Cassazione civile, sez. II, 18 febbraio 2025, n. 4137
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 10.11.2016 Gr.Ed. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Padova Me.Si., Gr.Pa., Gr.Ma., in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., Gr.Sa. e Be.Fr., in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., Ba.Lu. e Ba.Ma., per sentire dichiarare la nullità del testamento olografo del proprio fratello, Gr.Be., pubblicato dal notaio To.Lo. il 15.3.2016, rep. n. 72549, racc. n. 24693, e conseguentemente dichiarare aperta la successione legittima del medesimo a favore dell’attore e della sorella Gr.Pa., disponendo la collazione del compendio ereditario.
Esponeva l’attore che Gr.Be. era deceduto celibe e senza figli, o ascendenti, l’1.2.2016, e che il notaio To.Lo. aveva pubblicato la fotocopia di un originario testamento olografo di Gr.Be. andato perduto, recante su ogni pagina la dicitura “copia conforme all’originale” con la sottoscrizione del de cuius, che non presentava i requisiti richiesti dall’art. 602 cod. civ. per valere come testamento olografo. Si costituivano nel giudizio di primo grado Me.Si., Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore Be.Ma., i quali, per quanto ancora rileva, chiedevano il rigetto delle domande dell’attore, mentre Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi., quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., aderivano alle domande dell’attore. Gli altri convenuti restavano contumaci. Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., sostenevano che la pubblicazione aveva riguardato oltre alla copia del testamento olografo contenuta in una busta sigillata consegnata al notaio To.Lo. dalla convivente del defunto, Me.Si., anche due codicilli in originale di Gr.Be., non contestati nella loro autenticità, e su loro richiesta, venivano autorizzati a chiamare in causa il notaio To.Lo., al fine di chiederne la condanna al risarcimento danni per responsabilità professionale per lo smarrimento dell’originale del testamento olografo di Gr.Be. a lui fiduciariamente consegnato dal de cuius nell’ipotesi in cui avessero trovato accoglimento le domande dell’attore.
Il notaio chiamato in causa riconosceva di avere provveduto a pubblicare ai sensi dell’art. 620 cod. civ. la copia del testamento olografo di Gr.Be. consegnatagli in busta chiusa dalla convivente del defunto, Me.Si., unitamente ai due codicilli in originale che gli erano stati fiduciariamente affidati in custodia dal de cuius, non contestati dall’attore.
Raccolto l’interrogatorio formale del notaio ed espletata la prova testimoniale, il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 2259/2021 del 30.11.2021, rigettava le domande avanzate da Gr.Ed., alle quali avevano aderito Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., accertava la pregressa esistenza, con conseguente validità ed efficacia, di un testamento olografo riferibile al de cuius non revocato, di contenuto identico alla copia fotostatica della scheda testamentaria pubblicata dal notaio To.Lo.il 15.3.2016, dichiarava assorbite le altre domande avanzate condannava l’attore alla rifusione delle spese processuali di Me.Si. (con distrazione al legale antistatario), nonché di Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., compensava le spese relativamente al rapporto processuale instauratosi col terzo chiamato e nulla disponeva per le spese relativamente ai contumaci ed ai convenuti che avevano aderito alle domande di Gr.Ed.
Contro la sentenza di primo grado proponevano appello Gr.Ed., Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sulla figlia minore Gr.No., e Gr.Ch., nelle more divenuto maggiorenne, lamentando la violazione o falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 2697 cod. civ., in quanto la prova della consegna dell’originale del testamento olografo da parte di Gr.Be. al notaio To.Lo. e del successivo smarrimento non era, a loro avviso, desumibile dalle dichiarazioni rese in sede di interpello dal notaio, che erano inattendibili perché interessate, essendo volte ad evitare l’accertamento della sua responsabilità professionale. Si costituivano nel giudizio di secondo grado Gr.Sa., Be.Ma., nel frattempo divenuto maggiorenne, Me.Si. e To.Lo., che chiedevano il rigetto dell’appello.
La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 1769/2023 del 28.8/6.9.2023, rigettava l’appello; rigettava la richiesta di cancellazione di frasi offensive ex art. 89 c.p.c. avanzata dal notaio nei confronti dell’appellante; correggeva l’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza di primo grado dove era indicato Gr.Ed. anziché Gr.Be. come il de cuius; e condannava gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali di secondo grado a favore degli appellati costituiti.
