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Sentenze

Cassazione civile, sez. II, 23 agosto 2019, n. 21647

Redazionedi Redazione17 Maggio 2021Aggiornato il:17 Maggio 2021
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Cassazione civile, sez. II, 23 agosto 2019, n. 21647

FATTI DI CAUSA

B.R. ebbe a convenire in giudizio avanti il Tribunale di Roma E.L. al fine di sentir pronunziare sentenza, ex art. 2932 c.c., di trasferimento in suo favore del diritto di proprietà su alloggio oggetto di contratto preliminare stipulato tra le parti e non adempiuto dal promittente venditore.
Resistette l’ E. contestando la pretesa attorea e rilevando come fu il B. a non aver osservato il suo invito ad adempiere, sicché chiedeva in via riconvenzionale la declaratoria di risoluzione del contratto preliminare per colpa del promissario acquirente ed il ristoro del conseguente danno.
Ad esito della trattazione istruttoria il Giudice romano ebbe a rigettare tutte le domande svolte in causa ed a compensare le spese della lite.
Avverso detta sentenza il B. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Roma, ed anche l’ E. propose impugnazione incidentale.
All’esito il Collegio romano ha rigettato l’impugnazione incidentale, mossa dall’ E., ed accolto il gravame mosso dal B. pronunciando il chiesto trasferimento del bene immobile, ex art. 2932 c.c.
E.L. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, illustrati anche con nota difensiva.
B.R. s’è costituito ritualmente con controricorso.
All’odierna udienza pubblica, sentite le conclusioni del P.G. - rigetto del ricorso - e dei difensori delle parti, questo Collegio adottava soluzione siccome illustrata nella presente sentenza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da E.L. s’appalesa fondato e va accolto con riguardo al primo mezzo d’impugnazione, mentre le altre questioni agitate nelle restanti doglianze rimangono all’esito assorbite.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto ex artt. 1183 e 1175 c.c. in quanto il Collegio romano ebbe ad escludere l’applicabilità nella specie della regola quod sine termine debetur statim debetur - art. 1183 c.c., comma 1 - ritenendo invece applicabile la norma in comma 2 citato art. in considerazione della circostanza che, espressamente, in contratto era dato atto che l’acquirente avrebbe pagato il prezzo ad esito della concessione di mutuo bancario.
Un tanto secondo parte ricorrente è contrario alla regola ex art. 1175 c.c. sulla buona fede poiché l’obbligo di stipula del definitivo assunto con il preliminare appare obbligazione naturalmente soggetta al solo art. 1183 c.c., comma 1.
La censura sviluppata coglie nel segno.
Difatti in assenza di termine concordato tra le parti per l’adempimento dell’obbligazione - nella specie la stipula del negozio definitivo - assunta con il contratto trova applicazione la disciplina ex art. 1183 c.c., comma 1, sicché l’adempimento è dovuto immediatamente.
La Corte capitolina ha rilevato l’inapplicabilità della diffida ex art. 1454 c.c., con fissazione di un termine entro cui adempiere e conseguente risoluzione per il mancato adempimento, rimessa dall’ E. poiché le parti non avevano stabilito termine per l’adempimento, non era stato richiesto e fissato dal Giudice il termine ex art. 1183 c.c., comma 2, era escluso, proprio dalle pattuizioni di contratto - pagamento dell’assai rilevante saldo prezzo con accensione di mutuo -, che fosse stato concordato tra le parti l’immediato adempimento delle prestazioni previste dal patto.
Un tanto, però, non consentiva di ritenere priva dell’effetto giuridico proprio la diffida ad adempiere formulata dall’ E. qualificandola siccome mero invito a concordare un termine, non accolto dalla contro parte, siccome opinato dal Collegio romano.
Difatti dall’insegnamento di questo Supremo Collegio - Cass. n 2700/1956, Cass. sez. 3 n 19414/10, Cass. sez. 3 n 15796/09 -, si ricava la consolidata regola iuris che in assenza di pattuito termine d’adempimento la prestazione è immediatamente esigibile e per esigerla non sono indispensabili né la diffida ad adempiere né il ricorso al Giudice ex art. 1183 c.c., comma 2, poiché ben potrà il Giudice, chiamato a dirimere la controversia insorta tra le parti in conseguenza dell’inadempimento,apprezzare ex post la congruità del tempo scorso tra la pattuizione e la pretesa d’adempimento.
Apprezzamento - Cass. n 1588/72 - da effettuare alla luce del criterio direttivo ex art. 1183 c.c., comma 2, ossia il tempo scorso deve esser oggettivamente congruo rispetto ai parametri fattuali indicati nella citata norma applicati nello specifico rapporto pattizio.
La Corte capitolina non s’è attenuta a detta regola iuris poiché ha erroneamente ritenuto che in assenza di termine concordato ed in presenza di situazione fattuale, sussumibile in uno dei criteri previsti nell’art. 1183 c.c., comma 2 fosse necessario, previamente, procedere al ricorso al Giudice per la fissazione del termine ad adempiere per potersi configurare situazione di inadempienza del debitore.
Come visto, invece, ciò che ha esclusivo rilievo è la congruità del tempo scorso tra la pattuizione senza apposizione di termine concordato e la pretesa d’adempimento, situazione apprezzabile ex post dal Giudice del contenzioso, poiché lo scorrere di detto adeguato lasso temporale configura, ex se, situazione d’inadempimento.
Dunque la diffida ad adempiere rimessa dall’ E. svilupperà gli effetti previsti dall’art. 1454 c.c. una volta che il Giudice del merito di questa controversia riterrà congruo, in base ad uno dei criteri ex art. 1183 c.c., comma 2, il su ricordato lasso temporale scorso nel rapporto contrattuale oggetto di causa.
Quindi il Collegio capitolino in forza delle emergenze di fatto provate in causa aveva l’onere d’apprezzare la congruità del tempo scorso, tra la stipula del preliminare senza la fissazione di apposito termine per l’adempimento e la data della diffida adempiere.
A tele regola altra sezione della Corte d’Appello di Roma s’atterrà nel nuovo esame della questione a seguito della cassazione della sentenza impugnata.
Le altre censure mosse dall’ E. ossia la violazione delle regole circa l’interpretazione dei contratti poiché la Corte territoriale ha opinato che le parti, con relazione al pagamento del prezzo avessero fatto riferimento a mutuo da “contrarre” mentre letteralmente era scritto “contratto” ossia termine linguistico che lumeggiava come detto mutuo era stato già stipulato, e la violazione del disposto ex ad 1454 c.c., poiché il Collegio romano non ha considerato che la diffida ad adempiere poteva anche riferirsi all’obbligo dell’acquirente di definire la pratica bancaria di concessione del mutuo, stante il termine congruo assegnato, sono da considerare assorbite poiché questioni da esaminare nel corso della nuova valutazione del merito rimessa al Giudice di rinvio,che anche provvederà a regolare le spese di questa lite di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che anche provvederà sulle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2019

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