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Riforma del lavoro Monti-Fornero.

Redazionedi Redazione9 Aprile 2012
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

1 PREMESSA
La riforma si propone di realizzare un mercato del lavoro dinamico,
flessibile e inclusivo, capace di contribuire alla crescita e alla
creazione di occupazione di qualità, ripristinando al contempo la
coerenza tra flessibilità del lavoro e istituti assicurativi. Gli
interventi prefigurati si propongono di
1. ridistribuire più equamente le tutele dell’impiego, riconducendo
nell’alveo di usi propri i margini di flessibilità progressivamente
introdotti negli ultimi vent’anni e adeguando la disciplina del
licenziamento individuale per alcuni specifici motivi oggettivi alle
esigenze dettate dal mutato contesto di riferimento;
2. rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive a contorno;
3. rendere premiante l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili;
4. contrastare usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti.
Tra le parti esiste una forte e inscindibile connessione sistemica, che
sostiene la necessità della condivisione e dell’approvazione della
riforma nel suo complesso. L’efficacia della loro attuazione richiederà
un impegno per accrescere l’efficacia e l’efficienza di tutte le
strutture oggi preposte, a livello regionale e nazionale, a questi
profili del mercato del lavoro. Questo è l’auspicio che il Governo pone
nel presentare la riforma nell’interesse complessivo del Paese, per il
funzionamento del mercato del lavoro, lo sviluppo e la competitività
delle imprese, la tutela dell’occupazione e dell’occupabilità dei suoi
cittadini. Per monitorare lo stato di attuazione della riforma e per
valutare gli effetti delle sue singole componenti sull’efficienza del
mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini, sulle modalità di
uscita e di entrata, sarà previsto l’immediato avvio di un adeguato
sistema di monitoraggio e valutazione.
Con riguardo al settore del lavoro pubblico, eventuali adeguamenti alle
disposizioni del presente intervento saranno demandati a successive fasi
di confronto.

2 TIPOLOGIE CONTRATTUALI
Una prima area di intervento riguarda gli istituti contrattuali
esistenti. L’azione mira a preservarne gli usi virtuosi e a limitarne
quelli impropri, al solo scopo di abbattere il costo del lavoro
aggirando gli obblighi previsti per i rapporti di lavoro subordinato.
L’impianto generale individua un percorso privilegiato che vede
nell’apprendistato – inteso nelle sue varie formulazioni e platee – il
punto di partenza verso la progressiva instaurazione di rapporti di
lavoro subordinato a tempo indeterminato. Pur mirando a favorire la
costituzione di rapporti di lavoro stabili, la riforma intende
preservare la flessibilità d’uso del lavoro necessaria a fronteggiare in
modo efficiente sia le normali fluttuazioni economiche, sia i processi
di riorganizzazione. A questo fine sono previsti:
-interventi puntuali che limitino l’uso improprio e distorsivo di alcuni istituti contrattuali e,
quindi, la precarietà che ne deriva; -una ridefinizione delle
convenienze economiche relative dei diversi istituti contrattuali che
tenga conto del rispettivo grado di flessibilità e – di conseguenza –
del costo atteso a carico del sistema assicurativo che ne deriva; -una
più equa distribuzione delle tutele, con interventi sulla flessibilità
in uscita rivolti a reprimere pratiche scorrette (ad esempio, le
cosiddette dimissioni “in bianco”), a rafforzare le tutele per
licenziamenti discriminatori, ad adeguare al mutato contesto economico
la disciplina dei licenziamenti individuali, in particolare quelli per
motivi economici;
-una adeguata modulazione del regime transitorio degli istituti.
Di seguito sono illustrate le principali linee di intervento sulla
disciplina delle tipologie contrattuali e sulla regolazione del ricorso
alle forme contrattuali flessibili.

2.1 Contratto a tempo determinato
I rapporti di lavoro regolati da questo istituto presentano una maggiore
propensione, rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato,
all’attivazione di strumenti assicurativi. Coerentemente con questa
caratteristica, si prevede un incremento del relativo costo contributivo
(aliquota 1,4%), destinato al finanziamento dell’ASpI (vedi di
seguito).
Nello spirito della direttiva europea n. 99/70/CE, il contrasto ad
un’eccessiva reiterazione di rapporti a termine tra le stesse parti è
perseguito tramite l’ampliamento dell’intervallo tra un contratto e
l’altro a 60 giorni nel caso di un contratto di durata inferiore a 6
mesi, e a 90 giorni nel caso di un contratto di durata superiore
(attualmente, 10 e 20 giorni).
Nel contempo, tenuto conto delle possibili esigenze organizzative delle
imprese con riguardo al completamento delle attività per le quali il
contratto a termine è stato stipulato, si prevede un prolungamento del
periodo durante il quale il rapporto a termine può proseguire oltre la
scadenza per soddisfare esigenze organizzative, da 20 a 30 giorni per
contratti di durata inferiore ai 6 mesi e da 30 a 50 giorni per quelli
di durata superiore.
Nella logica di contrastare non l’utilizzo del contratto a tempo
determinato in sé, ma l’uso ripetuto e reiterato per assolvere ad
esigenze a cui dovrebbe rispondere il contratto a tempo indeterminato,
viene previsto che il primo contratto a termine – intendendosi per tale
quello stipulato tra un certo lavoratore e una certa impresa per
qualunque tipo di mansione – non debba più essere giustificato
attraverso la specificazione della causale di cui all’art.1 del Dlgs
368/01, fermi restando i limiti di durata massima previsti per
l’istituto. Si stabilisce, inoltre, che ai fini della determinazione del
periodo massimo di 36 mesi (comprensivo di proroghe e rinnovi) previsto
per la stipulazione di contratti a termine con un medesimo dipendente
vengano computati anche eventuali periodi di lavoro somministrato
intercorsi tra il lavoratore e il datore/utilizzatore.
Nel caso in cui il contratto a termine sia dichiarato illegittimo da un
giudice, il regime continuerà ad essere basato sul doppio binario della
“conversione” del predetto contratto e del riconoscimento al lavoratore
di un importo risarcitorio compreso tra 2,5 e 12 mensilità retributive
secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010
(cd. Collegato lavoro), di recente dichiarato legittimo dalla sentenza
n. 303/2011 della Corte costituzionale.
Sono peraltro prefigurati, in merito a tale regime, due tipi di
interventi. Da un lato, per scoraggiare il contenzioso sull’argomento,
si ribadisce che l’indennità di cui sopra, in quanto prevista dalla
legge come “onnicomprensiva”, copre tutte le conseguenze retributive e
contributive derivanti dall’illegittimità del contratto a termine.
Dall’altro lato, si propone di adeguare, tenuto conto dei nuovi termini
previsti per il rinnovo il periodo per l’impugnazione stragiudiziale del
contratto a termine dalla cessazione dello stesso (da 60 a 120 giorni),
fermo restando – allo stato – il termine per l’impugnazione giudiziale
(330).

