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Cassazione civile, sez. I, 10 febbraio 2016, n. 2665

Redazionedi Redazione22 Febbraio 2016Aggiornato il:22 Febbraio 2016
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Fatto



Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano rigettò le domande di risarcimento dei danni proposte da Almaf s.p.a., R. E., B.F., G.G. e V. F., soci de La Fondiaria Assicurazioni s.p.a., nei confronti di M.F. e delle società Fondiaria Sai s.p.a., Premafin finanziaria s.p.a., Mediobanca s.p.a., Coiranerzbank Aktiengesellschaft, Interbanca s.p.a. e J.P. Morgan Securities ltd, che avevano concordato un’illecita operazione per l’acquisizione del controllo della società di cui gli attori erano azionisti, senza l’obbligatoria previa offerta pubblica di acquisto totalitaria.
Ritennero i giudici del merito che la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie è strutturata in modo da rendere inefficace l’acquisto di una partecipazione effettuato in violazione di tale obbligo, essendo prevista sia la sterilizzazione del voto sia la necessaria dismissione della parte di azioni eccedente la quota rilevante di controllo (30%). Sicché deve escludersi l’esistenza di un diritto soggettivo degli altri azionisti a ricevere un’offerta di acquisto delle proprie azioni, la cui lesione sia risarcibile. In ogni caso, aggiunse la corte d’appello, l’Isvap avendo a suo tempo negato la prescritta autorizzazione al progettato acquisto delle azioni della Fondiaria da parte della Sai, rendendo così impossibile l’acquisizione di una quota azionaria superiore alla soglia del 30%, presupposto necessario per il sorgere dell’obbligo di offerta pubblica del quale era stato lamentato l’inadempimento.
Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione gli attori, deducendo tre motivi di impugnazione, cui resistono con controricorso Commerzbank Aktiengesellschaft, GE Capital Interbanca s.p.a., J.P. Morgan Securities PLC, M.F., Mediobanca s.p.a., Premafin Finanziaria s.p.a. e Fondiaria Sai s.p.a.; queste ultime tre società hanno altresì proposto ricorso incidentale condizionato.
Tutte le parti hanno depositato memorie.


Diritto


1.1- Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano violazione di norme di diritto e lamentano che la decisione della corte d’appello, tradendo la ratio delle norme sull’offerta pubblica di acquisto (D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 105 e ss.), abbia erroneamente escluso la risarcibilità del danno derivante dalla mancata formulazione di un’obbligatoria proposta contrattuale che sarebbe potuta risultare vantaggiosa per gli azionisti di minoranza.
Contrariamente a quanto affermano i giudici d’appello, infatti, l’obbligo di lanciare l’offerta pubblica d’acquisto nasce de iure non appena venga superata la soglia di disponibilità del 30% del capitale sociale della società scalata. E a quest’obbligo corrisponde il diritto degli altri soci a potersi giovare dell’incremento di valore che per i propri titoli deriva dal lancio dell’offerta pubblica, il cui prezzo è predeterminato dal legislatore.
Con il secondo motivo i ricorrenti principali, deducono ancora violazione di norme di diritto, lamentando che la corte d’appello abbia erroneamente considerato le sanzioni civili, previste per la violazione dell’obbligo di offerta pubblica (congelamento dei diritti di voto e cessione delle azioni eccedentarie), come idonee a elidere qualsiasi danno per i soci di minoranza. La legge prevede un obbligo, non un onere, di offerta pubblica; e al socio scalatore non è offerta la scelta tra promuovere l’offerta pubblica o subire le sanzioni.
Con il terzo motivo i ricorrenti principali deducono che, contrariamente a quanto affermato dai giudici d’appello, l’obbligo di avviare la procedura per il lancio dell’offerta pubblica, con la comunicazione alla Consob, sorgeva contestualmente alla richiesta dell’autorizzazione da rivolgere all’Isvap, indipendentemente dall’effettivo già intervenuto rilascio di tale autorizzazione. E comunque l’iniziale diniego dell’autorizzazione da parte dell’Isvap, il 31 dicembre 2001, non impedì il realizzarsi dei presupposti dell’offerta pubblica il successivo 18 febbraio 2002, grazie alla sopravvenuta interposizione di altri soggetti in concerto con Sai e Mediobanca.


1.2- Il ricorso è fondato.

