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Sentenze Civile e procedura civile

Cassazione civile, sez. I, 27 gennaio 2022, n. 2530

Redazionedi Redazione15 Giugno 2022Aggiornato il:15 Giugno 2022
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Cassazione civile, sez. I, 27 gennaio 2022, n.2530

Fatto

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 21.12.2016, ha rigettato l’appello proposto da E.S. avverso la sentenza del Tribunale di Arezzo che, nella dichiarata contumacia dell’allora convenuta, aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lei contratto con B.L. ed aveva revocato l’assegno di mantenimento stabilito, a carico di quest’ultimo, dalla sentenza di separazione personale dei coniugi.

La Corte d’Appello, premesso che il gravame era stato avanzato ben oltre il termine lungo semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., ha disatteso la prospettazione della sig.ra E. secondo cui la notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e del decreto di fissazione d’udienza innanzi al Tribunale di Arezzo effettuata nei suoi confronti era nulla.

In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto valida la notifica del ricorso in oggetto, eseguita l’8.4.2014 ai sensi dell’art. 143 c.p.c., sul rilievo che l’ufficiale giudiziario, avendo personalmente accertato, in occasione di un precedente tentativo di notifica del febbraio 2014, che il nominativo dell’appellante non figurava “sui campanelli né sulle cassette postali” dell’indirizzo di residenza, aveva correttamente dichiarato l’irreperibilità della destinataria.

La Corte d’Appello ha, invece, dichiarato nulla la notifica dell’ordinanza ammissiva dell’interrogatorio formale della E. - parimenti disposta a norma dell’art. 143 c.p.c. - in quanto effettuata il 28.10.14 in difetto di un nuovo sopralluogo, non potendo l’ufficiale giudiziario basarsi, ai fini dell’accertamento della irreperibilità, sull’esito di quello precedente, avvenuto ben sei mesi prima, dato che in tale periodo di tempo la situazione di fatto avrebbe potuto essere mutata.

Ciò premesso, la corte territoriale ha ritenuto ammissibile l’impugnazione tardiva, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, ma ha dichiarato inammissibile la domanda di riconoscimento di un assegno divorzile, siccome proposta dalla sig.ra E. per la prima volta in grado di appello, sul duplice rilievo che l’appellante aveva volontariamente deciso di rimanere contumace nel giudizio di primo grado e che, anche ove fosse stata posta nelle condizioni di presentarsi in Tribunale per rendere l’interrogatorio formale, non avrebbe potuto più introdurre tardivamente tale domanda dinanzi al primo giudice.

E.S. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a quattro motivi.

B.L. ha resistito con controricorso.

Diritto

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c..

La ricorrente lamenta che la corte del merito abbia ritenuto valida la notifica, in data 8 aprile 2014, del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell’udienza dinanzi al Tribunale di Arezzo, ancorché eseguita nei suoi confronti senza una previa ricognizione dei luoghi, fondandosi la valutazione di irreperibilità dell’ufficiale giudiziario su un sopralluogo avvenuto presso la sua abitazione ben due mesi prima (esattamente il 7 febbraio 2014); deduce inoltre che non è sufficiente ai fini dell’accertamento della irreperibilità, a norma dell’art. 143 c.p.c., la mancanza del nominativo di un soggetto sul citofono o sulla cassetta postale del luogo di abitazione, dovendo comunque l’ufficiale giudiziario raccogliere informazioni da altre persone presenti in loco.

2. Il motivo è fondato sotto entrambi i profili illustrati.

Va in primo luogo rilevato che, secondo quanto emerge proprio dalla lettura della sentenza impugnata, l’ufficiale giudiziario l’8.4.2014 ha proceduto alla notifica col rito degli irreperibili senza neppure recarsi presso l’abitazione della ricorrente, ma basandosi sull’esito di un precedente accesso, effettuato in febbraio. Se ne deduce che la corte del merito - che pure ha ritenuto nulla la notifica ex art. 143 c.p.c. dell’ordinanza che aveva disposto l’interrogatorio formale della E. perché non preceduta da un sopralluogo abbia supposto, del tutto erroneamente, che la validità/invalidità di una notificazione eseguita ai sensi della norma predetta solo perché è già stata in passato effettuata un’infruttuosa ricerca del destinatario presso la propria abitazione, dipenda dalla durata (più o meno lunga) del periodo di tempo intercorso fra il primo e il secondo tentativo.

Va aggiunto che questa Corte, nella sentenza n. 11138/2003, ha già enunciato il principio di diritto, secondo cui, “non sussistendo per legge alcun obbligo, per i soggetti giuridici, di indicare il proprio nominativo sui citofoni o sulla cassetta postale del luogo di abitazione, l’ufficiale giudiziario, ove verifichi, in uno stabile privo di portiere, l’assenza del nominativo del soggetto destinatario della notifica in corrispondenza dell’interno che il richiedente indica quale luogo di residenza, e ove constati la presenza, invece, del nominativo di altri soggetti i quali risultino momentaneamente assenti, deve procedere comunque alla notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., e non può limitarsi invece - tanto più in un ampio e moderno contesto urbano - a stendere una relazione negativa, neppure ove fondata sulle informazioni negative delle altre “persone del luogo”“(vedi anche Cass. n. 6761/2004).

Nella più recente sentenza n. 19012/2017 questa Corte, nel ritenere legittima la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c. ad un destinatario, il cui nominativo non era stato rinvenuto sui citofoni e neppure sulle cassette postali, aveva valorizzato la circostanza che l’ufficiale giudiziario aveva attestato di aver raccolto informazioni negative, circa la reperibilità in quel luogo del destinatario dell’atto, dai residenti interpellati.

Nella sentenza n. 8638/2017, questa Corte, sempre in tema di notificazione ex art. 143 c.p.c., ha enunciato il principio di diritto secondo cui l’ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione. In particolare, nel caso concreto esaminato dalla predetta sentenza, questo giudice di legittimità ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la regolarità di una notifica eseguita ex art. 143 c.p.c. semplicemente sulla base dell’assenza del nominativo della destinataria sul citofono dell’indirizzo di residenza anagrafica, trascurando di rilevare che la dicitura “famiglia” seguita da altro cognome, presente sullo stesso citofono, corrispondeva effettivamente alla residenza della destinataria, essendo quel cognome riferibile al defunto marito.

Alla luce del contenuto delle sentenze sopra menzionate, emerge in modo inconfutabile che questa Corte non ha mai ritenuto sufficiente, ai fini della valutazione positiva di irreperibilità del destinatario della notifica, ai sensi dell’art. 143 c.p.c., il mero mancato rinvenimento del nominativo del notificando sui citofoni e neppure sulle caselle postali, occorrendo comunque un quid pluris che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, deve quantomeno consistere nella raccolta, da parte dell’ufficiale giudiziario, di specifiche informazioni in loco sul destinatario dell’atto dai residenti interpellati.

L’ufficiale giudiziario che, una volta verificata la mancanza del nominativo del notificando sui citofoni e sulle cassette postali, si astenga dal compiere ogni ulteriore ricerca ed indagine, quantomeno nei termini sopra illustrati, viene senz’altro meno al suo dovere di “normale diligenza” nello svolgimento dell’attività notificatoria.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e, versandosi in fattispecie di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, la causa va rinviata, ex art. 354 c.p.c., al Tribunale di Arezzo in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

3. Restano assorbiti i restanti motivi di ricorso, con i quali la ricorrente propone la questione di nullità sotto i distinti profili del vizio di motivazione apparente e/o contraddittoria, e denuncia inoltre la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 10 in relazione agli artt. 293 e 153 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Arezzo, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi i nominativi e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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