2.2 Contratto di inserimento
Compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, si razionalizzano –
concentrandole sui lavoratori ultra cinquantenni disoccupati da almeno
12 mesi – le risorse impegnate nelle agevolazioni contributive previste,
allo stato, nell’ambito della forma contrattuale del contratto di
inserimento (che è, come è noto, un contratto a tempo determinato). Tali
agevolazioni consistono nella riduzione del 50% dei contributi
previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di 12 mesi
nel caso di contratto di lavoro a tempo determinato (e ulteriori 6 mesi
nel caso di successiva stabilizzazione, da fruirsi al termine del
periodo di prova ove previsto) e di 18 mesi se il lavoratore è assunto a
tempo indeterminato.


2.3 Apprendistato

Sulla premessa, condivisa da tutte le parti sociali, di individuare
nell’apprendistato, articolato nelle tipologie previste, il canale
privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro, la riforma
rispetta sostanzialmente l’impianto del d.lgs. n. 167/2011, della quale
Regioni e parti sociali dovranno promuovere l’implementazione entro il
termine attualmente fissato del 25 aprile 2012.
Vengono inoltre proposti alcuni interventi volti ad enfatizzare i contenuti formativi dell’istituto:
– introduzione di un meccanismo in base al quale l’assunzione di nuovi
apprendisti è collegata alla percentuale di stabilizzazioni effettuate
nell’ultimo triennio (50%) con l’esclusione dal computo della citata
percentuale dei rapporti cessati durante il periodo di prova, per
dimissioni o per licenziamento per giusta causa;

– innalzamento del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2;
– durata minima di sei mesi del periodo di apprendistato, ferma restando
la possibilità di durate inferiori per attività stagionali e fatte
salve le eccezioni previste nel T.U.;
Si ritiene altresì che anche durante l’eventuale periodo di preavviso al
termine del periodo di formazione continui ad applicarsi la disciplina
dell’apprendistato. Sino a quando non sarà operativo il libretto
formativo la registrazione della formazione è sostituita (come di fatto
già accade, ma con incertezze degli operatori) da apposita dichiarazione
del datore di lavoro. In tal senso potrà essere previsto uno schema, da
definirsi in via amministrativa, per orientare il datore di lavoro.

2.4 Contratto di lavoro a tempo parziale
Al fine di incentivare l’impiego virtuoso dell’istituto, ostacolandone
l’uso come copertura di utilizzi irregolari di lavoratori, si propone di
istituire, nei soli casi di part-time verticale o misto, un obbligo di
comunicazione amministrativa secondo modalità snelle e non onerose (sms,
fax o PEC) e contestuale al già previsto preavviso di 5 giorni da dare
al lavoratore in occasione di variazioni di orario attuate in
applicazione delle clausole elastiche o flessibili.
Si intende inoltre prevedere, in caso di rilevanti motivi personali
precisati dalla legge e in altre eventuali ipotesi previste dalla
contrattazione collettiva, la facoltà del lavoratore di esprimere un
“ripensamento” nel caso di part-time flessibile o elastico.

2.5 Contratto di lavoro intermittente
Al fine di contenere il rischio che lo strumento del contratto di lavoro
intermittente, o “a chiamata”, possa essere utilizzato come copertura
nei riguardi di forme di impiego irregolare del lavoro, si prevede
l’obbligo di effettuare una comunicazione amministrativa preventiva, con
modalità snelle (sms, fax o PEC), in occasione di ogni chiamata del
lavoratore.
Si intende abrogare, per ripristinare la funzione originaria dello
strumento, l’articolo 34, comma 2, del d.lgs. 276/2003, secondo cui “Il
contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con
riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni
di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche
pensionati”.
Si intende abrogare l’articolo 37 del D.Lgs. 276/2003, a norma del quale
“Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine
settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze
natalizie e pasquali l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 36
è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva
chiamata da parte del datore di lavoro. Ulteriori periodi predeterminati
possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o territoriale”.

2.6 Lavoro a progetto
Gli interventi proposti sul regime delle collaborazioni a progetto vanno
nella direzione di una razionalizzazione all’istituto, al fine di
evitarne utilizzi impropri in sostituzione di contratti di lavoro
subordinato.
Tale obiettivo è perseguito prevedendo disincentivi tanto normativi quanto contributivi.
Tra i primi, una definizione più stringente del “progetto”, che non può
consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa
committente; la tendenziale limitazione dell’istituto a mansioni non
meramente esecutive o ripetitive così come eventualmente definite dai
contratti collettivi, al fine di enfatizzarne la componente
professionale; l’introduzione di una presunzione relativa in merito al
carattere subordinato della collaborazione quando l’attività del
collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta, nell’ambito
dell’impresa committente, da lavoratori dipendenti fatte salve le
prestazioni di elevata professionalità; l’eliminazione della facoltà di
introdurre nel contratto clausole individuali che consentono il recesso
del committente, anteriormente alla scadenza del termine e/o al
completamento del progetto (resterebbe ferma la possibilità di recedere
per giusta causa, per incapacità professionale del collaboratore che
renda impossibile l’attuazione del progetto, e per cessazione
dell’attività cui il progetto è inerente); l’abolizione del concetto di
“programma”.
È proposta, infine, una norma interpretativa sul regime sanzionatorio,
che chiarisce, d’accordo con la giurisprudenza di gran lunga prevalente
(ma superando la posizione già assunta dal
Ministero del lavoro con la precedente circolare n. 1/2004), che in caso
di mancanza di un progetto specifico il contratto a progetto si
considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

2.7 Partite IVA
Per razionalizzare il ricorso a collaborazioni professionali con
titolarità di partita IVA, sono proposte norme volte ad evitarne
utilizzi impropri in sostituzione di contratti di lavoro subordinato.
Sono introdotte norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria
(ferma restando, cioè, la possibilità del committente di provare che si
tratti di lavoro genuinamente autonomo), il carattere coordinato e
continuativo (e non autonomo ed occasionale) della collaborazione tutte
le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un
anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi
(anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla medesima attività
imprenditoriale), e comporti la fruizione di una postazione di lavoro
presso la sede istituzionale o le sedi operative del committente. Tali
indici presuntivi possono essere utilizzati disgiuntamente nel corso
delle attività di verifica.
Qualora l’utilizzo della partita IVA venga giudicato improprio, esso
viene considerato una collaborazione coordinata e continuativa (che la
normativa non ammette più in mancanza di un progetto), con la
conseguente applicazione della relativa sanzione di cui all’art.69 comma
1 del Dlgs 276/03.

