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Home»Aree tematiche di MioLegale.it»Civile e procedura civile
Civile e procedura civile Sentenze

Cassazione civile, sez. unite, 19 febbraio 2009, n. 3960

Redazionedi Redazione19 Febbraio 2009
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Fatto

Il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’opposizione proposta dal Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato – Gestione Separata Terremoto – avverso il decreto ingiuntivo del pagamento di L. 81.496.418 in favore dell’ing. B.L., con sentenza del 28 febbraio 2000 revocò il decreto e dichiarò che, in base all’ordinanza Zamberletti n. 30 del 28 febbraio 1985, non era dovuta sui compensi da erogare all’opposto per la direzione di lavori, di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 32, la maggiorazione per incarico parziale, prevista dall’art. 18, della tariffa professionale approvata con L. 2 marzo 1949, n. 143.
La decisione, gravata dal B., venne riformata il 31 marzo 2003 dalla Corte di appello di Roma, che rigettò l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo, osservando che il Comitato di gestione dell’Agensud – alla cui disciplina e tabelle aveva fatto riferimento l’ordinanza n. 30/1985 per la determinazione dei compensi – con delibera del 10 febbraio 1988 aveva riconosciuto il diritto alla maggiorazione dei compensi, in relazione anche ai rapporti non ancora esauriti, a far tempo dall’I luglio 1987 e che l’incarico conferito al B. il 23 novembre 1987 non era terminato alla data di entrata in vigore della delibera.
Il Ministero delle Attività Produttive (già Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato) è ricorso con tre motivi per la cassazione della sentenza e l’intimato B. ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione, perché notificata presso i procuratori domiciliatari oltre il termine annuale stabilito a pena di decadenza dall’art. 327 c.p.c..
Il ricorso, assegnato alla la sezione civile di questa Corte è stato trasmesso con ordinanza interlocutoria del 24 aprile 2008 al Primo Presidente e rimesso alle sezioni unite per la particolare rilevanza della questione e per prevenire l’eventuale contrasto tra le sezioni semplici sulla questione, che può così essere sintetizzata, “se, in difetto di idonea ed inequivoca comunicazione del trasferimento del procuratore costituito, e/o domiciliatario della parte, dallo studio da lui dichiarato nel giudizio, la notificazione con esito negativo dell’atto di impugnazione di una sentenza presso detto studio soddisfi (o non) gli oneri imposti al notificante dall’art. 330 c.p.c., e, in caso affermativo, consenta, e con quali modalità, alla parte cui detto esito non è imputabile il perfezionamento della notifica dopo la scadenza dei termini stabiliti per l’impugnazione”.

Diritto

L’ordinanza interlocutoria dubita della compatibilità con il diritto di difesa garantito dalla costituzione e con il principio generale, acquisito in materia di notificazione a seguito degli interventi della Corte costituzionale, di un necessario coordinamento delle garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato un ritardo estraneo ai suoi poteri di impulso e di controllo, dell’orientamento di questa Corte, enunciato come univoco e consolidato, secondo il quale l’esito negativo della notifica dell’impugnazione per il mutamento del domicilio del procuratore presso il quale è stata richiesta, non produce alcun effetto ed è a carico del notificante il rischio che le nuove modalità da adottare per la notifica non consentano il rispetto dei termini perentori stabiliti per l’impugnazione dagli artt. 235 e 327 c.p.c..