La Corte d’Appello rilevava, come già il giudice di primo grado, che l’irreperibilità del testamento olografo di Gr.Be. del quale fosse provata l’esistenza in un certo tempo, mediante la produzione di una copia informale, era equiparabile alla sua distruzione ed ingenerava una presunzione di revoca dello stesso, non scalfita dal mancato disconoscimento della conformità all’originale, rilevante solo una volta superata la detta presunzione, rispetto alla quale gravava su chi vi aveva interesse l’onere di provare che esso era stato distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, o che costui non aveva intenzione di revocarlo, ed affermava che tale prova poteva essere data con ogni mezzo, dimostrando l’esistenza del testamento olografo al momento della morte del testatore, ovvero che esso, pur scomparso prima della morte del testatore, era stato distrutto da un terzo, o era andato perduto fortuitamente, o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore, ovvero ancora, che la distruzione del testamento da parte di costui non era accompagnata dall’intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute (veniva richiamata in tal senso Cass. n.22191/2020). Il giudice di secondo grado rilevava la valenza confessoria delle dichiarazioni a sé sfavorevoli rese in sede di interrogatorio formale dal notaio, allorché questi aveva dichiarato di aver perso l’originale della scheda testamentaria di Gr.Be. dallo stesso consegnatagli, ed ancora esistente l’8.10.2015, allorché si era recato presso l’abitazione di Gr.Be., che gli aveva consegnato un ulteriore codicillo integrativo datato 4.10.2015, scheda testamentaria identica alla fotocopia che era stata poi oggetto di pubblicazione in epoca antecedente all’introduzione del giudizio, ed alla quale il codicillo del 4.10.2015 faceva sia pur genericamente riferimento.
La sentenza di secondo grado rilevava poi che la presenza della scheda testamentaria era stata indirettamente confermata dalle testimonianze di Callegaro Ilaria e Rosa Stefania, dipendenti dello studio notarile, delle quali era stata messa in dubbio l’attendibilità da parte appellante solo per il lungo tempo trascorso, mentre tali deposizioni dovevano considerarsi attendibili perché complete, precise e concordanti con riguardo a quanto accaduto in sede di pubblicazione della copia fotostatica del testamento, e congruenti con le dichiarazioni del notaio.
Avverso tale sentenza, notificata il 9.9.2023, ha proposto ricorso a questa Corte Gr.Ed.il 24.10.2023, affidandosi a quattro motivi, e resistono con controricorso To.Lo. e Me.Gi., chiamato all’eredità della defunta zia Me.Si., e con controricorso e ricorso incidentale condizionato Gr.Sa. e Be.Ma., mentre sono rimasti intimati Gr.Ma., Gr.Ch., Bo.Mi. quale esercente la potestà su Gr.No., Gr.Pa., Ba.Lu. e Ba.Ma.
In prossimità dell’udienza camerale il ricorrente ed i controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 380-bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 10.11.2016 Gr.Ed. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Padova Me.Si., Gr.Pa., Gr.Ma., in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., Gr.Sa. e Be.Fr., in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., Ba.Lu. e Ba.Ma., per sentire dichiarare la nullità del testamento olografo del proprio fratello, Gr.Be., pubblicato dal notaio To.Lo. il 15.3.2016, rep. n. 72549, racc. n. 24693, e conseguentemente dichiarare aperta la successione legittima del medesimo a favore dell’attore e della sorella Gr.Pa., disponendo la collazione del compendio ereditario.
Esponeva l’attore che Gr.Be. era deceduto celibe e senza figli, o ascendenti, l’1.2.2016, e che il notaio To.Lo. aveva pubblicato la fotocopia di un originario testamento olografo di Gr.Be. andato perduto, recante su ogni pagina la dicitura “copia conforme all’originale” con la sottoscrizione del de cuius, che non presentava i requisiti richiesti dall’art. 602 cod. civ. per valere come testamento olografo. Si costituivano nel giudizio di primo grado Me.Si., Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore Be.Ma., i quali, per quanto ancora rileva, chiedevano il rigetto delle domande dell’attore, mentre Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi., quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., aderivano alle domande dell’attore. Gli altri convenuti restavano contumaci. Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., sostenevano che la pubblicazione aveva riguardato oltre alla copia del testamento olografo contenuta in una busta sigillata consegnata al notaio To.Lo. dalla convivente del defunto, Me.Si., anche due codicilli in originale di Gr.Be., non contestati nella loro autenticità, e su loro richiesta, venivano autorizzati a chiamare in causa il notaio To.Lo., al fine di chiederne la condanna al risarcimento danni per responsabilità professionale per lo smarrimento dell’originale del testamento olografo di Gr.Be. a lui fiduciariamente consegnato dal de cuius nell’ipotesi in cui avessero trovato accoglimento le domande dell’attore.
