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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Civile e procedura civile
Civile e procedura civile Sentenze

Cassazione civile, sez. lavoro, 18 maggio 2009, n. 11405

Redazionedi Redazione18 Maggio 2009
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Fatto
Il Tribunale di Bari, in accoglimento della domanda dell’attuale ricorrente, condannava l’Inps a corrispondere al medesimo assicurato la differenza tra il trattamento di disoccupazione spettante per l’anno 1998, in base alla retribuzione prevista per la qualifica posseduta dal ricorrente dal contratto collettivo integrativo di lavoro valevole per la provincia di Bari,e la prestazione di fatto di ricevuta, oltre accessori per il ritardo. Lo stesso giudice liquidava le spese del giudizio in favore del lavoratore in Euro 413,00 oltre accessori.
L’assicurato proponeva appello solo in ordine alla misura delle spese del giudizio, chiedendone la quantificazione in Euro 1,578,76.
La Corte d’appello di Bari accoglieva parzialmente l’appello. In difetto di una analitica liquidazione da parte del giudice di primo grado – che avrebbe dovuto provvedervi in mancanza di nota spese depositata dalla parte – la Corte provvedeva ad una compiuta liquidazione, rilevando che per il giudizio di primo grado erano dovuti Euro 65,57 per diritti di procuratore e Euro 370,00 per onorari, per un totale di Euro 435,57, oltre accessori. Nel procedere alla liquidazione escludeva che la causa fosse di valore indeterminabile, come sostenuto dall’appellante. Infatti l’istante aveva precisato di avere lavorato con la qualifica di operaio comune per complessive 102 giornate nel 1998 e di avere percepito l’indennità di disoccupazione calcolata sul salario medio congelato al 1995 anziché sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione provinciale. Applicando tali tariffe le differenze dovute non andavano oltre Euro 120-130 (e spesso erano inferiori), dato che notoriamente era ancora contenuto lo scarto tra i due parametri di riferimento, come peraltro la Corte aveva potuto constatare in tantissime cause aventi identico oggetto in cui si era provveduto a quantificare esattamente dette differenze. Pertanto con sicurezza il valore della causa era ricompreso nella fascia tabellare fino a Euro 258,23.
Le spese del giudizio di appello erano compensate con riferimento alla natura della controversia.
L’assicurato proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Inps ha depositato procura difensiva.
Diritto
Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., degli artt. 91 e 93 c.p.c. e vizi di motivazione. Si lamenta che le spese del giudizio di appello siano state compensate senza neanche fare riferimento alla ipotesi legale dei giusti motivi e comunque in assenza di indicazione di ragioni che possano ritenersi “giusti motivi”.
La censura è infondata, in quanto, anche in mancanza di un letterale riferimento all’ipotesi legale dei “giusti motivi”, risulta evidente che il giudice di appello proprio a tale facoltà di compensazione abbia inteso fare riferimento. E appare fuori tema anche la problematica relativa alla ammissibilità di una compensazione per giusti motivi solo genericamente motivata, in quanto nella specie vi è il riferimento alla natura della controversia, il quale nel contesto è interpretabile come riferimento all’oggetto e all’esito del giudiziosi appello, in cui le domande erano state solo molto parzialmente accolte e la piccola divergenza nella liquidazione delle spese da parte del giudice di primo grado è imputabile anche alla mancata produzione della nota spese, cioè ad un inadempimento della stessa parte ora ricorrente.
Il secondo motivo denuncia analoghi vizi di violazione di legge e di vizio di motivazione e inoltre violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e delle tariffe forensi approvate con D.M. n. 585 del 1995 e D.M. n. 127 del 2004. Si lamenta che le valutazioni circa il valore della causa non sono desunte dalle prove dedotte dalle parti né da fatti effettivamente qualificabili come notori, in quanto conosciuti da persone di media cultura in un dato tempo e luogo. Si sostiene anche che nella sentenza non sono indicati gli elementi di fatto necessari per determinare la somma di danaro dovuta dall’INPS. Anche questo motivo è infondato.
E’ opportuno ricordare che, affinché la causa possa ritenersi di valore indeterminabile, non è sufficiente che sia stata richiesta una condanna generica sull’”an”, potendo ravvisarsi l’indeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica. (Cass. n. 1118/1985, 7757/1999).
Nella specie le valutazioni circa il valore della causa appaiono compiutamente motivate con riferimento ai rilevanti dati di fatto.
Inoltre si è fatto ricorso ad una nozione di fatto notorio conforme ai relativi principi. Infatti quale fatto notorio va inteso il fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (cd.
notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività di persone di media cultura (cfr. Cass. 9001/2005, 4051/2007). Nel caso in esame si è fatto riferimento ad un fatto notorio per gli operatori interessati all’ambito dei trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori agricoli nella provincia di (OMISSIS). Non si è invece fatto ricorso alla conoscenza da parte del giudice di circostanze o vicende particolari. D’altra parte l’istituzione di sezioni specializzate negli uffici giudiziari è funzionale anche alla possibilità dei giudici addetti alle stesse di fare riferimento a massime di esperienza e fatti notori dei relativi settori di attività.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Nulla per le spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Inps.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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