SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Associazione professionale Studi medici e odontoiatrici F. – M., in persona dei suoi componenti F.G. e M. M., conveniva, davanti al pretore di Milano, C.L. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L.. 1.000.000 per prestazioni professionali eseguite.
Si costituiva il C. che si opponeva alla domanda proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale, con la richiesta di condanna dell’attrice al risarcimento dei danni subiti in conseguenza delle cure odontoiatriche erroneamente prestate.
Il pretore, “ritenuta la necessità che i dott.ri F.G. e M.M., attori nella loro qualità di componenti dell’Associazione Professionale Studi Medici Odontoiatrici F. – M., partecipino al giudizio anche a titolo personale” disponeva la loro chiamata in causa, alla quale, provvedeva il convenuto C..
Il M., costituendosi, eccepiva la nullità dell’atto di citazione e la propria carenza di legittimazione passiva; il F. restava contumace.
Il giudice di pace, con sentenza del 19.10.2000, respingeva “tutte le domande formulate dall’attrice e dal terzo chiamato” e condannava “l’Associazione Professionale Studi medici Odontoiatrici F. – M.” in persona dei suoi componenti F.G. e M.M., in solido con i terzi chiamati dr. F.G. e dr. M. M. al pagamento a favore del sig. C.L., a titolo di risarcimento danni (del)la complessiva somma di L. 2.700.000, oltre gli interessi legali…”.
L’Associazione Professionale e M.M. proponevano appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata.
Si costituivano il C. ed il F., che proponeva anche appello incidentale.
Il tribunale di Milano, con sentenza del 25.7.2003, dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell’Associazione Professionale Studi medici odontoiatrici F. – M. in ordine alla domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti, in via riconvenzionale, dal C. confermando, nel resto, la sentenza impugnata.
Hanno proposto ricorso principale per Cassazione il M. affidandosi a sei motivi; ricorsi incidentali, l’Associazione Professionale Studi medici odontoiatrici F. – M. affidandosi a quattro motivi; il C. affidandosi a quattro motivi; ricorso incidentale – indicato come condizionato – il F. affidandosi a cinque motivi.
Resiste con tre controricorsi, il primo al principale, il secondo a quello incidentale proposto dalla Associazione professionale, il terzo a quello incidentale proposto dal F., il C..
Il M., l’Associazione Professionale Studi medici odontoiatrici F. – M. ed il C. hanno anche presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la nullità della chiamata in causa ai sensi e per gli effetti dell’art. 163 bis c.p.c., nonché delle sentenze sia di primo che di secondo grado, per omessa statuizione in merito alla suesposta eccezione in disapplicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 359 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. e/o 4.
Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione e/o extrapetizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 c.p.c., nonché delle sentenze sia di primo che di secondo grado, per omessa statuizione in merito alla suesposta eccezione in disapplicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 359 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. e/o 4.
Con il terzo motivo denuncia la illogicità manifesta della motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il quarto motivo denuncia la insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione alla condanna del dott. M.M. al risarcimento del danno ai sensi e per gli effetti dell’art. 2236 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il quinto motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norma di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine all’art. 2236 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il sesto motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norma di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine all’art. 115 e 209 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la Associazione Professionale Studi Medici Odontoiatrici F. – M. denuncia la illogicità manifesta della motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, e comunque insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione alla ritenuta inefficacia delle cure mediche prestate dal dott. M. nell’ambulatorio dell’Associazione Professionale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2236 c.c. nonché dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il secondo motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norma di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine all’art. 2236 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il terzo motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norma di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine agli artt. 115 e 209 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il quarto motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norma di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine all’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato il F. denuncia la nullità della chiamata in causa del F. ai sensi e per gli effetti dell’art. 163 c.p.c., n. 3, nonché delle sentenze sia di primo che di secondo grado per omessa statuizione in merito alla su esposta eccezione in violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 356 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e/o 4.
Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza, per vizio di ultrapetizione o extrapetizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 c.p.c. nonché delle sentenze sia di primo che di secondo grado per omessa statuizione in merito alla suesposta, eccezione in disapplicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e dell’art. 359 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e/ 4.