Il notaio chiamato in causa riconosceva di avere provveduto a pubblicare ai sensi dell’art. 620 cod. civ. la copia del testamento olografo di Gr.Be. consegnatagli in busta chiusa dalla convivente del defunto, Me.Si., unitamente ai due codicilli in originale che gli erano stati fiduciariamente affidati in custodia dal de cuius, non contestati dall’attore.
Raccolto l’interrogatorio formale del notaio ed espletata la prova testimoniale, il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 2259/2021 del 30.11.2021, rigettava le domande avanzate da Gr.Ed., alle quali avevano aderito Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sui figli minori Gr.Ch. e Gr.No., accertava la pregressa esistenza, con conseguente validità ed efficacia, di un testamento olografo riferibile al de cuius non revocato, di contenuto identico alla copia fotostatica della scheda testamentaria pubblicata dal notaio To.Lo.il 15.3.2016, dichiarava assorbite le altre domande avanzate condannava l’attore alla rifusione delle spese processuali di Me.Si. (con distrazione al legale antistatario), nonché di Gr.Sa. e Be.Fr. in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio Be.Ma., compensava le spese relativamente al rapporto processuale instauratosi col terzo chiamato e nulla disponeva per le spese relativamente ai contumaci ed ai convenuti che avevano aderito alle domande di Gr.Ed.
Contro la sentenza di primo grado proponevano appello Gr.Ed., Gr.Ma. in proprio ed assieme a Bo.Mi. quali genitori esercenti la potestà sulla figlia minore Gr.No., e Gr.Ch., nelle more divenuto maggiorenne, lamentando la violazione o falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 2697 cod. civ., in quanto la prova della consegna dell’originale del testamento olografo da parte di Gr.Be. al notaio To.Lo. e del successivo smarrimento non era, a loro avviso, desumibile dalle dichiarazioni rese in sede di interpello dal notaio, che erano inattendibili perché interessate, essendo volte ad evitare l’accertamento della sua responsabilità professionale. Si costituivano nel giudizio di secondo grado Gr.Sa., Be.Ma., nel frattempo divenuto maggiorenne, Me.Si. e To.Lo., che chiedevano il rigetto dell’appello.
La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 1769/2023 del 28.8/6.9.2023, rigettava l’appello; rigettava la richiesta di cancellazione di frasi offensive ex art. 89 c.p.c. avanzata dal notaio nei confronti dell’appellante; correggeva l’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza di primo grado dove era indicato Gr.Ed. anziché Gr.Be. come il de cuius; e condannava gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali di secondo grado a favore degli appellati costituiti.
La Corte d’Appello rilevava, come già il giudice di primo grado, che l’irreperibilità del testamento olografo di Gr.Be. del quale fosse provata l’esistenza in un certo tempo, mediante la produzione di una copia informale, era equiparabile alla sua distruzione ed ingenerava una presunzione di revoca dello stesso, non scalfita dal mancato disconoscimento della conformità all’originale, rilevante solo una volta superata la detta presunzione, rispetto alla quale gravava su chi vi aveva interesse l’onere di provare che esso era stato distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, o che costui non aveva intenzione di revocarlo, ed affermava che tale prova poteva essere data con ogni mezzo, dimostrando l’esistenza del testamento olografo al momento della morte del testatore, ovvero che esso, pur scomparso prima della morte del testatore, era stato distrutto da un terzo, o era andato perduto fortuitamente, o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore, ovvero ancora, che la distruzione del testamento da parte di costui non era accompagnata dall’intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute (veniva richiamata in tal senso Cass. n.22191/2020). Il giudice di secondo grado rilevava la valenza confessoria delle dichiarazioni a sé sfavorevoli rese in sede di interrogatorio formale dal notaio, allorché questi aveva dichiarato di aver perso l’originale della scheda testamentaria di Gr.Be. dallo stesso consegnatagli, ed ancora esistente l’8.10.2015, allorché si era recato presso l’abitazione di Gr.Be., che gli aveva consegnato un ulteriore codicillo integrativo datato 4.10.2015, scheda testamentaria identica alla fotocopia che era stata poi oggetto di pubblicazione in epoca antecedente all’introduzione del giudizio, ed alla quale il codicillo del 4.10.2015 faceva sia pur genericamente riferimento.
