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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Codice della strada e trasporti
Codice della strada e trasporti Sentenze

Cassazione civile, sez. II, 3 agosto 2016, n. 16258

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano19 Agosto 2016Aggiornato il:19 Agosto 2016
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

RITENUTO IN FATTO

1. – Decidendo in grado di appello, il Tribunale di Chiavari, con sentenza depositata il 20 dicembre 2012, in riforma della pronuncia di primo grado del Giudice di pace della stessa città, ha rigettato l’opposizione proposta da M.A. avverso il verbale di contestazione n. 18675/11, emesso dalla Polizia municipale di Chiavari, per la violazione dell’art. 7 C.d.S., comma 15, per avere il M. sostato con la propria autovettura negli appositi spazi delimitati dalle strisce blu oltre il tempo stabilito, con un contrassegno attestante il pagamento del corrispettivo solo per l’ora precedente a quella dell’accertamento.
2. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 28 giugno 2013, sulla base di un motivo.
L’intimato Comune ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale sulla base di relazione del consigliere designato ex art. 380 bis c.p.c., alla quale ha replicato, con memoria, il ricorrente.
La VI-2 Sezione, con ordinanza interlocutoria 20 aprile 2015, n. 8012, ha rinviato il ricorso alla pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con l’unico mezzo (violazione o falsa applicazione dell’art. 157 C.d.S., commi 6 e 8, e 7, comma 15), il ricorrente sostiene che chi paga il ticket ma non integra il versamento per le ore successive non incorrerebbe in alcuna violazione del codice della strada, bensì soltanto in una violazione dell’obbligazione contrattuale sorta nel momento in cui si acquista il ticket, regolata dal codice civile.
2. – Il motivo è infondato.
Questa Corte (Sez. 2^, 25 febbraio 2008, n. 4847; Sez. 2^, 4 ottobre 2011, n. 20308) ha già statuito che l’art. 157 C.d.S., prevede, sottoponendo al comma 8 la loro violazione alla medesima sanzione, due distinte condotte, quella di porre in sosta l’autoveicolo senza segnalazione dell’orario di inizio della sosta, laddove essa è prescritta per un tempo limitato, ed il fatto di non attivare il dispositivo di controllo della durata della sosta, nei casi in cui esso è espressamente previsto; ed ha precisato che l’espressione “dispositivo di controllo di durata della sosta”, utilizzata dal comma 6, vale a comprendere i casi di c.d. parcheggi a pagamento mediante acquisto di apposita scheda, ciò discendendo dal rilievo che tale formula è la medesima di quella usata dalla disposizione del codice della strada che consente ai Comuni, nell’ambito delle loro competenze in materia di regolamentazione della circolazione nei centri abitati, di stabilire aree di parcheggio a pagamento, anche senza custodia dei veicoli (art. 7, comma 1, lett. f).
La sentenza di questa Sezione 2 settembre 2008, n. 22036, ha affermato che, là dove il sindaco si sia avvalso del potere di stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe, la stessa non si sottrae all’operatività della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di sosta protrattasi in violazione dei limiti o della regolamentazione al cui rispetto essa era subordinata. A sua volta, Sez. 6^-2, 9 gennaio 2012, n. 30, ha cassato la sentenza del giudice del merito che aveva escluso “che nell’ipotesi di cui all’art. 7 C.d.S., superata l’ora scatti la medesima violazione come avviene nel caso del sistema previsto per la sosta limitata di cui all’art. 157 C.d.S.”, sul rilievo – non condiviso da questa Corte di legittimità – che nel primo caso “scatti soltanto il diritto del Comune di riscuotere la tassa per l’utilizzo del parcheggio a pagamento ed in relazione alla durata stessa della sosta”.
Questo orientamento è stato recepito dalla giurisprudenza della Corte dei conti (Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza 19 settembre 2012, n. 888). Il giudice contabile ha infatti affermato che la mancata contestazione della sanzione pecuniaria da parte dell’ausiliario del traffico (e della società affidataria del servizio) nel momento in cui è stata accertata la sosta del veicolo senza ticket comprovante il pagamento del corrispettivo dovuto oppure con tagliando esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato (che è pur sempre una fattispecie di mancato pagamento che il codice della strada, senza distinzioni, sanziona), configura una ipotesi di danno erariale per il Comune, rappresentato dal mancato incasso dei proventi che sarebbero derivati dalla applicazione della sanzione per violazione delle norme che disciplinano la sosta in aree a pagamento.
In questo quadro giurisprudenziale, va affermato il principio secondo cui, in materia di sosta a pagamento su suolo pubblico, ove la sosta si protragga oltre l’orario per il quale è stata corrisposta la tariffa, si incorre in una violazione delle prescrizioni della sosta regolamentata, ai sensi dell’art. 7 C.d.S., comma 15. Infatti, poiché l’assoggettamento al pagamento della sosta è un atto di regolamentazione della sosta stessa, la sosta del veicolo con ticket di pagamento esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato ha natura di illecito amministrativo e non si trasforma in inadempimento contrattuale, trattandosi, analogamente al caso della sosta effettuata omettendo l’acquisto del ticket orario, di una evasione tariffaria in violazione della disciplina della sosta a pagamento su suolo pubblico, introdotta per incentivare la rotazione e razionalizzare l’offerta di sosta.
Di tale principio il Tribunale ha fatto corretta applicazione.
3. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
4. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Comune contro-ricorrente, che liquida in complessivi Euro 700, di cui Euro 600 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2016.

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