemia con necessità di trasfusione (2:1000 casi), l’infezione (ad esempio: Clostridium Sordelli).
- La donna deve sapere che non è possibile stimare a priori il momento in cui avverranno la morte dell’embrione e la sua successiva espulsione. Dalla letteratura scientifica è noto infatti che, mediamente, il 5% delle donne espelle l’embrione solo dopo il primo farmaco, il 60% entro 4-6 ore dal secondo farmaco, il 20-25% entro 24 ore e il 10% nei giorni successivi;
- La donna deve sapere che quantità e qualità di effetti collaterali (sanguinamento, vomito, nausea, crampi dolorosi addominali, aumento temperatura, mal di testa, diarrea transitoria) sono variabili e non stimabili a priori. Se invece la febbre compare dopo la dimissione dall’ospedale è fondamentale andare subito in Pronto Soccorso Ostetrico- Ginecologico per una visita e un controllo ecografico;
- La donna deve sapere che è necessario restare in ospedale, per un’attenta sorveglianza sanitaria, in modo da ricevere un’assistenza immediata se si verifica un’emorragia importante. Anche nei giorni successivi, dopo la dimissione, si potranno avere perdite di sangue, come un flusso mestruale abbondante, che sono da considerarsi normali e possono durare fino a circa 10 giorni. Se le perdite fossero importanti, cioè se si dovessero cambiare 4 assorbenti esterni maxi o large nel tempo di 2 ore, è fondamentale andare subito in Pronto Soccorso per una visita e un controllo ecografico;
- “I dati relativi all’IVG farmacologica e chirurgica non risultano confrontabili; i dati non sono omogenei e i risultati sono estremamente difformi soprattutto per quanto riguarda efficacia ed eventi avversi; pur tuttavia, emergerebbe un profilo di sicurezza inferiore dell’IVG farmacologica rispetto a quello dell’IVG chirurgica” (parere CSS del 18.3.2010);
- Poiché è sempre facoltà della donna avere un ripensamento e decidere di sospendere il trattamento e proseguire la gravidanza, è necessario fornire informazioni in relazione al momento dell’interruzione del trattamento e quindi degli eventuali rischi presenti in caso di continuazione della gravidanza stessa;
- Le dimissioni avvengono solo dopo verifica ecografica dell’avvenuta espulsione dell’embrione, e solo se tale espulsione è completa;
- è necessario attenersi scrupolosamente alle indicazioni prescritte alla dimissione, anche per ridurre i rischi di infezioni uterine. In caso di marcata astenia, svenimenti, nausea, vomito, diarrea persistente, anche in assenza di febbre è fondamentale recarsi immediatamente in Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico per una visita, un’ecografia e degli esami del sangue;
- è indispensabile sottoporsi alla visita ambulatoriale di controllo entro 14-21 giorni dalla dimissione. Solo dopo tale controllo può infatti considerarsi conclusa la procedura in quanto effettuando un’ecografia si può verificare l’assenza di residui di materiale abortivo ed alla visita escludere eventuali complicanze (se necessario in base ai risultati degli accertamenti sarà effettuata una revisione chirurgica della cavità uterina, in anestesia locale o generale).