In primo luogo, ne assume postulati che:
– sul procuratore, iscritto nell’albo professionale della circoscrizione alla quale appartiene il giudice adito, diversamente da quanto previsto per quello iscritto ad albo diverso, non gravi alcun obbligo di indicare nel giudizio il suo domicilio, e di comunicarne in esso l’eventuale mutamento nell’ambito della circoscrizione, neppure se presso di esso la parte abbia eletto il proprio domicilio nella procura ad litem (cfr. da ultimo: Cass. civ., sent. 20 settembre 2007, n. 19477; Cass. civ., sent. 1 luglio 2005, n. 10433; Cass. civ., sent. 13 marzo 1998);
– la notifica dell’impugnazione di una sentenza (od altro provvedimento) presso procuratore, o nel domicilio presso di lui eletto dalla parte, vada effettuata nel domicilio effettivo del procuratore, quale risultante dall’albo professionale od altrimenti dagli atti processuali (cfr, da ultimo: Cass. civ., sent. 20 settembre 2007, n. 19477; Cass. civ., sent. 1 luglio 2005, n. 10433; Cass. civ., sent. 13 marzo 1998), e costituisca onere del notificante il suo accertamento (cfr. da ultimo: Cass. civ., sent. 1 dicembre 2003, n. 18350; Cass. civ., sent. 17 dicembre 2003, n. 1933);
– l’esito negativo della notifica dell’impugnazione per il mutamento del domicilio del procuratore non produca alcun effetto e non sia suscettibile di sanatoria dopo il decorso dei termini stabiliti dagli artt. 325 e 327, c.p.c. (cfr. da ultimo: Cass. civ., sent. 20 settembre 2007, n. 19477; Cass. civ., sent. 15 febbraio 2006, n. 3308; Cass. civ., sent. 15 settembre 2003, n. 13424).
In secondo luogo, oppone che:
– la dichiarazione del domicilio del procuratore e la comunicazione del suo mutamento, anche quando egli esercita l’ufficio nella circoscrizione alla quale è assegnato, sono richieste dall’art. 88 c.p.c., (dovere di lealtà e probità) e presupposte dall’art. 170 c.p.c., (notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento) ed il difetto di comunicazione del gregario mutamento del domicilio presso di lui eletto dalla parte è disciplinato dal l’art. 141 c.p.c., comma 4, dovendo essere inteso per domicilio eletto un luogo preciso e non la città di residenza del domiciliatario (cfr.: Cass. civ., sez. un., ord. 14 giugno 1999, n. 92);
– l’onere di ricerca del domicilio effettivo del procuratore viola il diritto di difesa, impedendo l’utilizzo per l’intero dei termini stabiliti per l’impugnazione, e la facoltà di rinnovare la notifica dell’impugnazione dopo il loro decorso è stata già riconosciuta nei casi di non imputabilità al notificante dell’esito negativo della notifica (cfr.: Cass. civ., s.u., sent. 4 maggio 2006, n. 10216; Cass. civ., sent. 21 novembre 2006, n. 2470; Cass. civ., sent. 12 marzo 2008, n. 6547);
– la tempestività dell’impugnazione non può essere condizionata dall’inosservanza da parte dell’ufficiale giudiziario o postale degli obblighi loro imposti dall’art. 139 c.p.c., e dalla loro scelta di interrompere l’attività notificatoria, anziché accertare il nuovo domicilio del procuratore;
– la notificazione non andata a buon fine per il mutamento del domicilio del destinatario non rientra nelle categorie dell’inesistenza o della nullità insanabile, perché non esula completamente dallo schema formale del procedimento notificatorio previsto dal legislatore.
Giova premettere che la questione rimessa alle sezioni unite ha una duplice articolazione, investendo, da un lato, il problema della maturazione dei termini stabiliti per le impugnazioni per il solo fatto oggettivo del decorrere del tempo, in quanto la natura perentoria ne esclude la proroga, sia anteriormente che posteriormente alla scadenza, e la funzione decadenziale non ne consente la sospensione e/o l’interruzione neppure per fatti riconducibili al caso fortuito od a forza maggiore, e, dall’altro, quello dell’individuazione del momento nel quale deve essere verificata l’osservanza di detti termini in ragione del principio acquisito all’ordinamento della scissione degli effetti del procedimento di notificazione degli atti processuali. Quanto alla maturazione dei termini, esattamente l’ordinanza interlocutoria ha evidenziato un tradizionale orientamento giurisprudenziale caratterizzato, salvo rare eccezioni, da un particolare rigore nel negare che, in difetto di un’espressa previsione normativa, le finalità di celerità del processo e di certezza delle situazioni giuridiche perseguite dal legislatore con la fissazione di termini perentorii per l’impugnazione consentano di attribuire rilievo a situazioni oggetti ve o soggettive verificatesi medio tempore che ne abbiano comportato l’inutile decorso (cfr. ad es. anche per la negligenza dell’ufficiale giudiziario nella notifica dell’atto di impugnazione: Cass. civ., sent. 14 marzo 1963, n. 643).
