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Cassazione civile, sez. II, 16 marzo 2010, n. 6352

Redazionedi Redazione16 Marzo 2010
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Fatto
Con atto di citazione del 10-9-1999 L.R. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trento la S.r.l. Predium e la S.p.a. Finemiro Banca chiedendo dichiararsi, nei confronti della prima, la declaratoria di invalidità del contratto preliminare recante la proposta di acquisto effettuata dall’esponente avente ad oggetto una quota di multiproprietà del complesso residenziale (OMISSIS) e, nei confronti della seconda, l’invalidità del contratto di finanziamento stipulato al fine di compiere il predetto acquisto.
L’attore a sostegno della domanda lamentava l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto di acquisto, e pertanto chiedeva la condanna solidale delle convenute al pagamento della somma di L. 2.623.000 e la condanna della Finemiro Banca alla restituzione di 9 assegni tratti sulla Comit di L. 1.392.000 ciascuno, ed in subordine la condanna della Predium alla restituzione della somma di L. 27.753.000.
La Predium, costituendosi in giudizio, contestava la domanda, e sosteneva che la proposta di acquisto del L. era irrevocabile in quanto l’unità abitativa era individuata dal numero (OMISSIS) per la settimana n. 13 dal 27/3 al 2/4 di ogni anno.
La Finemiro Banca, pure costituitasi in giudizio, eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale di Trento in favore di quello di Bologna, poiché il contratto sottoscritto prevedeva espressamente quel foro, e nel merito chiedeva la condanna del L. al pagamento della somma dovuta per l’acquisto dell’immobile.
Con sentenza del 18-7-2002 il Tribunale adito dichiarava la competenza territoriale del Tribunale di Bologna quanto al rapporto L. – Finemiro Banca mentre, con riferimento al rapporto L. – società Predium, ritenuta la propria competenza, rigettava la domanda attrice.
Proposta impugnazione da parte del L. cui resistevano la società Predium e la Finemiro Banca che proponeva altresì appello incidentale, la Corte di Appello di Trento con sentenza del 9-4-2004 ha respinto l’appello del L. nei confronti del capo 2 della sentenza appellata relativo ai rapporti tra l’appellante principale la S.r.l. Predium e, in riforma del capo 1 della sentenza stessa, dichiarata la competenza del Tribunale di Trento, in accoglimento dell’appello incidentale ha condannato il L. al pagamento delle spese del grado in favore della Predium.
Successivamente la Corte territoriale su ricorso ex art. 288 c.p.c., della Finemiro Banca ha integrato il dispositivo della suddetta sentenza condannando il L. alla restituzione in favore della Finemiro Banca della somma di Euro 14.514,18 comprensiva di rate scadute e non pagate con gli interessi legati dalla domanda al saldo.
Per la cassazione di tale sentenza il L. ha proposto un ricorso affidato a due motivi cui la s.r.l. Predium e la s.p.a. Finemiro Banca hanno resistito con separati controricorsi; il L. e la Finemiro Banca hanno successivamente depositato delle memorie.
Diritto
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 e 1418 c.c., nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver confermato il rigetto della domanda introdotta dall’esponente di accertamento della nullità della proposta di contratto preliminare per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto.
Il L. rileva sotto un primo profilo che la Corte territoriale si è limitata ad analizzare in maniera approssimativa l’aspetto meramente sostanziale del diritto di muttiproprietà ed ha tralasciato di approfondire la natura giuridica dello stesso e, conseguentemente, di indicare gli elementi necessari all’individuazione dell’oggetto del contratto impugnato; al riguardo, accedendo all’orientamento maggioritario che configura la multiproprietà come una figura atipica di comunione, è possibile affermare che la coesistenza sulla medesima cosa dell’uguale diritto di più persone si realizza mediante la scomposizione della cosa stessa in una pluralità di quote, cosicché la quota stessa è una frazione ideale, determinata aritmeticamente, per determinare l’oggetto stesso della comunione di ciascun compartecipe; pertanto l’oggetto del contratto di vendita di un immobile in multiproprietà non potrà che essere la quota ideale medesima; orbene nella fattispecie il giudice di appello ha errato nel valutare quale fosse effettivamente l’oggetto del contratto “de quo”.
Il ricorrente sostiene al riguardo che, contrariamente all’assunto della sentenza impugnata, la proposta di contratto per cui è causa non aveva ad oggetto l’intera unità abitativa ivi indicata – ovvero l’appartamento n. (OMISSIS) per la settimana n. 13 presso il (OMISSIS) – bensì una semplice quota dell’unità medesima, come emergeva del resto anche da diversi elementi di carattere testuale; senonché tale proposta di contratto prescindeva da una precisa indicazione di detta quota e dall’individuazione di criteri che ne consentissero comunque la determinazione, considerato che in essa non era stato definito il numero effettivo di millesimi che ne costituivano l’oggetto, Né era stato determinato il criterio per una futura quantificazione della distribuzione dei millesimi tra i diversi compartecipi, rendendo di fatto impossibile la quantificazione della quota oggetto del contratto medesimo, con la conseguente mancanza di determinazione delle spese condominiali, di quelle relative alla comunione dell’appartamento, della misura della proprietà in caso di perimento dell’edificio, e così via.
