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Famiglia Successioni Sentenze

Cassazione civile, sez. I, 23 novembre 2007, n. 24407

Redazionedi Redazione23 Novembre 2007
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Fatto

Con ricorso dell’11 giugno 1992 B.A. ha chiesto al tribunale di Catania la pronuncia della separazione personale dalla moglie C.R., chiedendo che fosse dichiarata a lei addebitatale.
All’udienza presidenziale del 12 ottobre 1992 è stato determinato in L. 200.000, mensili il contributo di mantenimento a favore della C., la quale, costituendosi, ha sostenuto che la crisi del rapporto matrimoniale era stata provocata dal comportamento del marito che, fin dal 1990, si era allontanato dal domicilio coniugale.
Con sentenza del 21 maggio 2000 il tribunale ha dichiarato la separazione tra i coniugi, rigettando le domande reciproche di addebito e quella di assegnazione della casa coniugale di proprietà del marito proposta dalla C..
La corte d’appello di Catania ha confermato l’esclusione dell’addebito e la non assegnazione della casa coniugale in mancanza di figli minori o di figli maggiorenni non autosufficienti conviventi con la moglie. Procedendo alla valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche la corte territoriale ha affermato, innanzi tutto, che confrontando le dichiarazioni dei rediti dal 1992 al 2000, non emergeva una situazione reddituale del marito migliore di quella della moglie, tanto che il B. non era stato in grado di corrispondere la somma di L. 200.000, mensili stabilita con i provvedimenti temporanei e urgenti. Sul piano patrimoniale, invece, la situazione del B. era più consistente di quella della C., perchè, mentre il primo era proprietario esclusivo della casa familiare in (OMISSIS) (nella quale aveva continuato ad abitare la moglie), di un fabbricato a piano terra nella stessa città (che avrebbe potuto essere adibito a sua abitazione) oltre che di un appartamento di sei vani, ed era comproprietario, insieme alla moglie, di altro fabbricato adibito a bottega sito in (OMISSIS), di due appezzamenti di terreno in (OMISSIS), la C. era proprietaria esclusiva di una casa non abitabile a (OMISSIS) e comproprietaria con il marito degli altri beni indicati. Il B. era quindi in grado di dare alla moglie un contributo se non di natura reddituale, quanto meno di natura patrimoniale, che poteva essere individuato nella sistemazione nell’appartamento di (OMISSIS) che costituiva la ex casa coniugale e che aveva continuato a essere occupato dalla C.. L’onere così stabilito a carico del marito era ritenuto corrispondente a un contributo di mantenimento mensile di valore pari al canone di locazione dell’appartamento. Infine la corte d’appello ha revocato i provvedimenti presidenziali, che avevano stabilito in L. 200.000, mensili il contributo della C. a carico del marito, con decorrenza dalla data in cui erano stati emessi.
Avverso la sentenza della corte d’appello di Catania il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
La C. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 2697 c.c., e art. 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione il ricorrente lamenta che la corte d’appello di Catania abbia proceduto alla comparazione delle situazioni economiche delle parti senza previamente accertare il tenore di vita matrimoniale e l’insufficienza dei mezzi della C..
Ritiene che illogicamente la corte, dopo avere accertato che, sul piano della percezione di redditi la situazione delle parti era equivalente, ha stabilito un contributo a favore della moglie a suo carico. Afferma, inoltre, che sarebbe errata la ricostruzione del patrimonio delle parti, perchè: a) non è vero che la casa della C. a (OMISSIS) non è abitabile, perchè ciò risulterebbe solo da una perizia di parte, prodotta dalla moglie; b) esso ricorrente non è proprietario di un locale terreno a (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto tale bene, come è pacifico tra le parti, era stato venduto prima del 2000.
Con il secondo mezzo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 2697 c.c., e art. 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione si censura l’affermazione secondo cui esso ricorrente sarebbe stato proprietario di una casa a (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto, essendo stato acquistato dopo la separazione, tale bene non poteva essere valutato ai fini della comparazione tra le situazioni economiche.
Inoltre la corte territoriale non avrebbe valutato il suo stato di salute.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 156 c.c., e vizio di motivazione, lamentando che la corte territoriale in violazione del principio secondo cui il contributo di mantenimento deve consistere in un’obbligazione di natura personale di valore determinato, avrebbe imposto un vincolo reale, che costituirebbe un’espropriazione per un titolo non previsto, tra l’altro di valore superiore alle stesse L. 200.000, mensili, stabilite in sede presidenziale, senza che risulti il motivo dell’aggravamento dell’onere.