La sentenza di secondo grado rilevava poi che la presenza della scheda testamentaria era stata indirettamente confermata dalle testimonianze di Ca.Il.e Ro.St., dipendenti dello studio notarile, delle quali era stata messa in dubbio l’attendibilità da parte appellante solo per il lungo tempo trascorso, mentre tali deposizioni dovevano considerarsi attendibili perché complete, precise e concordanti con riguardo a quanto accaduto in sede di pubblicazione della copia fotostatica del testamento, e congruenti con le dichiarazioni del notaio.
Avverso tale sentenza, notificata il 9.9.2023, ha proposto ricorso a questa Corte Gr.Ed.il 24.10.2023, affidandosi a quattro motivi, e resistono con controricorso To.Lo. e Me.Gi., chiamato all’eredità della defunta zia Me.Si., e con controricorso e ricorso incidentale condizionato Gr.Sa. e Be.Ma., mentre sono rimasti intimati Gr.Ma., Gr.Ch., Bo.Mi. quale esercente la potestà su Gr.No., Gr.Pa., Ba.Lu. e Ba.Ma.
In prossimità dell’udienza camerale il ricorrente ed i controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 380-bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo Gr.Ed. lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2733 e 2697 cod. civ. Afferma il ricorrente che nella specie esistevano due distinti rapporti processuali, da un lato quello tra gli eredi legittimi di Gr.Be. che sostenevano l’irrilevanza della copia fotostatica del testamento olografo del predetto pubblicata dal notaio To.Lo., e Me.Si., e dall’altro quello relativo alla domanda di garanzia avanzata da quest’ultima nei confronti del notaio chiamato in causa, il cui interrogatorio formale era stato ammesso relativamente a tale secondo rapporto processuale, per cui alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal notaio To.Lo. poteva essere attribuita valenza confessoria relativamente a quel secondo rapporto processuale, ma non nei rapporti tra Me.Si. e gli eredi legittimi di Gr.Be., nei quali quindi non potevano considerarsi provati l’esistenza dell’originale del testamento olografo in epoca anteriore all’apertura della successione di Gr.Be., lo smarrimento dello stesso da parte del notaio e la corrispondenza del suo contenuto con la fotocopia che era stata oggetto di pubblicazione.
2) Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 e 4 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2697 e 2733 cod. civ., e degli articoli 228 e ss. c.p.c.
Si duole il ricorrente che l’interrogatorio formale del notaio sia avvenuto su capitoli concordati tra la difesa dello stesso e quella di Me.Si., allo scopo di provare la coincidenza della fotocopia pubblicata con l’originale del testamento olografo di Gr.Be. smarrito, e di escludere nel contempo la responsabilità professionale del notaio per lo smarrimento.
Deduce il ricorrente che all’interrogatorio formale del notaio poteva al più essere attribuita valenza confessoria per la parte relativa allo smarrimento da parte sua del testamento olografo originale di Gr.Be., ma non per le circostanze della consegna fattagli dell’originale di quel testamento e della conformità della copia pubblicata a quell’originale smarrito, per cui non poteva considerarsi superata la presunzione di revoca del testamento ricollegata dall’art. 684 cod. civ. allo smarrimento dell’originale del testamento olografo, ed evidenzia circostanze altresì volte a mettere in dubbio l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal notaio in sede di interpello.
3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. la violazione o falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c.
Nell’esposizione del motivo, il ricorrente si duole che le testimoni Ca.Il. e Ro.St., da lui denunciate per falsa testimonianza, siano state ritenute attendibili individuando l’oggetto delle loro deposizioni in quanto accaduto in sede di pubblicazione della copia fotostatica del testamento olografo di Gr.Be., mentre le testimonianze avevano avuto un altro oggetto, ed attribuendogli erroneamente una doglianza sull’incapacità a testimoniare in realtà mai sollevata.