Quanto al procuratore residente in particolare, questa Corte ha affermato che, ancorchè al ritardo abbia contribuito la sua mancata collaborazione per non avere egli segnalato il mutamento di domicilio, i termini di impugnazione, ove anche brevi, non restano sospesi o interrotti per la necessità di reperire il suo nuovo recapito, benchè abbia talora sussidiariamente aggiunto che il mutamento del domicilio non costituisce un evento imprevedibile e che l’individuazione di esso è onere del notificante (cfr.: Cass. civ., sent. 15 marzo 1993, n. 30435 (cfr.: Cass., sent. 21 dicembre 2001, n. 16175; Cass. civ., sent. 15 maggio 1996, n. 4505; Cass. civ., sent. 15 marzo 1993, n. 30435).
Laddove era controverso il luogo nel quale doveva essere notificata l’impugnazione presso il procuratore, ha precisato, inoltre, che questo è rappresentato dal domicilio effettivo dello stesso, quale risulta dall’albo professionale o altrimenti dagli atti processuali, non avendo egli alcun obbligo di dichiarare nel giudizio un domicilio, e che, in caso di irreperibilità del procuratore, l’impugnazione va notificata alla parte personalmente ai sensi dell’art. 330 c.p.c., u.c., (cfr.: Cass. civ., sent. 1 luglio 2005, n. 14033; Cass. civ., sent. 29 maggio 1997, n. 4746; Cass. civ. sent. 26 giugno 1992, n. 7990).
In ordine al dipendente mutamento del domicilio eletto dalla parte presso il procuratore nella procura ad litem ha, poi, sempre ribadito la non autonomia dell’elezione e l’inapplicabilità del disposto dell’art. 141 c.p.c., u.c., perché con essa la parte si limita a richiamare il luogo nel quale il procuratore esercita la sua professione (cfr.: Cass. civ., sent. 1 luglio 2005, n. 14033; Cass. civ., sent. 6 marzo 2003, n. 3297) e quanto, infine, agli effetti dell’esito negativo dell’attività dell’ufficiale giudiziario o postale, ha costantemente ritenuto che una notifica non andata a buon fine è inesistente e che l’inammissibilità dell’impugnazione che ne deriva non è sanabile altrimenti che con la tempestiva rinotifica dell’atto (cfr.: Cass. civ., sent. 20 settembre 2007, n. 19477; Cass. civ., sent. 15 settembre 2003, n. 13524).
Relativamente al momento di verifica del rispetto dei termini di impugnazione, la giurisprudenza di legittimità, invece, si è gradatamen-te adeguata agli interventi della Corte costituzionale (cfr. in particolare: sent. n. 477/ 2002, sent. n. 28/2004 ed ord. n. 97/2004), che hanno reso “presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti”. (cfr.: Corte cost. ord. n. 28/2004).
L’applicazione del principio non è valsa, tuttavia, a modificare il tradizionale indirizzo, secondo il quale l’esito negativo della notifica dell’impugnazione in luogo diverso dal domicilio effettivo del procuratore esercente l’attività nella circoscrizione, non può essere superato da una tardiva rinotifica, ma ha soltanto portato ad una rivalutazione degli argomenti sussidiali dell’imputabilità al notificante della notifica dell’atto ad un domicilio del procuratore diverso da quello effettivo (cfr.: Cass. civ., 21 giugno 2007, n. 14487; Cass. civ., sent. 1 luglio 2005, n. 14033).