2.8 Associazione in partecipazione con apporto di lavoro
Si prevede di preservare l’istituto solo in caso di associazioni tra familiari entro il 1° grado o coniugi.

2.9 Lavoro accessorio
Sono previste misure di correzione dell’art. 70 del d.lgs. n. 276/2003,
come modificato dalla legge n. 33/2009 e n. 191/2009, finalizzate a
restringere il campo di operatività dell’istituto e a regolare il regime
orario dei buoni (voucher). Si intende inoltre consentire che i voucher
siano computati ai fini del reddito necessario per il permesso di
soggiorno.

2.10 Tirocini formativi (stage)
Nel rispetto dei profili di competenza regionale, si individuano,
unitamente alle regioni stesse, misure rivolte a delineare un quadro più
razionale ed efficiente dei tirocini formativi e di
orientamento, al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di
occupabilità dei giovani e prevenire gli abusi, nonché l’utilizzo
distorto dell’istituto, in concorrenza con il contratto di
apprendistato. Ciò tramite la previsione di linee guida per la
definizione di standard minimi di uniformità della disciplina sul
territorio nazionale.
Potranno in ogni caso essere previste misure, riconducibili alla
esclusiva competenza dello Stato, volte a disciplinare i periodi di
attività lavorativa che non costituiscono momenti del percorso di
tirocinio formativo, ad evitare un uso strumentale e distorto delle
attività esclusivamente lavorative svolte nel tirocinio.

3 DISCIPLINA SULLA FLESSIBILITÀ IN USCITA E TUTELE DEL LAVORATORE

3.1 Revisione della disciplina in tema di licenziamenti individuali
Un passaggio significativo del disegno di riforma è l’intervento
realizzato sulla disciplina dei licenziamenti individuali, per quanto
concerne, in particolare, il regime sanzionatorio dei licenziamenti
illegittimi, previsto dall’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300,
cd. Statuto dei lavoratori.
Va precisato subito, peraltro, che di tale regime rimane immutato il
campo di applicazione, che comprende, di massima e fatte salve
situazioni particolari come quelle delle organizzazioni cd. di tendenza,
i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, aventi più di 15
dipendenti nell’ambito comunale, o più di 60 nell’ambito nazionale.
Questo comporta che il regime applicabile ai licenziamenti illegittimi
disposti dalle piccole imprese continua ad essere fissato dall’art. 8
della legge 15 luglio 1966, n. 604 (a parte l’ipotesi dei licenziamenti
discriminatori su cui infra). Ciò premesso, il nuovo testo dell’art. 18
prefigura, fondamentalmente, l’articolazione fra tre regimi sanzionatori
del licenziamento individuale illegittimo, a seconda che del
licenziamento venga accertata dal giudice: a) la natura discriminatoria o
il motivo illecito determinante; b) l’inesistenza del giustificato
motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro
(licenziamenti cd. soggettivi o disciplinari); c) l’inesistenza del
giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro
(licenziamenti cd. oggettivi o economici).
Poiché la motivazione attribuita al licenziamento dal datore di lavoro
diviene, nel nuovo contesto normativo, molto importante, è prevista una
correzione della regola attualmente posta dall’art. 2 della legge 15
luglio 1966, n. 604, nel senso di rendere obbligatoria l’indicazione,
nella lettera di licenziamento, dei motivi del medesimo.
a) Per i licenziamenti discriminatori, le conseguenze rimangono
quelle del testo attuale dell’art. 18: condanna del datore di lavoro,
imprenditore o non imprenditore, qualunque sia il numero dei dipendenti
occupati dal predetto, a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e
a risarcire al medesimo i danni retributivi patiti (con un minimo di 5
mensilità di retribuzione), nonché a versare i contributi previdenziali e
assistenziali in misura piena. Inoltre, il dipendente mantiene la
facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della
reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di
retribuzione, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di
lavoro.
Il medesimo regime si applica per i licenziamenti disposti nel periodo
di maternità, in concomitanza del matrimonio, nonché disposti per motivo
illecito ai sensi dell’art. 1345 del codice civile. La tutela nei
confronti del licenziamento discriminatorio rimane, pertanto, piena ed
assoluta, comportando esso la lesione di beni fondamentali del
lavoratore, di rilievo costituzionale.
b) Per i licenziamenti soggettivi o disciplinari, il regime sanzionatorio prevede un’articolazione interna.
Nell’ipotesi in cui accerta la non giustificazione del licenziamento per
l’inesistenza del fatto contestato al lavoratore ovvero la
riconducibilità dello stesso alle condotte punibili con una sanzione
minore alla luce delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e
di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili
(situazioni che denotano un uso particolarmente arbitrario del potere di
licenziamento), il giudice annulla il licenziamento e condanna il
datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente e al risarcimento
dei danni retributivi patiti, dedotto quanto percepito o percepibile dal
lavoratore, entro un massimo di 12 mensilità di retribuzione. V’è
altresì condanna al pagamento dei contributi previdenziali e
assistenziali, dedotto quanto coperto da altre posizioni contributive
eventualmente accese nel frattempo. In questa ipotesi, il lavoratore
mantiene, infine, la facoltà di scegliere, in luogo della
reintegrazione, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità. Il regime
di cui sopra (reintegrazione) si applica anche ai licenziamenti
intimati, prima della scadenza del periodo cd. di comporto, a causa
della malattia nella quale versa il lavoratore, ed a quelli motivati
dall’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ma trovati illegittimi
dal giudice. Nelle altre ipotesi di accertata illegittimità del
licenziamento soggettivo o disciplinare, non v’è condanna alla
reintegrazione bensì al pagamento di un’indennità risarcitoria che può
essere modulata dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione,
tenuto conto di vari parametri. Il regime da ultimo descritto (indennità
risarcitoria) vale anche per le ipotesi di licenziamento viziato nella
forma o sotto il profilo della procedura disciplinare. Tuttavia, in
questi casi, se l’accertamento del giudice si limita alla rilevazione
del vizio di forma o di procedura, esso comporta l’attribuzione al
dipendente di un’indennità compresa fra 7 e 14 mensilità di
retribuzione; ciò a meno che il giudice accerti che vi è anche un
difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le
tutele di cui sopra.
c) Per i licenziamenti oggettivi o economici, ove accerti l’inesistenza
del giustificato motivo oggettivo addotto, il giudice dichiara risolto
il rapporto di lavoro disponendo il pagamento, in favore del lavoratore,
di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, che può essere modulata
dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione, tenuto conto di vari
criteri.
Al fine di evitare la possibilità di ricorrere strumentalmente a
licenziamenti oggettivi o economici che dissimulino altre motivazioni,
di natura discriminatoria o disciplinare, è fatta salva la facoltà del
lavoratore di provare che il licenziamento è stato determinato da
ragioni discriminatorie o disciplinari, nei quali casi il giudice
applica la relativa tutela.
Per questo tipo di licenziamenti è previsto, altresì, l’esperimento
preventivo di una rapida procedura di conciliazione innanzi alle
Direzioni territoriali del lavoro, non appesantita da particolari
formalità, nell’ambito della quale il lavoratore potrà essere assistito
anche da rappresentanti sindacali, e potrà essere favorita la
conciliazione tra le parti.
Deve essere infatti rilevato, in generale, che la predeterminazione dei
possibili importi del risarcimento che può essere preteso del lavoratore
licenziato illegittimamente è rivolta a rendere tale risarcimento
indipendente dalla durata del processo, e ad incoraggiare la definizione
consensuale delle liti, con un benefico effetto di riduzione del
contenzioso (a prescindere dalle misure processuali illustrate infra, §
3.2).
Il regime di cui sopra deve essere coordinato, altresì, con quello dei
licenziamenti collettivi, nei limiti in cui per essi vale l’art. 18, con
l’applicazione, per i vizi di tali licenziamenti, del regime
sanzionatorio previsto per i licenziamenti economici.
3.2 Rito processuale veloce per le controversie in tema di licenziamento
Al fine di consentire la riduzione dei tempi del processo per quanto
concerne le controversie giudiziali in tema di licenziamento, si
propone, attraverso l’azione di concertazione istituzionale con il
Ministero della Giustizia, l’introduzione di un rito speciale
specificamente dedicato a tali controversie.
Nel quadro di tale rito, una volta dettati i termini della fase
introduttiva, è rimessa al giudice la scansione dei tempi del
procedimento, nel rispetto del principio del contraddittorio e della
parità delle armi nel processo.
Si tratta di un rito con caratteristiche di celerità e snellezza, ma
che, in ossequio alla specificità del processo del lavoro, rivolto
tradizionalmente all’accertamento della verità materiale, prevede
un’istruzione vera e propria, sia pure con l’eliminazione delle
formalità non essenziali all’instaurazione di un pieno contraddittorio.

