RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza di cui si chiede la cassazione conferma, giudicando infondato l’appello degli attuali ricorrenti, la decisione del Tribunale di Treviso n. 293/2001, di rigetto della pretesa, avanzata nei confronti della Treviso servizi S.r.l., delle differenze retributive derivanti dal riconoscimento degli scatti biennali di anzianità con decorrenza dall’assunzione alle dipendenze del Comune di Treviso, essendo passati alle dipendenze della Treviso Servizi (società di gestione dei servizi di nettezza urbana e cimiteriali) con applicazione dell’art. 2112 c.c..
2. I giudici dell’appello, verificato che erano stati conservati ai dipendenti i livelli retributivi raggiunti alle dipendenze del Comune, anche in base all’anzianità di servizio, e che gli scatti previsti dal contratto collettivo erano stati fatti decorrere dal passaggio alle dipendenze della Treviso Servizi, ha ritenuto che il diritto agli scatti fosse sorto soltanto al momento del trasferimento della titolarità del rapporto di lavoro, non sussistendo il diritto in questione nell’ambito del rapporto di lavoro con il Comune, né potendosi considerare l’anzianità un diritto di per se, anche alla stregua della giurisprudenza comunitaria.
3. I lavoratori domandano la cassazione della sentenza sulla base di un unico motivo di ricorso, al quale resiste con controricorso la Treviso servizi Srl. Ricorrenti e resistente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., sostenendosi che la regola secondo cui, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano (primo comma dell’articolo), obbligava il nuovo datore di lavoro a considerare utile, ai fini degli scatti, l’anzianità di servizio maturata alle dipendenze dell’amministrazione comunale.
2. La Corte, rilevato che non si controverte sull’applicabilità dell’art. 2112 c.c. alla fattispecie (questione su cui si è formato il giudicato interno), giudica il ricorso fondato per quanto di ragione.
3. A norma dell’art. 2112 c.c., comma 1, sia nel testo originario che nel testo modificato dalla L. n. 428 del 1990, art. 47, la cessione ex lege del contratto di lavoro comporta il mantenimento dell’anzianità conseguita presso il precedente datore di lavoro e, con essa, un trattamento, non solo economico ma anche di carriera, non inferiore a quello dei colleghi (con pari anzianità e qualifica) dell’impresa cessionaria (Cass. 26 febbraio 1992, n. 2410; 16 marzo 1994, n. 2491; 5 giugno 1998, n. 5581).
4. Ai lavoratori che passano alle dipendenze dell’impresa acquirente si applica il contratto collettivo che regolava il rapporto di lavoro presso l’azienda ceduta solamente nel caso in cui l’impresa acquirente non applichi alcun contratto collettivo; in caso contrario (e tale evenienza è pacifica nella fattispecie), la contrattazione collettiva dell’impresa alienante è sostituita immediatamente ed in tutto da quella applicata nell’impresa acquirente anche se contenga condizioni peggiorative per i lavoratori rispetto alla prima (Cass. 2410/1992, cit.; 8 settembre 1999, n. 9545).
5. Ne consegue che il trattamento economico e normativo dei dipendenti ceduti doveva essere determinato sulla base delle clausole della contrattazione collettiva applicata presso la società Treviso servizi e tenendo conto dell’intera anzianità di servizio maturata alle dipendenze del Comune.
Doveva poi seguire l’indagine – e in tal senso l’accoglimento del ricorso è solo parziale – rivolta a verificare per ciascuno dei lavoratori il rispetto del divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito al tempo della cessione, ai fini del riconoscimento eventuale di assegno ad personam assoggettato al principio generale della riassorbibilità (vedi Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265).
6. Va, infine, osservato, che il richiamo alla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia Cee 14.9.2000, C. 0343/98), fatto dalla sentenza impugnata e ampiamente ripreso nel controricorso, non è pertinente.
La citata sentenza afferma il principio, generalmente condiviso, secondo cui l’anzianità non è di per se un diritto, ma serve a determinare specifici diritti che devono essere, di norma, salvaguardati dal cessionario.
In ogni caso, in tema di ordinamento comunitario, l’eventuale contrasto tra detto ordinamento e quello interno è inidoneo a produrre immediatamente effetti sul rapporto giuridico controverso allorquando venga in risalto il principio dell’inefficacia orizzontale delle direttive. Ne consegue in tal caso l’irrilevanza del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in merito all’interpretazione della direttiva. (Nella specie, relativa alla direttiva n. 187 del 1977 in materia di trasferimento d’azienda), irrilevanza che sussiste anche sotto il profilo che le direttive comunitarie sono dettate con finalità di tutela dei lavoratori e sono quindi cedevoli rispetto al diritto interno che, con valutazione in concreto, risulti più favorevole (Cass. 16 ottobre 2006, n. 22125).
7. Pertanto, in accoglimento per quanto di ragione del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra Corte di appello, designata in quella di Trieste, che dovrà decidere la causa applicando i principi di diritto enunciati ai numeri 3 e 4 e procedendo agli accertamenti di fatto specificati al n. 5; il giudice del rinvio provvedere anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Trieste.