Argomento al quale recenti pronunce hanno conferito autonomia ed utilizzato per negare l’inammissibilità dell’impugnazione in specifici casi nei quali l’omessa notifica presso il domicilio effettivo del procuratore era riconducibile a caso fortuito o forza maggiore e la parte, pur se successivamente alla scadenza dei termini, aveva “diligentemente” riattivato o chiesto di riattivare il procedimento notificatorio (cfr. per il mancato aggiornamento dell’albo professionale: Cass. civ., sent. 12 marzo 2008, n. 6547; per la morte del procuratore indicato nella sentenza: Cass. civ., sent. 21 novembre 2006, n. 24702; per l’erronea informazione del trasferimento del domicilio fornita da un terzo all’ufficiale giudiziario: Cass. civ., sez. un., sent. 4 maggio 2006, n. 10216).
Un attuale significativo contrasto nella giurisprudenza delle sezioni semplici sulla specifica questione rimessa con l’ordinanza interlocutoria è limitato, dunque, ai riflessi della scissione degli effetti degli atti del procedimento notificatorio sul decorso dei termini perentori di impugnazione nel caso di sua interruzione per il mutamento del domicilio del procuratore, mentre attengono ad un contrasto soltanto potenziale gli ulteriori rilievi attinenti alla (in)sussistenza di un obbligo del procuratore di comunicare il mutamento del proprio domicilio e di un onere del notificante di accertamento preventivo del domicilio effettivo e della (non) completabilità o sanabilità tardiva della notifica dell’impugnazione non andata a buon fine per il mutamento di esso.
L’esame del contrasto e dei rilievi, evidenziati entrambi con riferimento al principio che la notificazione di un atto deve considerarsi perfezionata per il notificante nel momento della richiesta all’ufficiale giudiziario e per il destinatario in quello della ricezione della copia di esso, impone di verificare se, nel caso di notifica dell’impugnazione presso il procuratore, l’indicazione nella relativa richiesta del domicilio effettivo del notificando attenga al momento perfezionativo del procedimento per il notificante ovvero incida su quello del suo perfezionativo per il destinatario.
Nel primo caso, infatti, l’assunto della rilevanza del caso fortuito o della forza maggiore sul mancato completamento della notifica verrebbe ad incidere sul rispetto dei termini dell’impugnazione ed a scalfirne la natura perentoria e la funzione decadenziale espressamente enunciate negli artt. 326 e 327 c.p.c., mentre, nel secondo, non interferirebbe sulla tempestività dell’impugnazione e soltanto la carenza di una espressa previsione normativa osterebbe ad una costituzione del contraddittorio che, sebbene tardiva, valesse a salvaguardare il diritto di azione dell’impugnante incolpevole. Orbene, la previsione dell’art. 330 c.p.c., comma 1, della sussidiaria proposizione dell’impugnazione mediante notificazione “presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio”, identificando nel procuratore il destinatario della notifica, salvo espressa e diversa dichiarazione di residenza od elezione di domicilio (cfr.: Cass. civ., sent. 28 novembre 1998, n. 12102), e contenendo un riferimento unicamente personale, fa implicito richiamo per la notificazione dell’atto alle modalità previste dagli artt. 138 e 139 c.p.c., in forza delle quali la notifica deve essere effettuata mediante consegna di una sua copia a mani proprie del destinatario ovvero, tra gli altri, nel luogo nel quale il professionista risiede per ragioni del suo ufficio, a norma del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 10, e art. 17, comma 1, n. 7.
Poiché l’indicazione del luogo di consegna dell’atto, oltre che indispensabile al buon esito della notifica, costituisce un requisito essenziale all’identificazione del destinatario di essa, nel caso di richiesta all’ufficiale giudiziario di notifica dell’impugnazione nel domicilio di un procuratore esercente l’attività nell’ambito della circoscrizione di assegnazione, tale requisito deve essere assicurato con l’indicazione del “domicilio professionale” (cfr.: R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 17) – o della “sede dell’ufficio” (cfr.: R.D. n. 37 del 1934, art. 68) del procuratore e l’accertamento di esso, in quanto essenziale alla validità ed all’astratta efficacia della richiesta, costituisce un adempimento preliminare che non può che essere a carico del notificante ed essere soddisfatto altrimenti che con il previo riscontro di esso presso l’albo professionale, che rappresenta la fonte legale di conoscenza del domicilio degli iscritti e nel quale il procuratore ha l’obbligo di fare annotare i mutamenti della sua sede.