4 AMMORTIZZATORI SOCIALI
Gli interventi previsti mirano a ripristinare la coerenza tra
flessibilità e coperture assicurative, ad ampliare e rendere più eque le
tutele fornite dal sistema, a limitare le numerose distorsioni e spazi
per usi impropri insiti in alcuni degli strumenti attualmente esistenti.
A questo scopo si riordinano e migliorano le tutele in caso di perdita
involontaria della propria occupazione; si estendono le tutele in
costanza di rapporto di lavoro ai settori oggi non coperti dalla Cassa
integrazione e straordinaria; si prevedono strumenti che agevolino la
gestione delle crisi aziendali per i lavoratori vicini al pensionamento.
La proposta di riforma si articola su tre pilastri:
– Assicurazione sociale per l’Impiego (ASpI), a carattere universale
– Tutele in costanza di rapporto di lavoro (Cigo, Cigs, fondi di solidarietà)
– Strumenti di gestione degli esuberi strutturali
Un sistema siffatto è ritenuto essenziale per garantire una copertura
adeguata dal rischio di disoccupazione (totale o parziale), eliminando
pertanto la necessità di intervenire con provvedimenti ad hoc,
caratterizzati da ampia discrezionalità (deroghe).

4.1 Assicurazione sociale per l’impiego (ASPI) – Situazione a regime
La riforma si caratterizza, a regime, rispetto all’attuale sistema di
assicurazione contro la disoccupazione involontaria, per un incremento
dell’ambito soggettivo di copertura. Dal punto di vista degli importi e
delle durate vi è una convergenza rispetto agli attuali trattamenti di
disoccupazione ordinaria e di mobilità.
La nuova Assicurazione sociale per l’impiego è destinata a sostituire i seguenti istituti oggi vigenti:
– indennità di mobilità;
-indennità di disoccupazione non agricola ordinaria;
-indennità di disoccupazione con requisiti ridotti;
-indennità di disoccupazione speciale edile (nelle tre diverse varianti)

4.1.1 Ambito
L’ambito di applicazione viene esteso – tra i lavoratori dipendenti –
agli apprendisti e agli artisti, oggi esclusi dall’applicazione di ogni
strumento di sostegno del reddito.
Restano coperti dalla nuova assicurazione tutti i lavoratori dipendenti
del settore privato ed i lavoratori delle Amministrazioni pubbliche
(art. 1, comma 2, D.Lgs. 165/2011) con contratto di lavoro dipendente
non a tempo indeterminato (es. tempo determinato, contratti di
formazione e lavoro, etc.).
Con riferimento ai collaboratori coordinati e continuativi, pur esclusi
dall’ambito di applicazione dell’ASpI, si rafforzerà e porterà a regime
il meccanismo una tantum oggi previsto.

4.1.2 Requisiti
Requisiti di accesso analoghi a quelli che oggi consentono l’accesso
all’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria: 2 anni di
anzianità assicurativa ed almeno 52 settimane nell’ultimo biennio.

4.1.3Durata massima
-12 mesi per i lavoratori con meno di 55 anni di età
-18 mesi per i lavoratori con almeno 55 anni di età (nel limite delle settimane di lavoro nel biennio di riferimento)

4.1.4 Importo
– eliminazione del massimale basso (931,28); resta il massimale alto
(1.119,32, rivalutati annualmente sulla base dell’indice dei prezzi FOI)
– percentuale di commisurazione a scaglioni:
o75% fino alla retribuzione di 1.150 euro (rivalutati annualmente sulla base dell’indice dei prezzi FOI);
o25% per la parte di retribuzione superiore a 1.150 € e fino al massimale;
– Abbattimento del 15% dell’indennità dopo i primi 6 mesi e di un ulteriore 15% dopo altri 6 mesi
– retribuzione di riferimento legata all’intero periodo biennale di contribuzione
La nuova ASpI concede trattamenti iniziali pressoché analoghi
all’indennità di mobilità per le retribuzioni fino a 1.200 euro mensili
(comprensivi dei ratei di mensilità aggiuntive), e decisamente più
elevati per quelle superiori a tale livello. In confronto con
l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria è sempre più
favorevole, fatta eccezione per le retribuzioni comprese tra 2.050 e
2.200 € mensili.