4) Col quarto motivo il ricorrente lamenta, nella rubrica, in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione dell’art. 132 secondo comma n. 4) c.p.c., mentre poi nell’illustrazione del motivo si duole del fatto che la Corte d’Appello non si sia avveduta, in punto di rilevanza probatoria, che i capitoli di prova sui quali sono stati fatte deporre le testimoni Ca.Il. e Ro.St. da Gr.Sa., Be.Ma. e Be.Fr., riguardavano circostanze che solo il notaio To.Lo. poteva conoscere, a conferma dell’esistenza di un’intesa delle rispettive difese, e che fosse stato riferito solo de relato, rispetto a dichiarazioni del notaio, dello smarrimento del testamento poi pubblicato in copia e del riconoscimento da parte del medesimo notaio della conformità della copia pubblicata all’originale, avendo comunque a tutto concedere quelle dichiarazioni testimoniali valore probatorio solo per il rapporto processuale intercorso tra Me.Si. e To.Lo. Da ultimo evidenzia, a conferma dell’asserita prevenzione della Corte d’Appello nei suoi confronti, che la stessa nel richiamare in punto di valutazione dell’attendibilità dei testimoni la massima della sentenza n. 26547 del 30.9.2021, conforme a quella della sentenza n.21239 del 9.8.2019, ha omesso di riportare la parte finale della massima, nella quale si ricorda che uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.
I quattro motivi, da esaminare congiuntamente perché inerenti alla motivazione addotta ed alle prove utilizzate dalla Corte d’Appello di Venezia per ritenere superata la presunzione di revoca del testamento olografo di Gr.Be., la cui copia è stata fatta poi oggetto di pubblicazione da parte del notaio To.Lo., presunzione prevista dall’art. 684 cod. civ., sono fondati nei termini di seguito illustrati ed entro tali limiti meritano accoglimento.
L’art. 684 cod. civ., consentendo di superare le problematiche esistenti sotto la vigenza del codice civile del 1865, che non conteneva un’analoga disposizione e lasciava dubbi sull’attribuzione del significato di revoca della distruzione del testamento olografo, che non era contemplata tra le ipotesi codificate di revoca testamentaria, stabilisce che il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo.
Secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (vedi in tal senso Cass. n. 22191/2020; Cass. n. 17237/2011; Cass. n. 12098/1995; Cass. n.3286/1975), seguita anche dall’impugnata sentenza, il mancato reperimento del testamento olografo giustifica la presunzione che il testatore l’abbia distrutto, essendosi affermato che “Il fatto che una scheda testamentaria, di cui si affermi o si provi, /esistenza in un periodo precedente alla morte del de cuius, sia divenuta irreperibile pone in essere una presunzione di revoca, nel senso che possa essere stato lo stesso testatore a distruggerla a fini di revoca”, per cui come ritenuto dai giudici di primo e di secondo grado, essendo stata affermata l’esistenza prima della morte di Gr.Be. dell’originale del testamento olografo di Gr.Be., poi pubblicato in copia dal notaio To.Lo. il 15.3.2016, e non essendo stato reperito tale originale, operava senz’altro la presunzione di revoca di quel testamento prevista dall’art. 684 cod. civ. L’impugnata sentenza, per stabilire come tale presunzione potesse essere superata, ha opportunamente richiamato la sentenza di questa Corte del 14.10.2020 n. 22191, travisandone però in prosieguo il significato.
La Corte d’Appello di Venezia ha infatti ritenuto che la prova della perdita fortuita dell’originale del testamento olografo, avvenuta senza alcun concorso della volontà del testatore Gr.Be., potesse ritenersi acquisita in virtù:
a) della mancata contestazione della copia del testamento olografo oggetto di pubblicazione all’originale;
b) dell’attestazione di conformità della copia all’originale da parte dello stesso defunto desunta dalle firme al medesimo attribuite sulla copia poi pubblicata e delle dichiarazioni rese dal notaio in sede di pubblicazione;
c) dei codicilli autentici firmati da Gr.Be. che al testamento olografo poi pubblicato in copia facevano solo generico riferimento;
d) delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal notaio To.Lo., secondo le quali un originale in tutto conforme alla copia del testamento, poi pubblicata, in precedenza consegnatogli dal de cuius, l’avrebbe portato con sé l’8.10.2005 presso l’abitazione di Gr.Be., in occasione del ritiro dell’originale del codicillo integrativo, datato 4.10.2005, inserendolo in una cartellina in seguito smarrita col suo contenuto; e) delle testimonianze delle dipendenti dello studio notarile, Ca.Il. e Ro.St., che pur avendo assistito solo alla pubblicazione della copia del testamento, avvenuta presso quello studio il 15.3.2016, avevano confermato, in base a quanto dichiarato loro dal notaio-datore di lavoro, quanto dal medesimo riferito circa l’esistenza dell’originale del testamento e la conformità ad esso della copia pubblicata.