Né un tale onere può ritenersi escluso od attenuato da un dovere del procuratore di dichiarare nel giudizio il proprio domicilio ed i suoi mutamenti, e/o della parte di comunicare quelli del domicilio presso di lui eletto, sulla cui insussistenza la giurisprudenza di legittimità è pressochè costante.
Le norme professionali prevedono, infatti, l’obbligo del procuratore di eleggere un domicilio, e comunicarne i mutamenti, soltanto nel caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione (cfr.: R.D. n. 37 del 1934, art. 82) e la ratio della disposizione, costituita dall’adeguatezza delle annotazioni nell’albo professionale a soddisfare in ambito locale le esigenze processuali di conoscenza del domicilio del procuratore, esclude che, ove il procuratore abbia dichiarato all’atto della costituzione un proprio domicilio, la mancata comunicazione del mutamento di esso possa contrastare con i doveri di lealtà e probità imposti alle parti ed ai loro difensori, tenuti comunque, considerata la non imprevedibilità del mutamento il relazione alla durata dei processi e delle loro fasi, a fare riferimento al domicilio effettivo risultante dall’albo professionale, o costituisca un impedimento alle comunicazioni e notificazioni alle quali sono tenuti la cancelleria e le parti nel corso del giudizio.
Egualmente, essendo funzione dell’elezione di domicilio presso il difensore quella di rafforzare la difesa tecnica della parte, consentendo di non derogare alle previsioni dell’art. 170 c.p.c., relativamente di atti che debbono esserle notificati personalmente, va riconfermata la regola che, essendo determinante in tale elezione il luogo nel quale il difensore esercita la professione e non quello nel quale questa era esercitata all’atto del conferimento della procura, la pubblicità dei mutamenti di esso è soddisfatta da quella legale del mutamento del domicilio del procuratore.
All’onere di verificare anteriormente alla notifica dell’impugnazione presso l’albo professionale il domicilio del procuratore presso il quale notificare l’impugnazione corrisponde l’assunzione da parte del notificante del rischio dell’esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo e sono manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità sollevati rispetto ad essi per l’impossibilità che ne deriverebbe al notificante di fruire per l’intero dei termini di impugnazione, sia perché l’effettività della tutela del diritto di agire e di difendersi nel processo è assicurata nelle forme e nei limiti ragionevolmente previsti dall’ordinamento processuale e sia in quanto l’accertamento del domicilio effettivo del procuratore risultante dall’albo professionale nessun significativo pregiudizio temporale può comportare alla parte, considerata che l’agevole consultazione degli albi e, in particolare, la loro attuale informatizzazione ed accessibilità telematica.
La possibilità, inoltre, che la notifica dell’impugnazione, nonostante l’erronea indicazione del domicilio del procuratore, possa completarsi per la diligenza dell’ufficiale giudiziario o postale nel ricercare il destinatario, non vale ad escludere il collegamento causale tra l’eventuale esito negativo di essa e l’inadempimento del notificante all’onere preventivo di verifica del domicilio del notificando. Presuppongono, invece, il perfezionamento della notifica per il notificante, e la conseguente ammissibilità originaria dell’impugnazione, ed attengono al perfezionamento per il destinatario, le ipotesi in cui la notifica presso il procuratore non abbia raggiunto il suo scopo per caso fortuito o forza maggiore, come, ad esempio, per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio all’ordine professionale o per il ritardo della sua annotazione, ovvero per la morte del procuratore ed tutte le altre nelle quali l’ufficiale giudiziario o postale, nonostante la corretta indicazione del domicilio, non abbiano completato la notifica e ne abbiano attestato l’esito negativo per un fatto non imputabile al richiedente.