4.1.5 Nuova occupazione
Si prevede che i periodi di lavoro inferiori a 6 mesi sospendano il
trattamento, con ripresa alla fine del periodo di lavoro (ai fini
dell’applicazione del decalage). I periodi di lavoro superiori a 6 mesi
fanno ripartire il trattamento (in presenza dei requisiti contributivi).

4.2 Assicurazione sociale per l’Impiego – trattamenti brevi (Mini-ASpI)
Viene del tutto modificato l’impianto dell’attuale indennità di
disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e
permanenza dello stato di disoccupazione. L’indennità viene pagata nel
momento dell’occorrenza del periodo di disoccupazione e non l’anno
successivo. Il requisito di accesso è la presenza di almeno 13 settimane
di contribuzione negli ultimi 12 mesi (mobili).
L’indennità verrà calcolata in maniera analoga a quella prevista per l’ASpI.
La durata massima è posta pari alla metà delle settimane di
contribuzione negli ultimi 12 mesi detratti i periodi di indennità
eventualmente fruiti nel periodo. Sarà tuttavia prevista la sospensione
dell’erogazione del beneficio per periodi di lavoro inferiori a 5
giorni.

4.3 Contribuzione
La contribuzione sarà ovviamente estesa a tutti i lavoratori che
rientrino nell’ambito di applicazione della nuova indennità, nella
seguente misura:
– Aliquota pari a 1,31% per i lavoratori a tempo indeterminato (sarà
mantenuta l’attuale aliquota di copertura dell’assicurazione contro la
disoccupazione involontaria)
– Aliquota aggiuntiva del 1,4% per i lavoratori non a tempo
indeterminato L’aliquota aggiuntiva non si applicherà ai lavoratori
assunti in sostituzione di altri lavoratori. Saranno inoltre esclusi
dall’applicazione della contribuzione addizionale i lavoratori
stagionali di cui al D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive
modifiche e integrazioni, valutando, eventualmente, anche quanto sinora
previsto dai contratti e accordi collettivi.
L’aliquota aggiuntiva non si applicherà inoltre agli apprendisti (in quanto contratti di lavoro a tempo indeterminato).
Con riferimento ai lavoratori in somministrazione a tempo determinato
l’aliquota aggiuntiva dell’1,4% sarà compensata da una riduzione di pari
importo dell’aliquota di cui all’articolo 12, comma 1, del D.Lgs.
276/2003.
In caso di trasformazione del contratto in contratto a tempo
indeterminato si avrà una restituzione pari all’aliquota aggiuntiva
versata, con un massimo di 6 mensilità; la restituzione avviene al
superamento del periodo di prova, ove previsto.
Sarà inoltre previsto un contributo di licenziamento da versare all’Inps
all’atto del licenziamento (solo per rapporti a tempo indeterminato),
pari a 0,5 mensilità di indennità per ogni 12 mensilità di anzianità
aziendale negli ultimi 3 anni (compresi i periodi di lavoro a termine);
si applica anche agli apprendisti nei casi diversi da dimissioni (si
applica anche nel caso di recesso alla fine del periodo di
apprendistato).
La contribuzione sopra descritta sostituirà le seguenti aliquote oggi a
carico dei datori di lavoro:Disoccupazione involontaria 1,31; Aliquota
aggiuntiva per disoccupazione nel settore edile 0,80; Mobilità 0,30.

4.4 Abrogazioni
La riforma comporterà l’abrogazione delle seguenti norme:
– Indennità di mobilità (L. 223/1991, artt. da 4 a 7; l’articolo 4,
commi da 2 a 12 e 15-bis e l’art. 5, commi da 1 a 5, vanno ripresi e
inseriti nell’articolo 24);
– Incentivi per iscritti nelle liste di mobilità (art. 8 e art. 25, comma 9);
– Disoccupazione nei casi di sospensione (D.L. 185/2008, art. 19, comma 1, lett. a) e b));
– Disoccupazione per apprendisti (D.L. 185/2008, art. 19, comma 1, lett. c);
– Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato (art. 13 D.Lgs. 276/2003)


4.5 Cassa Integrazione Straordinaria

La necessità di eliminare, a decorrere dal 2014, i casi in cui la CIGS
copre esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro
induce a ritenere necessaria l’eliminazione della causale per procedura
concorsuale con cessazione di attività (art. 3, L. 223/1991).

4.6 Addizionale comunale sui diritti di imbarco
A decorrere dal 1° gennaio 2016 le maggiori somme di cui all’articolo
6-quater, comma 3, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 sono riversate alla
gestione degli interventi assistenziali e di sostegno dell’Inps, a
parziale ristoro degli incrementi di spesa derivanti dalla riforma degli
ammortizzatori sociali.
(omissis)

5 ESTENSIONE DELLE TUTELE IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO

5.1 Previsione di fondi di solidarietà bilaterali per la tutela in
costanza di rapporto di lavoro per i settori non coperti dagli
interventi di integrazione salariale

Allo scopo di estendere le tutele in costanza di rapporto di lavoro
anche ai settori oggi non coperti dalla normativa in materia di
integrazione salariale straordinaria, rispettando al contempo le
specificità settoriali, si propone l’introduzione di una cornice
giuridica per l’istituzione, presso l’Inps, di fondi di solidarietà. I
fondi saranno volti a finanziare la prestazione di trattamenti di
integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione
dell’attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa in
materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Una
particolare modalità di assicurare la suddetta tutela è derivabile dai
contratti di solidarietà, difensivi ed espansivi.
Resta impregiudicata l’attuale normativa in materia di cassa
integrazione ordinaria e straordinaria (salvo quanto previsto al punto
4.5.) e quella relativa ai contratti di solidarietà ex L. 863/1984.

5.1.1 Procedura di istituzione dei fondi
I fondi di solidarietà saranno istituiti con decreto del Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro
dell’Economia e delle Finanze, sulla base di accordi collettivi e
contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati dalle
organizzazioni comparativamente rappresentative a livello nazionale ed
avranno validità erga omnes.

L’accordo determinerà l’ambito di applicazione del fondo con riferimento
al settore ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro. Il
superamento dell’eventuale soglia dimensionale fissata per la
partecipazione al fondo si verificherà mensilmente con riferimento alla
media del semestre precedente.

