Fatto
Con atto di citazione ritualmente notificato V.C. conveniva davanti al Tribunale di Parma, C.F. e la S.A.I. s.p.a. per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a seguito di un incidente stradale, a suo avviso imputabile allo stesso C..
I convenuti eccepivano l’improponibilità della domanda attrice per violazione della L. n. 990 del 1969, art. 23, in quanto non era stato convenuto in giudizio C.L. proprietario dell’auto coinvolta nel sinistro e nel merito ne chiedevano il rigetto.
Integrato il contraddittorio nei confronti di C.L., il Tribunale di Parma dichiarava esclusivo responsabile dell’incidente C.F. e condannava i convenuti al risarcimento dei danni in favore dell’attore nella misura di L. 498.351.705 oltre accessori, detratto l’acconto già percepito dall’attore.
Proponevano appello F. e C.L. e la S.A.I..
V. chiedeva il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. La Corte d’Appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava F. e C.L. e la S.A.I., in solido, al risarcimento del danno in favore di V.C. nella misura di L. 85.936.578 (Euro 44.382,54), confermando nel resto la decisione impugnata.
Propone ricorso per cassazione V.C. con due motivi.
Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale la Fondiaria – S.A.I..
Diritto
I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Con i due motivi del ricorso principale V.C. rispettivamente denuncia: 1. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, nonchè violazione e falsa applicazione di legge – artt. 2043, 2059, 2056 e 1226 c.c., – in punto alla liquidazione del danno biologico e morale sofferto dal V.C..;
2. Insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione degli artt. 2043, 2056, 1226 e 2057 c.c., relativamente alla determinazione del risarcimento del danno per spese future di assistenzaa.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta anzitutto l’inadeguatezza della motivazione dell’impugnata sentenza sia in relazione al danno biologico permanente, sia in relazione al danno morale e sottolinea che nella liquidazione dei danni alla persona il giudice del merito, pur potendo ispirarsi a criteri predeterminati quali le tabelle degli uffici giudiziari, deve necessariamente adeguare il risarcimento al caso concreto considerando varie circostanze fra le quali: la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l’età, le condizioni familiari e sociali del danneggiato. Sotto questo profilo il V. critica quindi l’adozione, da parte della Corte d’Appello, delle tabelle del Tribunale di Bologna e l’esclusivo riferimento, in motivazione, ai dati costituiti dall’età del danneggiato e dal grado di invalidità permanente, quali elementi di giudizio rilevanti in funzione dello sviluppo del calcolo aritmetico che ha poi condotto ad una liquidazione automatica, Particolarmente sintetica è poi, ad avviso del ricorrente, la motivazione della liquidazione del danno morale, fondata esclusivamente sul criterio aritmetico, in forza del quale il risarcimento è stato determinato in 1/2 del totale biologico. Tali criteri non sono invece condivisibili e la materia in oggetto deve considerarsi piuttosto governata dal principio costituzionale di effettività della tutela risarcitoria alla cui stregua il risarcimento del danno biologico e di quello morale non può essere irrisoria o simbolica. In questo quadro non può che considerarsi inadeguato, secondo il ricorrente, il coefficiente di capitalizzazione per la costituzione delle rendite vitalizie immediate di cui alla tabella allegata al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403; e ciò in ragione dell’aumento della vita media, della variazione dei tassi di interesse e della minore redditività del denaro. Di conseguenza, prosegue V., il giudice deve adeguare il risultato tabellare”, ai mutati valori reali dei due fattori posti a base delle stesse tabelle (durata della vita e saggio d’interesse), eliminando gli elementi distorsivi da obsolescenza già presenti in astratto in quel tipo di strumento. E una volta proceduto alla “attualizzazione” del criterio automatico il giudice dovrà procedere alla “personalizzazione” del relativo risultato, attività questa che è stata invece omessa dalla Corte d’Appello di Bologna.