Il Lami quindi conclude che, attesa l’assoluta impossibilità di definire quantitativamente l’oggetto del contratto “de quo”, quest’ultimo era nullo ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c..
La censura è fondata.
La sentenza impugnata, premesso che il contenuto del diritto di comproprietà si sostanzia nell’attribuzione ogni anno in favore del multiproprietario del godimento pieno ed esclusivo di un immobile per un lasso di tempo della durata minima di sette giorni, ha rilevato che nella fattispecie il L. aveva avuto la possibilità di conoscere il periodo di godimento ed il numero dell’unità immobiliare a lui riservata con allegata planimetria del complesso immobiliare, cosicché la domanda di declaratoria di nullità del contratto preliminare per cui è causa per asserita indeterminatezza dell’oggetto era destituita di fondamento.
Tale convincimento non può essere condiviso.
Occorre premettere che nuove esigenze di carattere economico – sociale sono alla base della nascita della multiproprietà immobiliare, caratterizzata dal diritto di godimento turnario di un medesimo bene da parte di una pluralità di soggetti.
Tale fenomeno è stato comunemente ricostruito in dottrina in termini di trasferimento, da parte del soggetto proprietario di un determinato complesso immobiliare, di una quota di comproprietà di una stessa unità immobiliare compresa in tale complesso ad ogni singolo acquirente con il vincolo perpetuo di uso turnario tra i vari acquirenti in periodi predeterminati e ciclici con vincolo di immodificabilità della destinazione e di indivisibilità della cosa.
È stato poi evidenziato, alla luce dei diversi schemi negoziali attraverso cui la multiproprietà viene disciplinata nella prassi, un riferimento costante alla comunione e, limitatamente alle parti ed ai servizi in comune a tutti i multiproprietari, al condominio.
Non appaiono invece appaganti altre ricostruzioni dell’istituto della multiproprietà sollecitate dalla novità della tendenza all’adozione nella realtà economico – sociale del criterio turnario per regolare il godimento tra più soggetti di un determinato bene; sotto tale profilo non può condividersi in particolare l’orientamento che riconduce il fenomeno in esame ad un atto di autonomia privata diretto a costituire un nuovo diritto reale in quanto in evidente contrasto con il principio vigente nel nostro ordinamento giuridico del “numerus clausus” dei diritti reali; neppure sembra convincente la configurazione della multiproprietà come una forma di proprietà temporanea, posto che, pur a prescindere dall’ammissibilità di tale istituto nel nostro ordinamento dove il diritto di proprietà è disciplinato come perpetuo, il carattere turnario del godimento non da luogo ad una proprietà limitata nel tempo ma semmai ciclica.
Orbene sulla base di queste premesse sistematiche che inducono ad attribuire decisivo rilievo alla individuazione della quota come concreta ed effettiva entità della partecipazione di ciascun comproprietario al godimento dell’alloggio oggetto di comproprietà, si osserva che il giudice di appello, limitandosi in proposito a fare riferimento alla previsione nel contratto preliminare per cui è causa ad un preciso periodo di godimento dell’unità immobiliare riservata al L., non ha considerato che la misura della partecipazione di quest’ultimo alla suddetta multiproprietà poteva essere espressa soltanto dalla individuazione della quota di sua pertinenza, come è confermato del resto dal fatto che nella proposta contrattuale il cui contenuto è stato trascritto nel ricorso era stato indicato come suo oggetto la “quota di partecipazione indivisa”, la proprietà della quota millesimale” e “la proprietà della quota di partecipazione” senza peraltro che risultassero indicati i criteri per la determinazione della quota stessa; tali criteri poi non possono certo essere espressi soltanto nel contratto definitivo, posto che, dovendo il contratto preliminare contenere tutti gli elementi essenziali del futuro contratto definitivo, è evidente che tra di essi deve essere compresa la quota nella sua effettiva misura, o comunque debbono essere contemplati i criteri per la sua concreta determinazione millesimale, atteso che il godimento turnario dello stesso alloggio da parte dei vari comproprietari in diversi periodi dell’anno incide sulla entità delle rispettive quote di pertinenza (non avendo la stessa incidenza sul piano del godimento di un bene sito ad esempio in una località marina averne la sua disponibilità in una settimana compresa nei mesi di luglio od agosto o piuttosto in altri periodi dell’anno) con i suoi inevitabili riflessi in particolare sul relativo prezzo di vendita e sulla entità della partecipazione alle spese comuni; di qui pertanto la conseguenza che la quantificazione della misura della suddetta quota o comunque la previsione negoziale dei criteri in base ai quali determinarla incidono sulla determinatezza o meno dell’oggetto del contratto stesso.
In definitiva per le considerazioni esposte si impone un nuovo esame di tale decisivo aspetto della controversia in sede di rinvio.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata perché, pur avendo parzialmente accolto l’appello principale affermando la competenza del Tribunale adito in merito all’esame del rapporto di finanziamento tra l’esponente e la Finemiro Banca, ha condannato il L. al pagamento delle spese del giudizio di appello nei confronti di entrambe le società appellate.
Tale motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Pertanto la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Trento.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2010

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