5.1.2 Funzionamento fondi
– Obbligo di bilancio in pareggio (compresi i costi di amministrazione),
– Impossibilità di erogare prestazioni in carenza di risorse
– Modifiche al regolamento in relazione all’importo delle prestazioni o
alla misura dell’aliquota sono adottate, anche in corso d’anno, con
decreto direttoriale dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e
dell’Economia e delle Finanze sulla base di una proposta del comitato
amministratore
– Determinazione (o modifica) dell’aliquota di contribuzione in maniera
da assicurare il pareggio sulla base di bilanci di previsione a 8 anni
basati sullo scenario macroeconomico del MEF
– In caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di
far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare, i Ministeri
vigilanti possono adeguare l’aliquota contributiva anche in mancanza di
proposta del comitato amministratore
– Contribuzione a carico del datore di lavoro e dei lavoratori (2/3 e 1/3)

5.1.3 Obblighi
L’istituzione dei fondi deve essere obbligatoria per tutti i settori,
anche attraverso formule intersettoriali, in relazione alle imprese
sopra i 15 dipendenti. Ove già esistenti, verrà stabilito un termine per
il loro eventuale adeguamento ai criteri stabiliti con decreto. Per le
imprese sotto i 15 dipendenti, saranno stabiliti, sentite le Parti
Sociali, criteri di estensione dell’istituto in parola e modalità di
promozione, anche in considerazione delle esperienze ad oggi
osservabili. Per i settori per i quali non siano stipulati accordi
collettivi volti all’attivazione del fondo di solidarietà viene
istituito, con decreto interministeriale, un fondo di solidarietà
residuale, con le seguenti regole:
– prestazione di importo pari all’integrazione salariale
– contribuzione a carico del datore di lavoro e dei lavoratori (2/3 e 1/3)
– durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile
– causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e straordinaria

5.2 Fondi interprofessionali per la formazione continua
Gli accordi possono prevedere la riconversione dei fondi interprofessionali per la formazione continua.
In tal caso il gettito dello 0,30% viene devoluto al fondo di
solidarietà, con obbligo di vincolarne una quota parte al finanziamento
di formazione continua durante i periodi di sospensione o riduzione
dell’attività lavorativa.

5.3 Messa a regime della Cassa Integrazione Straordinaria per alcuni settori
Vengono portate a regime le estensioni dell’ambito della Cassa Integrazione Straordinaria rinnovate annualmente:

– imprese del commercio tra 50 e 200 dipendenti
– agenzie di viaggio sopra i 50
– imprese di vigilanza sopra i 15
Si estende a tali settori la contribuzione dello 0,9%.
Viene inoltre confermata a regime l’applicazione della normativa CIGS ai settori del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.

5.4 Indennità per le giornate di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori
delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali. Messa a regime
– Messa a regime dell’indennità per le giornate di mancato avviamento al
lavoro per i lavoratori delle società derivate dalla trasformazione
delle compagnie portuali (da ultimo contenuta nell’art. 19, comma 12,
D.L. 185/2008).
– Obbligo, per le società derivate dalla trasformazione delle compagnie
portuali, di versare una contribuzione in misura pari a quella prevista
per la CIGS (0,9% di cui 0,3% a carico dei lavoratori).

6 PROTEZIONE DEI LAVORATORI ANZIANI
6.1 Tutela addizionale in caso di perdita del posto di lavoro. Cornice giuridica
Creazione di una cornice giuridica per gli esodi con costi a carico dei
datori di lavoro, sulla falsa riga di quanto previsto dai fondi di
solidarietà ex L. 662/1996.
Facoltà delle aziende di stipulare accordi con i sindacati maggiormente
rappresentativi, finalizzati ad incentivare l’esodo dei lavoratori
anziani.
6.1.1 Requisiti dei lavoratori
Lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento nei successivi 4 anni, sulla base della normativa vigente.
6.1.2 Requisiti aziendali
Presentazione di idonee garanzie da parte dell’azienda (es. fidejussione bancaria)
6.1.3 Procedura
Domanda da presentare all’Inps, che effettua l’istruttoria in ordine
alla presenza dei requisiti in capo al lavoratore ed al datore di
lavoro;
6.1.4 Contribuzione
Obbligo dell’azienda a versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa.
6.1.5 Prestazione
Prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti.
6.1.6 Contribuzione
Contribuzione IVS parametrata sulla retribuzione media degli ultimi 5 anni.
6.1.7 Transizione
Per gli esodi fino al 2016 il primo periodo può essere coperto (per i
lavoratori licenziati con procedura di mobilità) dall’indennità di
mobilità, fermo restando il requisito di 4 anni dal momento dell’esodo a
quello del pensionamento.
6.1.8 Istituzione di fondi per interventi complementari
Contestualmente alla progressiva riduzione dell’indennità di mobilità e
della corrispondente aliquota, sarà previsto che la parte di tale
aliquota via via liberata possa essere destinato, previo accordo tra le
parti, ad un fondo di solidarietà per il finanziamento parziale di
prestazioni complementari all’ASpI. Resta ferma la condizionalità della
fruizione dell’ASpI e delle altre prestazioni di sostegno al reddito.
Analogamente potrà essere disporsi in relazione all’indennità di
disoccupazione speciale in edilizia

7 INTERVENTI PER UNA MAGGIORE INCLUSIONE DELLE DONNE NELLA VITA ECONOMICA

Si prevedono interventi che favoriscono la maggiore inclusione delle
donne in contesti caratterizzati da una limitata partecipazione delle
stesse rispetto agli uomini e donne, con l’obiettivo di diminuire il
divario particolarmente ampio nel Mezzogiorno e tra le fasce meno
qualificate, ma che risulta presente anche tra le fasce qualificate e
nelle posizioni di vertice.
Nella convinzione che la mancanza e il costo elevato dei servizi di
supporto nelle attività di cura rappresentano un ostacolo per il lavoro a
tempo pieno e per l’ingresso nel mercato del lavoro per migliaia di
donne, si introducono misure atte a garantire maggiori servizi e una
organizzazione del lavoro tali da consentire ai genitori una migliore
assistenza dei propri figli, rafforzando contestualmente la tutela della
genitorialità.