Con il terzo motivo denuncia la omessa, insufficiente motivazione della sentenza circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il quarto motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norma, di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine all’art. 2236 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Con il quinto motivo denuncia la violazione – falsa applicazione di norme di diritto processuale su un punto decisivo della controversia in ordine agli artt. 115, 209 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
I primi due motivi del ricorso principale, riguardando questioni connesse, vanno esaminati congiuntamente ed unitamente ai primi due motivi del ricorso incidentale del F..
Essi sono fondati.
Invero, risulta dagli atti di causa che la chiamata in causa operata dal C. nei confronti personali dei due medici dott.ri F. e M., è stata effettuata iussu iudicis, senza che lo stesso C. assumesse nei loro confronti alcuna conclusione.
In tal caso il litisconsorzio meramente processuale, che si verifica quando vi è chiamata in causa, per ordine del giudice, di un terzo cui è ritenuta comune la controversia, impone la presenza in causa del terzo anche nei successivi gradi del giudizio, ma non comporta che a tale soggetto debbano ritenersi automaticamente estese, senza espressa manifestazione di volontà della parte interessata, le domande e le conclusioni formulate nei confronti di altri soggetti processuali.
Ne, a tal fine, può ritenersi che la generica richiesta di una pronuncia in contraddittorio anche del terzo chiamato in causa possa equivalere ad espressa formulazione di domanda contro lo stesso.
I principi in materia di estensione automatica della domanda, infatti, che con i limiti e le dovute precisazioni valgono in ipotesi di chiamata in causa ad istanza di parte (Cass. 8.6.2007 n. 13374;
Cass. 12.5.2003 n. 7273; e per un’ipotesi specifica v. anche S.U. 13.7.2007 n. 15756), non possono applicarsi in ipotesi di chiamata in causa per ordine del giudice, che, sul presupposto della comunanza di causa nei confronti del terzo. abbia ritenuto opportuno che il processo si svolga anche nei suoi confronti ai sensi dell’art. 107 c.p.c..
In tal caso, infatti, è necessaria, per il principio della domanda e per il principio dispositivo che vigono nell’ambito del processo civile, un’espressa manifestazione di volontà al riguardo; ciò che, nella specie, non è avvenuto.
Il C. ha, infatti, provveduto alla chiamata in causa dei dott.ri F. e M. personalmente senza proporre nei loro confronti alcuna domanda, né assumere alcuna conclusione, con ciò dimostrando una inequivoca manifestazione di volontà contraria all’estensione della domanda originariamente proposta nei confronti dell’Associazione professionale M. – F..
Ha, pertanto, errato il giudice del merito, incorrendo nel vizio di ultrapetizione di cui all’art. 112 c.p.c., nel ritenere che “con l’atto di chiamata di terzo il convenuto C. ha esteso nei confronti dei professionisti la domanda riconvenzionale risarcitoria svolta in principalità nei confronti dell’associazione”.
Gli ulteriori motivi del ricorso principale e di quello incidentale proposto dal F., in considerazione delle conclusioni raggiunte, vanno dichiarati assorbiti.
Con riferimento al ricorso incidentale proposto dall’Associazione Professionale M. – F., l’assorbimento del quarto, quinto e sesto motivo del ricorso principale proposto dal M. e del terzo, quarto e quinto motivo del ricorso incidentale proposto dal F., determina il rigetto del primo, secondo e terzo motivo di tale ricorso incidentale.
Anche il quarto motivo dello stesso ricorso, proposto in relazione all’avvenuta compensazione delle spese del giudizio di secondo grado fra l’Associazione professionale ed il C., va rigettato, posto che la compensazione delle spese per giusti motivi, senza necessità di indicarne i motivi – come nella specie, trattandosi di giudizio instaurato precedentemente alla modifica dell’art. 92 c.p.c., comma 2, operata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2) – è esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, salvo i casi in cui sia accompagnata da ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche, tali da inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto dal giudice di merito; ciò che non è avvenuto nella fattispecie concreta (Cass. 17.7.2007 15882).
