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Sentenze Lavoro Previdenza

Cassazione civile, sez. lavoro, 18 marzo 2013, n. 6729

Avv. Gianluca Lancianodi Avv. Gianluca Lanciano5 Febbraio 2020
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Cassazione civile, sez. lavoro,18 marzo 2013, n. 6729

La Corte, premesso che con ricorso notificato il 19-20 novembre 2009, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha chiesto, con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata il 25 novembre 2008, con la quale la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato prescritto il suo credito contributivo nei confronti dell’avv. P.F. relativo agli anni 1987, 1988 e 1989 per complessivi Euro 1.612,28 di cui alla cartella di riscossione notificata a quest’ultimo nel 2002, preceduta da una comunicazione con raccomandata AR del 24 novembre 1999;
che l’avv. P.F. ha resistito alle domande con rituale controricorso;
che l’intimata Equitalia Gerit s.p.a. non ha svolto difese in questa sede;
rilevato che a norma della L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, comma 2, (concernente la riforma del sistema previdenziale forense), applicato dalla Corte territoriale al caso in esame con una interpretazione contestata dalla Cassa, dispone che “Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17” (ammontare del reddito professionale dichiarato ai fini dell’IRPEF per l’anno precedente) “e 23 “ (analogamente per l’IVA);
ritenuta inammissibile la censura di violazione dell’art. 252 disp. att. c.c., (quarto motivo), in quanto priva di specifico quesito di diritto, che, a norma dell’art. 366 bis c.p.c.. (applicabile al caso in esame, prima della sua abrogazione, ad opera della L. n. 69 del 2009, con effetto sui ricorsi per cassazione avverso le sentenze depositate dopo il 3 luglio 2009), deve concludere, a pena di inammissibilità, l’illustrazione di ogni motivo di diritto del ricorso per cassazione;
richiamata, quanto ai primi due motivi, la giurisprudenza di questa Corte, menzionata dalla sentenza impugnata, dal ricorso e dal controricorso (Cass. 7 aprile 2007 n. 9113), recentemente ribadita in sede di ordinanza ex art. 360 bis c.p.c., n. 1), del 16 marzo 2011 n. 6259, secondo la quale la L. n. 576 del 1980, art. 19, individua un distinto regime della prescrizione, a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa ovvero sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’esclusione del decorso del termine decennale (o quinquennale, in applicazione della L. n. 335 del 1995) mentre in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è riconducibile alla data di trasmissione alla Cassa previdenziale della menzionata dichiarazione;
ritenuta infondata la tesi interpretativa della Cassa secondo cui alla ipotesi di omessa dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della legge andrebbe equiparato il caso in cui la dichiarazione suddetta non sia conforme a quella effettuata ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, in quanto Né il tenore letterale delle norme Né la relativa ratio consentono tale lettura, che restringerebbe irrazionalmente l’ipotesi disciplinata dal secondo comma alle sole ipotesi di infedele dichiarazione IRPEF, che semmai sono più gravi e di più difficile accertamento rispetto a quella rilevabili con semplici controlli incrociati con l’anagrafe tributaria;
ritenuto pertanto di dare continuità all’orientamento di questa Corte sopra indicato, che non distingue tra le due ipotesi (identica non conformità al vero sia della dichiarazione IRPEF che di quella alla Cassa e non conformità della sola dichiarazione alla Cassa);
che nel caso in esame, in cui il primo atto interruttivo della prescrizione quinquennale (a norma della L. n. 335 del 1995, art. 3, ritenuta generalmente applicabile anche ai termini di prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa) dei contributi dovuti per gli anni 1987, 1988 e 1989 dall’avv. P. – che per tali redditi ha presentato la dichiarazione IRPEF in ciascuno degli anni successivi – è intervenuto con la comunicazione della Cassa di previdenza di cui alla lettera raccomandata A.R. del 24 novembre 1999, correttamente la Corte territoriale ha dichiarato estinti per prescrizione i relativi crediti della cassa;
ritenuto infondata la deduzione formulata dalla Cassa con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378, secondo la quale la recente L. n. 247 del 2012, art. 66, (entrata in vigore il 2 febbraio 2013) nello stabilire “La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense” opererebbe l’interpretazione autentica della norma che richiama, con efficacia pertanto anche in ordine alle situazioni precedenti e non ancora consolidate;
rilevato, infatti che nella norma non è reperibile alcun indice rivelatore dell’intenzione del legislatore di procedere ad una interpretazione autentica della disciplina del 1995, sicché la nuova normativa va applicata unicamente per il futuro nonché alle prescrizioni non ancora maturate secondo il regime precedente;
ritenuto infine che il terzo motivo di ricorso sia assorbito dalle argomentazioni svolte;
che, concludendo, il ricorso vada pertanto respinto, con le normali conseguenze anche in ordine al regolamento delle spese del giudizio, da effettuare sulla base dei parametri di cui al recente D.M. n. 140 del 2012.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ed Equitalia Gerit s.p.a. a rimborsare a P.F. le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 1.050,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013

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