7.1 Tutela della maternità e paternità e contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco
Si introduce, a favore di tutti i lavoratori, per quanto il fenomeno
riguardi prevalentemente le lavoratrici, la disposizione volta a
contrastare la pratica delle cosiddette “dimissioni in bianco”, con
modalità semplificate rispetto a quelle previste dalla abrogata L.
188/2007, e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore.
Inoltre, viene rafforzato il regime della convalida delle dimissioni
rese dalle lavoratrici madri.
In particolare, la prima sezione della norma estende la convalida anche
all’ipotesi della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, che
precedentemente veniva utilizzata per aggirare la disciplina delle
dimissioni.
Si estende da uno a tre anni di vita del bambino (con corrispondenti
adeguamenti per l’ipotesi di adozione o affidamento, anche
internazionale) il periodo entro il quale le dimissioni della
lavoratrice o del lavoratore devono essere convalidate dal servizio
ispettivo del Ministero del lavoro per poter acquisire efficacia.
Rimane inalterato, invece, il periodo coperto dal divieto di
licenziamento, nonché il periodo, che è sempre di un anno dalla nascita
del bambino, previsto dall’art. 55 comma 1 del d.lgs. 26 marzo 2001, n.
151, entro il quale le dimissioni, se rese dalla lavoratrice o dal
lavoratore che fruisca del congedo di paternità, danno luogo alla
spettanza delle indennità previste per il caso di licenziamento, cioè in
pratica all’indennità sostitutiva del preavviso, come se si tratti di
dimissioni rese per giusta causa.
La seconda parte della disposizione comporta, ai fini dell’efficacia
delle dimissioni e della risoluzione consensuale, che la volontà
risolutoria venga espressa attraverso modalità comunque volte ad
accertare l’autentica genuinità e contestualità della manifestazione di
volontà del lavoratore di risolvere il rapporto di lavoro. Ciò avverrà
tramite modalità alternative tra loro. Una prima modalità contempla che
le parti possano rivolgersi al servizio ispettivo del Ministero del
Lavoro per la convalida. Una seconda modalità è la sottoscrizione di
un’apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della
comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro che il datore è già
tenuto ad inviare al Centro per l’impiego ai sensi dell’art. 21 della
legge n. 264/1949; con la precisazione che, effettuandosi tale
comunicazione in forma telematica, lo scarico della ricevuta di
trasmissione non comporta tempi di ulteriore attesa. La nuova procedura,
che si estrinseca in fasi ben determinate, tutela sia la posizione del
lavoratore sia quella del datore di lavoro. Infatti, la norma, nel dare
contezza degli effetti derivanti da ciascun comportamento che il
prestatore di lavoro pone in essere, da un lato tutela la libertà della
lavoratrice/lavoratore, in quanto prova l’autentica volontà degli stessi
di dimettersi o di risolvere consensualmente il rapporto di lavoro,
dall’altro, tutela l’affidamento del datore di lavoro conseguente ai
comportamenti del lavoratore. Altre modalità, sempre funzionali alla
semplificazione, potranno essere individuate con decreto ministeriale
anche in funzione dell’evoluzione dei mezzi tecnologici e informatici.
In ogni caso è prevista una sanzione amministrativa qualora risulti
l’abuso del foglio firmato in bianco, fermo restando l’eventuale
applicazione della sanzione penale, ove possano riscontrare gli estremi
di reato.
Qualora emerga evidenza di dimissioni in bianco, le dimissioni sono da
considerarsi licenziamento discriminatorio con tutte le conseguenze che
questo comporta.

7.2 Conciliazione e disciplina del congedo di paternità obbligatorio
Per favorire una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura
dei figli all’intero della coppia, si sono previste alcune modifiche al
T.U. sulla maternità e l’introduzione del congedo di paternità
obbligatorio, in linea con quanto previsto in altri paesi e con la
Direttiva 2010/18/EU. In particolare, il congedo di paternità
obbligatorio è riconosciuto al padre lavoratore entro 5 mesi dalla
nascita del figlio e per un periodo pari a tre giorni continuativi.
Agli oneri derivanti da tali interventi, si provvederà con l’utilizzo
parziale delle risorse di cui fondo per il finanziamento di interventi a
favore dell’incremento dell’occupazione giovanile e delle donne (comma
27, art. 24, L. 214/11).

7.3 Misure volte a favorire la conciliazione vita – lavoro
Al fine di promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro,
si intende disporre l’introduzione di voucher per la prestazione di
servizi di baby-sitting. Le neo mamme avranno diritto di chiedere la
corresponsione di detti voucher dalla fine della maternità obbligatoria
per gli 11 mesi successivi in alternativa all’utilizzo del periodo di
congedo facoltativo per maternità. Il voucher è erogato dall’INPS. Tale
cifra sarà modulata in base ai parametri ISEE della famiglia. Le risorse
a sostegno di questo intervento saranno reperite nell’ambito del già
citato fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento
dell’occupazione giovanile e delle donne.

8 EFFICACE ATTUAZIONE DEL DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI
Al fine di favorire maggiormente l’inserimento e l’integrazione nel
mondo del lavoro di categorie svantaggiate quali i disabili, sono
previsti interventi che incidono sulla vigente normativa (L. 68/99),
estendendone il campo di applicazione.
In particolare, si intende includere nel numero di lavoratori utilizzato
quale base per il calcolo della quota di riserva per l’assunzione dei
disabili tutti i lavoratori assunti con vincolo di subordinazione, con
l’esclusione di alcune tipologie (i disabili già in forza, i dirigenti, i
soci delle cooperative, i contratti di reinserimento, i lavoratori
assunti per attività da svolgersi all’estero, i lavoratori interinali
occupati presso l’impresa utilizzatrice, i lavoratori socialmente utili
assunti, i lavoratori a domicilio, lavoratori che aderiscono al
programma di emersione)
È inoltre necessario contrastare l’abuso dell’istituto degli esoneri,
totale o parziale, che nella normativa vigente permette ad alcuni datori
di lavoro che operano in particolari settori, per le speciali
condizioni della loro attività e per determinate mansioni, l’esclusione
dall’obbligo di assunzione di persone con disabilità.
Conseguentemente, il rispetto della previsione di un numero garantito di
posti di lavoro per disabili, di cui all’art.3 della legge 68/99,
richiede maggiori e più incisivi controlli da parte dell’Ispettorato del
ministero del lavoro, finalizzati a verificare la correttezza dei
prospetti informativi delle quote di riserva cui sono tenute le aziende
pubbliche e private.

9 INTERVENTI VOLTI AL CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE DEGLI IMMIGRATI

Per evitare che la crisi economica determini l’irregolarità dei
lavoratori stranieri che abbiano perso il posto di lavoro, occorre
adottare misure che ne facilitino il reinserimento nel mercato,
favorendo l’offerta che provenga dal bacino di immigrati già all’interno
del paese piuttosto che ricorrendo a nuovi flussi dall’estero.
Pertanto, la perdita del posto di lavoro non può comportare la revoca
del permesso di soggiorno del lavoratore extracomunitario e dei suoi
familiare, ma occorre prolungare il periodo in cui lavoratore può essere
iscritto nelle liste di collocamento, estendendolo anche a tutto il
periodo in cui sia ammesso a una prestazione per disoccupazione. In tal
senso, si intende intervenire nel concerto con il Ministero
dell’Interno.