Come osservato nell’ordinanza interlocutoria, in identiche od analoghe fattispecie, questa Corte, anche a sezioni unite (cfr.: Cass. civ., ord. 21 gennaio 2005, n. 1238; Cass. civ. sent. 4 maggio 2006, n. 10216), ha già ritenuto “costituzionalmente imposta” dagli interventi della Corte costituzionale e dal principio di ragionevolezza una interpretazione delle disposizioni regolanti i tempi ed i modi di notifica delle impugnazioni che consentisse di superare l’ostacolo che, non per colpa della parte, si sia frapposto in concreto all’esercizio del suo diritto di agire per la riforma o la cassazione di una sentenza (od altro provvedimento), mediante il rinvenimento nell’ordinamento di uno strumento processuale che, in quanto predefinito e circoscritto ad un limitato arco temporale, fosse compatibile con i principi della certezza delle situazioni giuridiche e della celerilà del processo.
Fermo che non può parlarsi di nullità rispetto ad una notifica che, anche se correttamente attivata, non si sia perfezionata per l’interruzione del relativo procedimento, non possono che essere condivisi l’imposizione ravvisata in dette pronunce e gli argomenti che in ragione di essa hanno comportato nelle specifiche fattispecie esaminate l’affermazione, in ossequio ai principi di eguaglianza di difesa sanciti dagli artt. 3 e 24 Cost., della riattivabilità del procedimento di notificazione dell’impugnazione, nonostante il superamento dei relativi termini perentorii e decadenziali, e della perfezionabilità tardiva della notifica nei confronti del destinatario Strumento della riattivazione, essendo questa subordinata alla valutazione del perfezionamento dell’impugnazione per il notificante, è quello dell’istanza al giudice ad quem di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notifica, sostanzialmente comune nell’ordinamento processuale a tutti i casi in cui il giudizio non può essere proseguito senza la costituzione o ricostituzione del contraddittorio tra le parti (artt. 102, 299 c.p.c. e ss., artt. 291 e 331 c.p.c.), al quale si richiamerebbe, comunque, una interpretazione dell’art. 184 bis c.p.c., che comportasse l’estensione delle sue previsioni ai termini stabiliti per le impugnazioni, siano esse di merito o di legittimità. Relativamente ai tempi ed ai modi, il rispetto della dinamica del processo impone che l’istanza venga depositata unitamente all’atto contenente l’attestazione della mancata notifica nel termine stabilito per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del con-traddittorio e che, ove la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportarne la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, l’istanza contenga la richiesta al giudice di fissare, a norma dell’art. 164 c.p.c., un termine perentorio per la rinnovazione dell’impugnazione.
Va conclusivamente affermato il principio che l’impugnazione presso il procuratore costituito, e/o domiciliatario della parte, per soddisfare gli oneri imposti dall’art. 330 c.p.c., va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro dell’albo professionale, e, nel caso di esito negativo della notifica richiesta in detti luoghi non imputabile al notificante, il procedimento notificatorio può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem di fissazione di un termine perentorio per completare la notifica, depositata contestualmente all’attestazione dell’omessa notifica, nel termine previsto per la costituzione della parte nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio; ove, poi, la tardiva notifica dell’atto di impugnazione possa comportarne la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, l’istanza deve contenere la richiesta al giudice di fissare, a norma dell’art. 164 c.p.c., un termine perentorio per la rinnovazione dell’impugnazione. Alla luce di tale principio deve, quindi, essere dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza depositata il 31 – marzo 2003 notificato dal Ministero il 28 maggio 2004, essendo stato proposto dopo il decorso del termine annuale stabilito dall’art. 327 c.p.c., scadente il 16 maggio 2004, e non avendo il ricorrente documentato che l’esito negativo della notifica anteriormente richiesta per il mutamento del domicilio del procuratore della controparte era ascrivibile alla non accertabilità del mutamento dalle annotazioni contenute nell’albo professionale.
Il contrasto denunciato giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2009

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