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Cassazione civile, sez. unite, 24 luglio 2018, n. 19654

Redazionedi Redazione14 Settembre 2018
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Cassazione civile, sez. unite, 24 luglio 2018, n. 19654

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana ha citato il sig. C.B. – quale legale rappresentante della società Arete s.r.l. – avanti alla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana per ivi sentirlo condannare al pagamento di somma in favore del Comune di Rosignano Marittimo, a titolo di danno erariale corrispondente all’ammontare dell’imposta di soggiorno dall’Hotel (OMISSIS) incassato dai clienti negli anni 2012 e 2103 e successivamente non versato al Comune.
Il C. propone ora regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., affidato ad unico motivo, illustrato da memoria, chiedendo dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.
Resiste con controricorso la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana.
Con requisitoria scritta del 27/6/2017 il P.G. presso la Corte Suprema di Cassazione ha chiesto dichiararsi la giurisdizione della Corte dei Conti.

MOTIVI DELLA DECSIONE
Con unico motivo il ricorrente denunzia difetto di giurisdizione della Corte dei Conti “a conoscere del danno provocato da un albergatore che non versa all’Amministrazione comunale quanto gli viene versato a titolo di imposta di soggiorno” dai clienti.
Si duole che l’albergatore sia stato considerato, alla stregua di quanto ritenuto dalle Sezioni riunite della Corte dei Conti, “agente contabile” in ragione della circostanza che “la norma primaria che ha istituito l’imposta di soggiorno ha posto a carico del turista questa imposta senza nulla disporre in punto di modalità di riscossione della stessa”, sicché “l’obbligazione tributaria si perfeziona esclusivamente fra il turista e l’amministrazione locale mentre l’albergatore non ne è parte perché la riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost., non consente di estendere a suo carico le obbligazioni che la norma primaria pone a carico del turista”, con la conseguenza che l’”albergatore… sarebbe incaricato della riscossione dai regolamenti comunali che disciplinano l’imposta e acquisterebbe la qualifica di agente contabile”.
Si duole non essersi considerato che “la riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., non vale esclusivamente per le prestazioni a carattere tributario regolate dall’art. 53 Cost., ma per ogni prestazione imposta dalla pubblica amministrazione a carico di un privato”, sicché “come vi dovrebbe essere una legge per imporre a carico degli albergatori una prestazione a carattere tributario egualmente vi deve essere una legge per imporre a carico degli albergatori una prestazione a carattere patrimoniale consistente nell’esazione dell’imposta, nella sua contabilità e nel successivo versamento nelle casse comunali”.
Lamenta che “in assenza di questa disciplina, che deve avere valore e rango primario, gli albergatori non possono essere considerati agenti contabili, Né di fatto Né di diritto, e il rapporto che essi instaurano con la pubblica amministrazione è il rapporto prettamente civilistico che instaura un soggetto che riceve una delegazione di pagamento da parte di un altro soggetto”.
Il motivo è infondato.
Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, l’attività di accertamento e riscossione dell’imposta comunale ha natura di servizio pubblico, e l’obbligazione del concessionario di versare all’ente locale le somme a tale titolo incassate ha natura pubblicistica, essendo regolata da norme che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili in ragione della tutela dell’interesse della pubblica amministrazione creditrice alla pronta e sicura esazione delle entrate. Ne consegue che il rapporto tra società ed ente si configura come rapporto di servizio, in quanto il soggetto esterno si inserisce nell’iter procedimentale dell’ente pubblico, come compartecipe dell’attività pubblicistica di quest’ultimo, e la società concessionaria riveste la qualifica di agente contabile, non rilevando in contrario Né la sua natura di soggetto privato, Né il titolo giuridico in forza del quale il servizio viene svolto, ed essendo necessario e sufficiente che, in relazione al maneggio di denaro, sia costituita una relazione tra ente pubblico ed altro soggetto, per la quale la percezione del denaro avvenga, in base a un titolo di diritto pubblico o di diritto privato, in funzione della pertinenza di tale denaro all’ente pubblico e secondo uno schema procedimentale di tipo contabile (v., con riferimento all’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, Cass., Sez. Un., 24/3/2017, n. 7663; Cass., Sez. Un., 16/12/2009, n. 26280).