10 POLITICHE ATTIVE E SERVIZI PER L’IMPIEGO

10.1 Obiettivi
Una ulteriore area di intervento riguarda le politiche attive e i
servizi per l’impiego. In questa area, che prevede un forte concerto tra
Stato e Regioni, ci si propone di rinnovare le politiche attive,
adattandole alle mutate condizioni del contesto economico e assegnando
loro il ruolo effettivo di accrescimento dell’occupabilità dei soggetti e
del tasso di occupazione del sistema mediante:
– attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato,
espulso o soprattutto beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di
incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione
– qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro
– formazione nel continuo dei lavoratori
– riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento
– collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità.
Occorre altresì creare, attraverso le politiche attive, canali di
convergenza tra l’offerta di lavoro (nuova o connessa a perdita del
posto di lavoro) e la domanda (valutazione dei fabbisogni delle imprese e
coerenza dei percorsi formativi dei lavoratori e delle professionalità
disponibili), in un’ottica di facilitazione del punto di incontro tra
chi offre lavoro e chi lo domanda. Gli interventi di attivazione devono
sottendere un patto di mutua responsabilità/obbligazione tra enti che
offrono servizi per il lavoro, lavoratori, datori di lavoro.
La presenza d’un regime di sussidi di disoccupazione rafforza la
necessità di tener conto d’una finalità particolare dell’intervento
pubblico: al generico “aiuto” ai soggetti deboli ed a rischio di
emarginazione si aggiunge infatti l’esigenza di contrastare abusi e
disincentivi connessi con l’operare dei sussidi. Questa esigenza implica
che in molti casi non ci si limiterà a “mettere a disposizione” servizi
(che altrimenti la logica di mercato potrebbe non fornire o non fornire
a tutti a condizioni adeguate), ma si arriverà a voler “imporre”
determinati interventi concreti, in una logica tutoria e di prevenzione,
rispetto a possibili abusi e derive di emarginazione.
10.2 Principi generali
Ferme restando le competenze concorrenti, occorre concretizzare un
accordo puntuale, per target, finalità e tempi e nel rispetto dei ruoli
tra Stato, Regioni, Parti Sociali in ordine a meccanismi, anche di
riforma istituzionale, che permettano una gestione sinergica delle
politiche di attivazione, formazione e di sostegno del reddito, sulla
base di una comune identificazione delle platee di beneficiari. I punti
essenziali di questo accordo sono inseriti nel testo di riforma,
suggellati da una loro condivisione da parte del Governo e delle
Regioni, e rinvieranno alle sedi istruite dalla conferenza
Stato-Regioni.

10.3 Il ruolo dei servizi per l’impiego e delle strutture che li offrono
Un intervento fondamentale in questo quadro riguarda il rinnovamento del
ruolo dei servizi per l’impiego e la riorganizzazione delle strutture
che li offrono. Occorre definire una governance del sistema, attraverso,
in primis, standard nazionali di riferimento.
Per i centri per l’impiego, è necessario individuare Livelli Essenziali
di Servizio omogenei. I centri possono erogare direttamente o
esternalizzare ad agenzie private i servizi in parola. Vanno definite
premialità e sanzioni per incentivare l’efficienza dei servizi per il
lavoro e per spingere a comportamenti virtuosi sia i soggetti che
erogano i servizi, sia le persone/lavoratori che beneficiano dei servizi
e dei sussidi.
Occorre prevedere un accordo fra Stato e Regioni (con la condivisione
delle Parti Sociali) per la piena realizzazione di una dorsale
informativa unica e l’utilizzo dei flussi congiunti, per testa,
provenienti non solo dalla banca dati percettori, ma soprattutto dai
sistemi informativi lavoro delle Regioni. Il sistema informativo unico,
caratterizzato da codifiche uniformi e da standard statistici condivisi,
è condizione essenziale per il corretto ed efficace utilizzo dei flussi
e, di conseguenza, per realizzare la convergenza tra politiche passive e
attive.
Un primo passo deve consistere nell’accelerazione del processo di
informatizzazione dei servizi per il lavoro (rilascio delle
certificazioni, istituzione del fascicolo personale web).
Per rafforzare la governance del sistema e garantirne la effettività ed
efficacia dei servizi, si intendono approfondire alcune ipotesi di
intervento emerse in sede di confronto con le Regioni. In particolare,
si tratterà di valutare la creazione di una sede unica, localmente
insediata, per accedere a politiche passive e attive (accordo Inps e
enti coinvolti nella gestione dei servizi per l’impiego. Da questo punto
di vista, l’attuale quadro istituzionale prevede che le politiche
attive siano assegnate alla competenza legislativa concorrente di Stato e
Regioni (rientrano nella nozione di “tutela e sicurezza del lavoro”),
mentre quelle passive (rientrando nella nozione di “previdenza
sociale”), sono di competenza esclusiva dello Stato.
Lo Stato e le Regioni concordano sulla opportunità di attivare un
percorso che, sulla base degli obiettivi e dei principi generali
enunciati, consenta di pervenire alla stipula di un accordo in sede di
Conferenza Stato-Regioni entro il 30 giugno 2012, che identifichi le
linee di indirizzo della riforma e gli eventuali riassetti di enti ed
organismi ritenuti necessari, ivi inclusa la proposta del governo di
creare una Agenzia unica nazionale per la gestione in forma integrata
delle politiche attive e dell’ASpI, partecipata da Stato, Regioni e
Province autonome e caratterizzata da forte autonomia territoriale.

10.4 Interventi per l’apprendimento permanente
Nell’ambito della riforma, in modo condiviso con il competente Ministero
(MIUR), saranno previste norme generali sull’apprendimento permanente,
intese a definire il diritto di ogni persona all’apprendimento
permanente e collegarlo, in modo sistemico, alle strategie per la
crescita economica, accesso al lavoro dei giovani, riforma del welfare,
invecchiamento attivo, esercizio della cittadinanza attiva, anche da
parte degli immigrati. A tal fine, in particolare, saranno individuate
linee guida per la costruzione, in modo condiviso con le Regioni e nel
confronto con le parti sociali, di sistemi integrati territoriali,
caratterizzati da flessibilità organizzativa e di funzionamento,
prossimità ai destinatari, capacità di riconoscere e certificare le
competenze acquisite dalle persone.

Articolo tratto da: Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

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