Osserva altresì il ricorrente che dalla comparazione tra quanto liquidato dalla Corte d’Appello di Bologna con quanto, di regola, liquidato dagli altri uffici giudiziari sembra emergere l’ulteriore violazione del principio della c.d. uniformità pecuniaria di base del risarcimento del danno alla persona e l’omessa considerazione di un altro elemento rilevante costituito dalla gravità del reato commesso dal C. sotto il profilo della intensità dell’elemento soggettivo del danneggiante.
Il motivo merita accoglimento. La Corte d’Appello infatti, nell’applicare le tabelle locali disapplicando la valutazione compiuta dal Tribunale sulla base di un diverso valore-punto ha compiuto un duplice errore di valutazione che si risolve nella violazione del principio costituzionale protetto (C. Cost. 184/86) del risarcimento integrale della lesione della salute da illecito come debito di valore.
La valutazione integrale del danno può infatti avvenire attraverso l’utilizzazione di tabelle attuaria-li, ma essendo tale scelta affidata alla discrezionalità del giudice, la modificazione riduttiva non può condurre ad un mero automatismo valutativo senza una necessaria personalizzazione del danno, una volta che tale danno sia di rilevante entità (60%) su di un soggetto in età biologicamente avanzata e che dunque subirà un radicale mutamento delle condizioni di vita in conseguenza delle gravissime lesioni subite.
Occorre inoltre ricordare che, trattandosi di un investimento del pedone sulle strisce pedonali, la motivazione di circolazione stradale si ricava dall’art. 148 C.d.S., contenente la definizione analitica del danno biologico grave che esige da parte del giudice che in riforma della prima decisione riduce il danno, una precisa indicazione di tutti i criteri analitici previsti dalla legge.
Si aggiunge inoltre che risulta errata anche l’applicazione dei coefficienti di capitalizzazione del 1922 posto che il dato statistico della sopravvivenza deve essere considerato in concreto, in relazione alla qualità biologica del soggetto che era presumibilmente in vita al tempo della seconda decisione.
Tale coefficiente è generalmente reperibile dai dati statistici sulle speranze di vita nazionali.
Parimenti fondata è la censura sulla ridotta valutazione del danno morale. Quest’ultimo in relazione alla rilevante entità della lesione conserva un’autonomia ontologica di valutazione e pertanto non può essere liquidato pro quota in relazione al danno biologico in quanto la costituzione italiana non stabilisce il minor valore del danno morale rispetto alla valutazione del danno alla salute.
Il secondo motivo contesta che la determinazione delle spese di assistenza, necessarie per l’accertata non autosufficienza del V. al compimento degli atti quotidiani della propria vita, sia stata effettuata dalla Corte bolognese assumendo come parametri di riferimento la probabile durata della vita del danneggiato, calcolata alla data di verificazione dell’evento ed il coefficiente di capitalizzazione ad essa corrispondente, omettendo però di considerare che il V., al momento della decisione (novembre 2003) aveva già raggiunto l’età di 89 anni e quindi superato il probabile limite della sua vita secondo i parametri di cui al R.D. n. 402 del 1922.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invece, qualora la vita effettiva del danneggiato abbia superato il limite risultante dai parametri di cui al suddetto R.D. n. 403 del 1922, il criterio di liquidazione del danno attraverso la capitalizzazione di una rendita deve essere opportunamente corretto: una prima volta sulla base dell’elemento concreto costituito dal protrarsi della vita del danneggiato fino all’epoca della decisione (si tratta infatti di danno attuale e non futuro, esattamente accertabile); una seconda volta sulla base della presumibile vita futura del danneggiato dalla decisione in poi.
Secondo il ricorrente, invece,, la decisione impugnata: a) ha omesso di attualizzare; il criterio di liquidazione sia in funzione del fattore costituito dalla durata della vita, sia in funzione del fattore costituito dalla redditività del denaro; b) ha omesso di personalizzare il risultato astrattamente ottenibile in forza di quel criterio, adeguandolo al caso concreto.