È opportuno partire dai principi esposti dalla menzionata sentenza n.22191/2020 di questa Corte, che sono i seguenti:
A) L’irreperibilità del testamento, di cui si provi l’esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l’onere di provare che esso “fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore” oppure che costui “non ebbe intenzione di revocarlo”;
B) La prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova dell’esistenza del testamento al momento della morte (ciò che darebbe la certezza che il testamento non è stato revocato dal testatore), ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore stesso;
C) È ammessa anche la prova che la distruzione dell’olografo da parte del testatore non era accompagnata dall’intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute;
D) In presenza di una copia informale dell’olografo, il mancato disconoscimento della conformità all’originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca;
E) Ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento le norme dell’art. 2724 c.c., n. 3 e art. 2725 c.c., sui contratti. E quindi ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull’esistenza del testamento, purché beninteso la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento.
Anzitutto va escluso, per contrasto col principio riportato alla lettera D), il rilievo probatorio attribuito dall’impugnata sentenza alla mancata contestazione della copia del testamento olografo oggetto di pubblicazione all’originale, che sarebbe potuto risultare rilevante solo una volta superata la presunzione di revoca del testamento olografo non reperito e quindi distrutto di cui all’art. 684 cod. civ.
In secondo luogo, nessun valore ai fini della prova dello smarrimento del testamento olografo originale di Gr.Be. avvenuto fortuitamente, e comunque senza concorso della volontà del testatore, può essere attribuito alle firme che il predetto avrebbe apposto sulle pagine della copia oggetto di pubblicazione per attestarne la conformità all’originale, che non sono state fatte oggetto di alcuna verifica e non presuppongono necessariamente che l’originale sia andato smarrito, risultando ben possibile che il de cuius abbia, per generica cautela, deciso di lasciare una copia del testamento olografo nella disponibilità della beneficiaria, a prescindere dalla perdita dell’originale, ma a ciò va aggiunto che i requisiti dell’autografia e della data del testamento olografo richiesti dalla legge non possono essere surrogati da un’attestazione di conformità della copia all’originale asseritamente proveniente dallo stesso testatore, quasi che si trattasse di un pubblico ufficiale abilitato ad attribuire pubblica fede agli atti autenticati.
In terzo luogo, i codicilli integrativi certamente autentici di Gr.Be., contenenti un mero riferimento generico al testamento olografo integrato, non forniscono alcuna prova specifica sull’esistenza e sul successivo smarrimento di un testamento olografo di contenuto conforme alla copia oggetto di pubblicazione notarile.
Quanto alle dichiarazioni rese dal notaio To.Lo., la Corte d’Appello ha riconosciuto ad esse valenza confessoria, in quanto il predetto ha ammesso il fatto a sé sfavorevole dello smarrimento del testamento che l’8.10.2005 avrebbe portato con sé presso l’abitazione di Gr.Be. inserendolo in un fascicolo poi inavvertitamente smarrito, ed ha ritenuto di poter attribuire quel valore alle dichiarazioni anche in ordine all’esistenza alla data dell’8.10.2005 dell’originale del testamento ed alla conformità di esso alla copia che in seguito il notaio ha fatto oggetto di pubblicazione.
Se però per quanto riguarda lo smarrimento del testamento, costituente un fatto sfavorevole, alle dichiarazioni del notaio poteva attribuirsi valore confessorio rispetto alle richieste risarcitone per responsabilità professionale contro di lui avanzate, in ordine all’esistenza dell’originale del testamento ancora alla data in cui il notaio si era recato presso l’abitazione di Gr.Be. che voleva parzialmente modificare le proprie volontà testamentarie pregresse (8.10.2015), portando con sé in un fascicolo quell’originale, ed alla conformità di quell’originale alla copia poi oggetto di pubblicazione (riferita dal notaio anche nel verbale di pubblicazione al di fuori del perimetro di fidefacienza proprio del verbale), che non erano fatti sfavorevoli al notaio, essendo destinati ad incidere sulla domanda di nullità del testamento olografo in copia oggetto di pubblicazione, avanzata a favore degli eredi legittimi e contro i beneficiari del testamento, alla quale il notaio era estraneo, quelle dichiarazioni non potevano certo avere valore di confessione, e quindi di prova legale ai sensi dell’art. 2733 cod. civ.