Con il quarto motivo, deducendo la violazione degli artt. 155 e 156 c.c., e vizio motivazionale, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere assegnato il godimento della casa di (OMISSIS), (OMISSIS), di proprietà esclusiva di esso ricorrente, che aveva cessato di essere casa familiare con la dissoluzione della convivenza tra i componenti della famiglia, in violazione del principio secondo cui tale assegnazione è possibile solo in presenza di figli minori o maggiorenni conviventi e non autosufficienti.
Tra l’altro la motivazione sul punto sarebbe contraddittoria perchè da un lato viene negato il diritto all’assegnazione della casa familiare e dall’altro si è proceduta alla concessione di “sistemazione abitativa” nell’appartamento sopra indicato.
Con il quinto motivo, deducendo la violazione degli artt. 155 e 156 c.c., e vizio motivazionale, il ricorrente denuncia che la corte territoriale abbia omesso di pronunciare sulla sua domanda di condanna della moglie al pagamento di un assegno di mantenimento in suo favore, domanda formulata con l’appello incidentale condizionato.
2. Il primo, il secondo e il quinto motivo sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Sono inammissibili le censure dirette nei confronti di giudizi di fatto compiuti dalla corte territoriale e basati su argomentazioni corrette e immuni da visi logici e giuridici. In particolare è incensurabile in questa sede la ricostruzione del patrimonio dei coniugi e non può essere esaminata la dedotta mancata valutazione dello stato di salute poichè il ricorso, in violazione del principio di autosufficienza, non indica le specifiche condizioni patologiche nè, analiticamente, i documenti dai quali le condizioni stesse risulterebbero, e pertanto è impossibile valutare la natura decisiva della circostanza di fatto di cui sarebbe stata omessa la valutazione.
Non c’è alcuna contraddizione nell’avere affermato il diritto della C. a un contributo a carico del marito, sulla base dell’accertamento di una sua situazione patrimoniale inferiore a quella del marito, e la valutazione di equivalenza della situazione reddituale, essendo la componente patrimoniale e quella dei redditi comprese nell’ampio concetto di “sostanze”, ma, ovviamente, concettualmente e giuridicamente distinte.
Non è vero, inoltre, che la corte non abbia accertato l’insufficienza dei mezzi della C. per consentirle il mantenimento del tenore di vita coniugale, perchè la corte di appello ha espressamente affermato (pag. 8 della sentenza) che il “contributo immobiliare” a carico del B. avrebbe consentito alla moglie di conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Quanto alla domanda di determinazione di un assegno di mantenimento a proprio favore, la pronuncia di rigetto è implicita nel riconoscimento di tale diritto alla C., sulla base di un’argomentazione basata sul giudizio di prevalenza della situazione patrimoniale del B..
3. Sono fondati, per quanto di ragione, il terzo e il quarto motivo.
Dopo avere negato il diritto all’assegnazione della casa coniugale di (OMISSIS), (OMISSIS), di esclusiva proprietà del B., non risultando la C. affidataria di prole minorenne o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti, la corte territoriale, sulla base della rilevata maggiore consistenza del patrimonio immobiliare del marito ha affermato che alla moglie andava riconosciuto il diritto a un “contributo di natura immobiliare”, determinato nella sistemazione abitativa nell’immobile sopra indicato, con la precisazione che l’onere a carico del marito corrisponde “nella sostanza ad un assegno pecuniario mensile pari al godimento del medesimo immobile, ossia al canone di locazione dell’appartamento determinato a norma del mercato e delle leggi vigenti”.
Tale determinazione non pecca di indeterminatezza, perchè il valore economico relativo, se non determinato, certamente è determinabile cosi come non sussiste contraddizione tra il mancato riconoscimento dell’assegnazione e l’attribuzione di un “contributo di natura immobiliare” di natura analoga, ma anche diversa, nella sua atipicità, rispetto all’assegnazione.
Tuttavia la pronuncia di cui si tratta, si basa su un’interpretazione estensiva dell’art. 156 c.c., che questa Corte ha più volte ritenuto non essere consentita (ex multis v. cass. n. 13747/2003, 5857/2002, 9073/2000) stante il carattere eccezionale della norma, dettata nell’esclusivo interesse della prole minorenne.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta a tale principio deve essere pertanto cassata, con rinvio alla corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio alla corte d’appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2007

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