Cassazione civile, sez. II, 12 gennaio 2023, n. 734
1. Il Ministero della Giustizia ricorre avverso la decisione collegiale della Corte d’appello di Perugia, la quale, parzialmente accolta l’opposizione del Ministero, determinò in Euro 3.369,91, l’equo indennizzo dovuto a G.F. per la non ragionevole durata d’una procedura fallimentare.
Il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della l. n. 89/2001, art. 2bis, comma 1 bis, per avere l’impugnato decreto reputato non applicabile la norma in parola nelle procedure fallimentari. Norma, la quale prevede che “La somma può essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo presupposto sono più di cinquanta”.
L’interpretazione del Giudice del merito, secondo il ricorrente, si poneva in contrasto con la “ratio” della norma, introdotta con la l. n. 308/2015, la quale mira a ridurre l’indennizzo ove il ritardo possa essere dipeso anche dall’elevato numero di parti.
2. La doglianza non è condivisa dal Collegio.
La normativa tiene conto, al fine di quantificare l’indennizzo, del parametro della complessità della causa già all’art. 2, il quale dispone al comma 2 “Nell’accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione”.
Il comma aggiunto individua la categoria dei processi con plurimi soggetti, pur se riguardanti una sola delle parti.
Nelle procedure fallimentari è fisiologico che la massa dei creditori sia numerosa, se non imponente e proprio per questa ragione il giudice della “Pinto” può ben mitigare l’indennizzo tenendo conto della complessità della procedura, generata dall’elevato numero d’istanti.
La novella di cui al comma 1-bis dell’art. 2bis può trovare applicazione nel caso in cui, siccome indicato dalla decisione impugnata, l’istanza d’ammissione al passivo da esaminare risulti concernere una pluralità di creditori, il che potrebbe ulteriormente complicare il processo, imponendo vaglio e discrimine delle singole posizioni, ma non per il caso “ordinario” del procedimento fallimentare, fisiologicamente interessante una pluralità di creditori.
Circostanza, questa, come si è detto, certamente valutabile ai sensi del comma 2 del già menzionato art. 2 e puntualmente prevista dalla legge (art. 2, comma 2bis), la quale, proprio per la peculiare complessità delle procedure concorsuali ne individua in sei anni la durata ragionevole.
Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: “la riduzione di cui alla l. n. 89/2001, comma 1bis dell’art. 2bis, , non si applica alle procedure concorsuali, salvo l’ipotesi che il richiedente l’indennizzo risulti essersi insinuato al passivo con istanza riguardante una pluralità di altri soggetti, nella misura prevista dalla norma, fermo restando che il numero complessivo dei creditori interessati alla procedura ben può costituire parametro di riduzione per la complessità della stessa, ai sensi dell’art. 2, comma 2 della medesima legge”; si veda in senso conforme e con argomenti in buona parte sovrapponibili, Cass. n. 25181/2021.
Non v’è luogo a statuizione sul capo delle stesse essendo rimasta la controparte intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.