In realtà la stessa Corte d’Appello, pur definendo confessorie quelle dichiarazioni, non ha attribuito ad esse valore di prova legale per la loro interezza, ed ha ritenuto necessario corroborarle, in punto di esistenza dell’originale del testamento e di conformità ad esso della copia poi oggetto di pubblicazione notarile, con le testimonianze rese dalle dipendenti dello studio notarile, Ca.Il. e Ro.St.
In disparte la valutazione dell’attendibilità delle suddette testimoni in relazione al loro rapporto di dipendenza rispetto al notaio ed al lungo tempo trascorso dai fatti alla loro deposizione, che non compete a questa Corte, essendo riservata al giudice di merito, quel che è certo è che esse hanno solo assistito alla pubblicazione della copia del testamento di Gr.Be. da parte del notaio To.Lo., avvenuta presso il suo studio il 15.3.2016, mentre non erano presenti l’8.10.2005 presso l’abitazione di Gr.Be. allorché il notaio vi si sarebbe recato per ritirare il codicillo integrativo del 4.10.2005 ed avrebbe portato con sé l’originale del testamento olografo inserendolo in una cartellina, che poi in seguito sarebbe andata inavvertitamente smarrita.
Ne deriva che, a tutto concedere, le suddette testimoni hanno solo potuto ripetere quanto loro riferito dal notaio in occasione della pubblicazione della copia del testamento il 15.3.2016, che è evidentemente privo di qualsiasi valore probatorio trattandosi di informazioni fornite da una parte in causa del giudizio, il notaio To.Lo., che peraltro ben sapeva che poteva essere chiamato a risarcire i danni per lo smarrimento ed aveva quindi tutto l’interesse, per non incorrere in una futura responsabilità professionale, a sostenere non solo di avere avuto la disponibilità dell’originale del testamento olografo di Gr.Be., ma anche la conformità ad esso della copia pubblicata. La circostanza che le due testimoni abbiano reso dichiarazioni concordanti con quanto dichiarato dal notaio, non può quindi costituire conferma dell’attendibilità delle dichiarazioni di To.Lo., come invece ritenuto dalla Corte d’Appello, circa l’esistenza dell’originale del testamento olografo di Gr.Be. e circa la conformità ad esso della copia fatta oggetto di pubblicazione da parte di quel notaio il 15.3.2016. Si tratta infatti non solo di deposizioni de relato e non di testimonianze dirette, ma di deposizioni basate sulle dichiarazioni rese in proprio favore da una delle parti in causa, il notaio To.Lo., che a loro volta in quanto non confessorie, devono ritenersi totalmente prive di valore probatorio. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la testimonianza de relato basata sulle dichiarazioni rese da una parte deve ritenersi priva di qualunque valore probatorio (vedi Cass. 21.5.2024 n. 14030; Cass. 15.1.2015 n. 569; Cass. 3.4.2007 n. 8358; Cass. 5.1.1998 n.43), o al più può assumere valore probatorio se sostenuta da altri elementi probatori oggettivi (Cass. 8.2.2006 n.2815; Cass. 29.11.1986 n. 7062; Cass. 19.4.1971 n. 1121; Cass. 16.3.1971 n. 735), che evidentemente non possono essere rappresentati dalle dichiarazioni della parte che è stata fonte della notizia riferita dal teste de relato, né da attestazioni di conformità della copia all’originale del testamento olografo attribuite al defunto che non possono sostituire la forma del testamento olografo smarrito, né da codicilli in originale a firma del de cuius che al testamento olografo originale si riferiscono solo genericamente senza riprodurne integralmente il contenuto.
L’accoglimento del ricorso principale fa sì che nel giudizio di rinvio debbano essere riesaminate le domande di risarcimento danni per responsabilità professionale contro il notaio To.Lo. avanzate da Gr.Sa. e Be.Ma., in accoglimento del loro ricorso incidentale, e sempre in sede di rinvio saranno regolate anche le spese processuali del giudizio di legittimità in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, accoglie il ricorso principale, accoglie conseguentemente il ricorso incidentale di Gr.Sa. e Be.Ma., cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2025.