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Sentenze

Cassazione civile, sez. II, 20 gennaio 2022, n. 1793

Redazionedi Redazione24 Gennaio 2022
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Cassazione civile, sez. II, 20 gennaio 2022, n. 1793

Svolgimento del processo

G.G. e (omissis) s.r.l. proponevano opposizione avverso verbale di contestazione intimato dalla Prefettura di Brescia ad entrambi, rispettivamente, quale conducente/trasgressore, il primo, e quale proprietaria del veicolo, la seconda, per violazione dell’art. 23 C.d.S., per avere, alla guida di veicolo ad uso speciale effettuato pubblicità non luminosa per conto della (omissis) s.p.a., che veniva respinta dal Giudice di pace di Brescia.
In virtù di rituale impugnazione interposta dagli originari opponenti, il Tribunale di Brescia, accoglieva il gravame ritenendo che l’art. 23 C.d.S., disciplinasse l’apposizione di scritte o insegne rifrangenti, consentite nei soli limiti previsti dal regolamento, mentre si era al di fuori della norma invocata dall’Amministrazione nei casi di apposizione su veicoli di scritte o di insegne non luminose, che doveva ritenersi sempre consentita.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’Amministrazione sulla base di un unico motivo.
Non hanno svolto difese gli intimati.
Ritenuto che il ricorso potesse essere accolto, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore della ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.
Fissata adunanza camerale in data 17 aprile 2019, con ordinanza interlocutoria n. 27324/2019, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per essere rimessa alla trattazione in pubblica udienza per la rilevanza di definire in via nomofilattica il principio di legalità in tema di illecito amministrativo, da coniugarsi con le previsioni di norme secondarie integrative del precetto contenuto nella norma primaria.
In prossimità dell’udienza - fissata ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, conv. con modificaz. in L. n. 176 del 2020, senza che parte ricorrente Né il P.G. depositassero istanza per la trattazione della causa in pubblica udienza sicché la stessa è stata riservata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata - sono state acquisite le conclusioni della Procura Generale, motivate nel senso del rigetto del ricorso, ritualmente comunicate alla parte ricorrente.
Considerato in diritto
Con l’unico motivo la Prefettura deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 23 C.d.S., comma 2 e art. 57 del relativo regolamento lamentando che il giudice del gravame abbia ritenuto illegittimo l’art. 57 del Regolamento di attuazione del C.d.S. in riferimento all’art. 23 C.d.S., così disapplicandolo, per prevedere che la pubblicità sulle autovetture private sarebbe consentita unicamente per l’apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo, pur ammettendo che i precetti della legge sufficientemente individuati possano essere etero-integrati da norme regolamentari.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi e con esso lo stesso ricorso.
Ebbene pur vero che sulla scorta di una consolidata giurisprudenza la riserva di legge sancita dalla L. n. 689 del 1981, art. 1, se non consente che una fonte subprimaria possa autonomamente stabilire una sanzione amministrativa (cfr. Cass. 26 aprile 2006 n. 9584), consente però che la legge (statale o regionale) preveda l’integrazione del precetto da parte di fonti non legislative (di recente confermato da Cass. 2 marzo 2016 n. 4114), purché siano dalla legge sufficientemente individuati e siano eterointegrati da norme regolamentari, in virtù della particolare tecnicità della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare (v. per varie applicazioni, condivisibilmente, Cass. 1 giugno 2010 n. 13344; Cass. 4 marzo 2011 n. 5243).
Tuttavia nella specie la sentenza gravata nel riferire che ai sensi dell’art. 23 C.d.S., comma 2. “È vietata l’apposizione di iscritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli. È consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell’attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli”, dà conto che la previsione normativa contiene due precetti, il divieto di apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose e la legittimità di quelle rifrangenti nei limiti previsti dal regolamento. La decisione poi chiarisce che la norma regolamentare successiva, l’art. 57 C.d.S., comma 1, completa la fattispecie stabilendo la legittimità senza alcun tipo di accertamento (per cui sono consentite sempre) dell’apposizione di scritte e insegne non luminose.
Così inquadrata la fattispecie a livello normativo, il giudice del gravame statuisce la mancata contestazione della rifrangenza della scritta e/o insegna apposta sul veicolo per conto della (omissis) s.p.a., come si desume là dove ritiene che nel caso in esame sia stata in realtà introdotta una ipotesi di illecito non prevista dalla norma primaria per avere stabilito “dei limiti alla apposizione di scritte e/o messaggi pubblicitari non luminosi che la norma primaria ritiene consentita, senza stabilire alcun limite e senza prevedere alcun rinvio alla norma secondaria per la regolamentazione dei casi di ammissibilità” (v. pag. 3 della sentenza impugnata).
E del resto che la contestazione sia in tal senso lo riconosce la medesima ricorrente la quale afferma che con verbale di accertamento del 15.02.2014 la Polizia Stradale di (…) ha contestato agli intimati l’avere effettuato alla guida di veicolo ad uso speciale - adibito ad uso proprio - pubblicità non luminosa per conto terzi a titolo oneroso (v. pag. 1 del ricorso).
Ne consegue che essendo le difese della Prefettura nell’unica censura tutte indirizzate a dolersi della individuazione della fattispecie contestata nel senso della rifrangenza delle insegne pubblicitarie apposte sul veicolo adito ad uso speciale, essa appare fuori quadro rispetto all’ordito motivazionale che fa riferimento a pubblicità non luminosa e non già a quella rifrangente.
Ed anche a volere interpretare il motivo nel senso della contestazione della pubblicità non luminosa effettuata su mezzo ad uso speciale per conto terzi a titolo oneroso risulta trattarsi di questione che nella sua estrema genericità prospetta anche profili di novità, neanche chiarendo quando e dove la problematica della onerosità sarebbe stata introdotta dalla ricorrente nel corso del giudizio di merito.
Conseguentemente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione posto che G.G. e (…) s.r.l., intimati, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale.
Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell’Amministrazione pubblica ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, in quanto trattandosi di tributo (come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 9840 del 5 maggio 2011 sulla scia di quanto già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73 del 2005), al pari del primo, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e delle tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n. 1778 del 2016).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

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