Si è al riguardo posto ulteriormente in rilievo che, in quanto incaricato di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, del quale ha il maneggio nel periodo compreso tra la riscossione ed il versamento, tale soggetto riveste invero la qualifica di agente contabile, ed ogni controversia intercorrente con l’ente impositore avente ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un “giudizio di conto”, sussistendo pertanto al riguardo la giurisdizione della Corte dei Conti (cfr., con riferimento al concessionario del servizio di riscossione delle imposte, Cass., Sez. Un., 18/6/2018, n. 16014).
Si è da queste Sezioni Unite per altro verso in tema di danno erariale posto in rilievo che allorquando l’attività del privato è funzionale e vincolata alla realizzazione della finalità di interesse pubblico perseguito dalla P.A. è configurabile un rapporto di servizio non “organico” bensì funzionale, nel cui ambito il privato assume il ruolo di compartecipe – anche solo di mero fatto – dell’attività del soggetto pubblico (v. Cass., Sez. Un., 14/9/2017, n. 21297).
Attesa l’irrilevanza, da un canto, della qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario della contribuzione (v. Cass., Sez. Un., 16/7/2012, n. 12108); e, per altro verso, del titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato ovvero anche del tutto difettare, è la natura del danno conseguente alla mancata realizzazione della finalità perseguita ad assumere invero decisiva rilevanza al riguardo (cfr., con riferimento a differente ipotesi, Cass., Sez. Un., 14/9/2017, n. 21297).
Si è pertanto a tale stregua affermato che ove delle somme ricevute il privato disponga in modo diverso da quello preventivato e per il quale le ha ricevute, spetta alla Corte dei Conti la cognizione della azione di responsabilità contabile promossa dal Procura regionale della Corte dei Conti (cfr. Cass., Sez. Un., 25/1/2013, n. 1774).
Orbene, l’azione per danno erariale è stata nella specie dalla Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana promossa per mancato versamento al Comune impositore da parte dell’Hotel (OMISSIS) delle somme incassate a titolo di imposta di soggiorno negli anni 2012 e 2103.
Va al riguardo posto in rilievo che l’imposta di soggiorno (dopo l’abolizione sul territorio nazionale (ad eccezione del Trentino Alto Adige, ove è rimasta valida ed efficace la L.R. n. 10 del 1976, in virtù della competenza in questa materia riservata alla Regione dal cit. art. 72 dello Statuto speciale) ex art. 10 D.L. n. 66 del 1989 dell’imposta istituita con la L. n. n. 739 del 1939: cfr. Cass., 18/2/2004, n. 3176) è stata (re)introdotta con il D.Lgs. n. 23 del 2011 (art. 4: “1. I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 Euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. 2. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 7, l’imposta di soggiorno può sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale. 3. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 1, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è dettata la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno. In conformità con quanto stabilito nel predetto regolamento, i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, i comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo”).
In ossequio alla riserva di legge posta all’art. 23 Cost., in materia di prestazioni patrimoniali imposte ai cittadini, tale articolo prevede la possibilità di istituire l’imposta di scopo (indicando gli interventi da finanziare con il gettito tributario), nonché ad individuare: a) il soggetto attivo del rapporto tributario (i Comuni capoluogo, quelli inclusi negli elenchi delle località turistiche o d’arte ecc.); b) il presupposto impositivo (il fatto di alloggiare nella struttura ricettiva ubicata nel Comune che ha istituito l’imposta); c) il soggetto passivo (la persona fisica che fruisce dell’alloggio); d) la misura massima del prelievo.