E con riferimento all’art. 91 c.p.c., nessuna violazione ha commesso il giudice del merito che, in virtù della statuizione di rigetto della domanda proposta dall’Associazione professionale – statuizione che rimane ferma in questa sede -, ha ritenuto di compensare fra le stesse parti indicate, le spese del giudizio di appello.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il C. denuncia la erronea attribuzione della legittimazione attiva alla c.d.
Associazione Professionale con violazione dell’art. 100 c.p.c. e/o dell’art. 164 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c..
Il motivo non è fondato.
La legittimazione attiva riconosciuta alla Associazione Professionale Studi Medici Odontoiatrici F. – M. risiede nell’oggetto della domanda proposta nel giudizio di primo grado – di pagamento di una parcella per prestazioni professionali – in ordine al quale la legittimazione all’Associazione è stata riconosciuta dal giudice di merito sulla base delle seguenti considerazioni:
1) l’Associazione professionale è il soggetto giuridico delegato all’incasso dei corrispettivi per le prestazioni professionali rese personalmente dai medici dr. M. e dr. F. nell’ambito dell’associazione stessa;
2) quest’ultima, pertanto, è la responsabile fiscale con un conseguente suo interesse autonomo rispetto a quello degli associati, idoneo ad integrarne la legittimazione ad agire anche in proprio.
L’esattezza delle considerazioni esclude la fondatezza della censura.
Con il secondo motivo denuncia la omessa pronuncia della nullità, nel giudizio di appello. Della procura conferita in primo grado da entrambi i componenti della Associazione professionale F. – M..
Il motivo non è fondato.
Invero, risulta dagli atti (atto di citazione in appello contenuto nel fascicolo d’ufficio del tribunale ordinario di Milano) che la procura fu rilasciata ai difensori “giusta delega a margine del presente atto”, vale a dire dell’atto di citazione in appello e non, come indica il ricorrente incidentale “a margine dell’atto di citazione di primo grado”.
Ne consegue l’erroneità della censura.
Con il terzo motivo denuncia la omessa motivazione sull’eccezione pregiudiziale sollevata dall’appellato C. circa l’intervenuta decadenza dall’impugnazione per il dr. F.G., a sensi dell’art. 327 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo non è fondato.
A prescindere dall’oscurità della censura mossa, deve rilevarsi che l’appello incidentale del F., contenuto nella comparsa di risposta, risulta ritualmente proposto ai sensi dell’art. 343 c.p.c..
Con il quarto motivo denuncia la omessa, pronunzia sull’eccezione pregiudiziale del convenuto di decadenza, dall’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., anche dell’appellante dr. M.M..
Anche questo motivo non è fondato.
Invero, dall’atto di citazione in appello e dall’epigrafe della sentenza impugnata risulta chiaramente che l’impugnazione è stata proposta dall’Associazione Professionale Studi Medici Odontoiatrici F. – M. e dallo stesso dott. M.M.; con la conseguenza della infondatezza della censura proposta.
Conclusivamente, vanno accolti i primi due motivi dei ricorsi principale ed incidentale proposti dal M. e dal F. il cui ricorso, anche se indicato come condizionato, è giustificato da un interesse che ha per presupposto una situazione sfavorevole al ricorrente, ovverosia la soccombenza (Cass. 18.10.2006 n. 22346 ), e vanno dichiarato assorbiti gli altri.
Vanno rigettati i ricorsi incidentali proposti dall’Associazione professionale e dal C..
La sentenza va cassata senza rinvio in relazione ai motivi accolti e la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., può pronunciare nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e rigettare la domanda proposta dal C. nei confronti personali dei dott.ri M. e F..
L’esito complessivo del giudizio giustifica la compensazione delle spese fra tutte le parti.
P.Q.M.
LA CORTE Riunisce i ricorsi. Accoglie i primi due motivi dei ricorsi, principale proposto dal M. ed incidentale proposto dal F., dichiara assorbiti gli altri. Rigetta i ricorsi incidentali proposti dal C. e dall’Associazione Professionale M. – F.; cassa senza rinvio – in relazione ai motivi accolti – la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, rigetta la domanda proposta dal C. nei confronti personali di M. M. e F.G.. Compensa le spese del giudizio di cassazione fra tutte le parti.