Come questa corte ha già avuto modo di chiarire, infatti, “la violazione dell’obbligo, rilevante ex art. 1173 c.c., di offerta pubblica di acquisto della totalità delle azioni di una società quotata in un mercato regolamentato da parte di chi, in conseguenza di acquisti azionari, sia venuto a detenere un partecipazione superiore al trenta per cento del capitale sociale, fa sorgere in capo agli azionisti, ai quali l’offerta avrebbe dovuto essere rivolta, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, ex art. 1218 c.c., ove essi dimostrino di aver perso una possibilità di guadagno a causa della mancata promozione dell’offerta” (Cass., sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20560, m. 637345). Infatti le sanzioni restitutorie (della sterilizzazione del voto e dell’obbligo di rivendita entro l’anno delle azioni eccedenti), non elidono il danno subito dagli azionisti di minoranza con la perdita della possibilità di beneficiare del maggior prezzo di vendita delle loro azioni (Cass., sez. 1^, 10 agosto 2012, n. 14392, m. 623642).
A questa impostazione le società resistenti oppongono due argomenti:
che non può spettare un risarcimento del danno in mancanza del contratto di vendita delle azioni; che la vanificazione del controllo acquisito senza offerta pubblica di acquisto fa venir meno anche qualsiasi conseguenza della violazione dell’obbligo di offerta.
Come questa corte ha chiarito, dall’obbligo di offerta pubblica deriva per gli azionisti di minoranza la possibilità di scegliere se conservare la partecipazione nella società, nonostante il suo mutato assetto, o conseguire il vantaggio della vendita a un prezzo incrementato per l’inclusione del cosiddetto premio di maggioranza Cass., sez. 1^, 26 settembre 2013, n. 22099). Sostiene Mediobanca s.p.a. che l’impossibilità di ottenerne un’esecuzione in forma specifica esclude sia configurabile per il socio scalatore un’obbligazione a formulare l’offerta pubblica; e che la mancanza di un’obbligazione a contrarre esclude la possibilità di riconoscere ai soci di minoranza un diritto di opzione economicamente valutabile. Ma non è affatto vero che non si diano obblighi giuridici non suscettibili di esecuzione in forma specifica (ad esempio si veda l’art. 2933 c.c.); e la perdita della chance di acquisto vantaggioso è certamente conseguenza della violazione dell’obbligo di offerta.
Né rileva se il controllo perseguito dagli scalatori della società sia effettivamente ottenuto; rileva che, se fosse stato adempiuto l’obbligo di offerta pubblica, gli altri soci avrebbero avuto una vantaggiosa occasione di disinvestimento.

Quanto al secondo argomento va rilevato come sia in generale scontato che le misure restitutorie non sempre elidano integralmente le conseguenze dannose di un fatto illecito. E tanto più ciò è vero in un caso, come quello in esame, in cui le misure restitutorie tendono a disincentivare la violazione dell’obbligo di offerta totalitaria, vanificando gli obbiettivi del trasgressore in funzione di tutela dell’interesse generale a un corretto funzionamento del mercato, ma non hanno incidenza alcuna sulle conseguenze dannose subite dai soci di minoranza.
Fondato è anche il terzo motivo del ricorso, posto che i presupposti per il lancio dell’offerta pubblica di acquisto furono realizzati nonostante l’iniziale diniego dell’autorizzazione da parte dell’Isvap. Il ricorso principale va pertanto accolto.


2. I ricorsi incidentali sono tutti inammissibili. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio” (Cass., sez. 1^, 15 febbraio 2008, n. 3796, m. 602188, Cass., sez. 3^, 26 aprile 2010, n. 9907, m. 612608).
Nel caso in esame Mediobanca s.p.a. lamenta che i giudici d’appello abbiano omesso di pronunciarsi sulle seguenti eccezioni:

a) che gli attori non hanno provato di avere la titolarità delle azioni al momento in cui si erano dati i presupposti per l’offerta pubblica d’acquisto;

b) che le azioni per le quali ha agito R.E. risultavano al momento della domanda intestate fiduciariamente alla Selfid s.p.a., sicché l’attore era privo di legittimazione;

c) che R.E. e V.F. avevano proposto la domanda di risarcimento danni quali titolari, rispettivamente di n. 483.00 e n. 20.000 azioni, ma hanno in ammissibilmente esteso poi la domanda, rispettivamente, a n. 490.000 e n. 33.000 azioni.

Premafin Finanziaria s.p.a. lamenta con il suo ricorso incidentale omessa pronuncia su un’eccezione analoga a quella richiamata sub c);
e Fondiaria Sai s.p.a. lamenta con il suo ricorso incidentale l’omessa pronuncia su un’eccezione analoga a quella richiamata sub a), che assume di avere proposto nei confronti di tutti gli attori.
Come le stesse ricorrenti incidentali riconoscono, tuttavia, non vi fu alcuna omissione di pronuncia, perché i giudici d’appello ritennero che le eccezioni risultassero assorbite dal rigetto nel merito delle domande degli attori. Ne consegue che le eccezioni potranno essere riproposte nel giudizio di rinvio.


3. Si deve dunque concludere con la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi incidentali, l’accoglimento del ricorso principale e la cassazione con rinvio della decisione impugnata. I ricorrenti principali hanno in realtà richiesto che questa corte decida nel merito, accogliendo le loro domande.
Ma della decisione nel merito mancano i presupposti previsti dall’art. 384 c.p.c., perché sono necessari ulteriori accertamenti di fatto sia in ordine all’effettiva entità del danno lamentato, essendo rilevanti secondo la giurisprudenza di questa corte le sopravvenute variazioni del prezzo di mercato delle azioni, sia in ordine agli effettivi corresponsabili del danno.



P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi incidentali, accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2016

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