Oggetto di critica del ricorrente è ancora la determinazione delle spese di assistenza in relazione alla sua accertata non autosufficienza ed al suo il bisogno di assistenza per il compimento degli atti della vita quotidiana. Sotto questo profilo egli critica quindi la scelta della Corte d’Appello di Bologna di assumere come parametro di riferimento la vita probabile del danneggiato alla data di verificazione dell’evento ed il coefficiente di capitalizzazione ad essa corrispondente, omettendo però di considerare il dato di fatto certo che, al momento della decisione (novembre 2003) l’attuale ricorrente aveva già maturato l’età di 89 anni e così superato, in concreto, il limite della vita probabile risultante dai parametri di cui al R.D. n. 402 del 1922. In conclusione sostiene il V. che avendo la sua vita senz’altro superato il dato ipotetico di quella media probabile, assunto per la determinazione del coefficiente di capitalizzazione, è errato sostenere l’abnormità e l’erroneità della liquidazione operata dal giudice di primo grado. Piuttosto, il limite risultante dai parametri di cui al R.D. n. 403 del 1922, deve essere corretto, sia sulla base dell’elemento concreto costituito dal periodo di vita del danneggiato protrattosi fino all’epoca della decisione – trattandosi di danno attuale e non futuro, esattamente accerta-bile -; quindi sulla base della presumibile vita futura del danneggiato, a partire dal di dalla decisione in poi.
A ciò si possono sommare le considerazioni svolte in precedenza circa l’obsolescenza dello strumento di capitalizzazione del danno acriticamente adottato dalla Corte di Appello e la contrarietà della decisione impugnata ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza della Cassazione. In sintesi, la decisione impugnata: a) ha omesso di attualizzare il criterio di liquidazione sia in funzione del fattore costituito dalla durata della vita, sia in funzione del fattore costituito dalla redditività del denaro; b) ha omesso di personalizzare il risultato astrattamente ottenibile in forza di quel criterio, adeguandolo al caso concreto.
Anche il secondo motivo del ricorso è giuridicamente fondato e deve essere accolto, non essendo giustificata la riduzione da L. 162.000.000 a L. 71.000.000 operata dalla Corte bolognese (pp. 8 – 9 della motivazione) e spettando al danneggiato stabilire gli stili di vita e di assistenza sanitaria così come scegliere l’assistenza domiciliare anzichè un ricovero nella casa di riposo.
La motivazione dell’impugnata sentenza è dunque inadeguata e conduce alla ingiusta riduzione del danno patrimoniale futuro in relazione alla natura permanente di tale danno, alla probabile crescita delle spese future ed alla decadenza biologica determinata dalle lesioni.
L’accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
Con il ricorso incidentale la Fondiaria – Sai denuncia Violazione dell’art. 112 c.p.c., (omissione di pronuncia) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 44.
Sostiene la ricorrente incidentale che la Corte di Appello di Bologna, nell’emanare lei sentenza n. 1147/03 ha violato l’art. 112 c.p.c., sotto il profilo della omessa pronuncia su una domanda da essa espressamente proposta. Secondo la ricorrente incidentale l’omissione di pronuncia attiene al mancato computo dei pagamenti intervenuti in corso di causa nella liquidazione dell’importo totale dovuto al V.. Per tale ragione la Fondiaria S.a.i. chiede quindi che questa Corte, rigettato il ricorso proposto da V.C. ed in accoglimento del ricorso incidentale di cassare la sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito per le necessarie e conseguenti deliberazioni.
Il ricorso appena illustrato, alla luce di quanto esposto e deciso per il ricorso principale, non può che considerarsi assorbito.
La Corte d’Appello di Bologna alla quale si rinvia la causa deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale. Dichiara assorbito l’incidentale e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2008