Non essendo stato il regolamento statale di attuazione ancora emanato, le modalità applicative del tributo trovano attualmente esclusiva disciplina nei singoli Regolamenti comunali adottati ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, (D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 4, comma 3).
Come posto in rilievo dalle Sezioni riunite della Corte dei Conti, solo in alcuni casi i Comuni hanno espressamente qualificato il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) come agente contabile o subagente, nella maggior parte dei casi risultando viceversa disposta l’attribuzione alle strutture ricettive della funzione di riscossione e riversamento dell’imposta, con conseguente molteplicità e diversità dei relativi modelli organizzativi (v. Corte di Conti, Sezioni riunite, 22/9/2016, n. 22).
Come sostenuto dall’odierna controricorrente, in accordo con quanto indicato dalle Sezioni riunite della Corte dei Conti, il rapporto tributario intercorre esclusivamente tra il Comune che ha istituito l’imposta (soggetto attivo) e colui che alloggia nella struttura ricettiva e su cui D.Lgs. n. 23 del 2011, ex art. 4, comma 1, essa grava (soggetto passivo).
Il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) è pertanto del tutto estraneo al rapporto tributario, e nel silenzio della norma primaria non può assumere la funzione di “sostituto” o “responsabile d’imposta”, Né tale ruolo potrebbe essergli attribuita dai regolamenti comunali.
Il Comune è mero destinatario delle somme dal medesimo incassate a titolo di imposta di soggiorno.
Poiché i Regolamenti comunali affidano al gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) attività obbligatorie e funzionali alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale, tra detto soggetto ed il Comune si instaura un rapporto di servizio pubblico (cfr., con riferimento all’attività di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, Cass., Sez. Un., 24/3/2017, n. 7663) con compiti eminentemente contabili, completamente avulso da quello tributario sebbene al medesimo necessariamente funzionalizzato, centrale rilevanza assumendo la riscossione dell’imposta ed il suo riversamento nelle casse comunali.
Rapporto di servizio pubblico nel cui ambito le attività di riscossione e di riversamento di denaro implicano la “disponibilità materiale” di denaro pubblico.
Come affermato dalla Corte della legittimità costituzionale delle leggi, il “maneggio di denaro pubblico” genera ex se l’obbligo della resa del conto (v. Corte Cost., 21/5/1975, n. 114 e Corte Cost., 25/7/2001, n. 292).
Il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”), che per conto del Comune incassa da coloro che vi alloggiano l’imposta di soggiorno con obbligo di successivamente versarla al Comune, maneggia allora senz’altro denaro pubblico, ed è conseguentemente tenuto alla resa del conto (v. le suindicate Corte Cost. n. 114 del 1975, ove il giudizio di conto è indicato quale “requisito indispensabile del giudizio sul conto è quello della necessarietà in virtù del quale a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di denaro e valori di proprietà dell’ente è consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere”; Corte Cost. n. 292 del 2001, secondo cui il giudizio di conto si configura essenzialmente come una “procedura giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico, e dunque ha avuto in carico risorse finanziarie provenienti da bilanci pubblici, è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e dunque non risulta gravato da obbligazioni di restituzione “).
Del tutto ultroneo si appalesa a tale stregua il richiamo operato dall’odierno ricorrente all’istituto della delegazione, già in base al rilievo che quest’ultima (sia essa promittendi (con assegnazione cioè al creditore di un nuovo debitore) o solvendi (sostanziandosi cioè nell’ordine del debitore ad un terzo di pagare direttamente al suo creditore) è rimessa all’iniziativa del debitore, laddove nella specie il gestore della struttura ricettiva (o “albergatore”) è per legge tenuto alla riscossione dell’imposta de qua e al relativo riversamento all’Ente locale.
Va pertanto dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti.
Non è a farsi luogo a provvedimento in ordine alle spese di regolamento, stante la natura di parte solamente in senso formale della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Toscana.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2018

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