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Lavoro Previdenza Sentenze

Cassazione civile, sez. unite, 7 marzo 2008, n. 6173

Redazionedi Redazione7 Marzo 2008
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iscrizione contemporanea a due albi professionali

Fatto

La Corte di Appello di Catania, confermando l’accoglimento di opposizione a cartella esattoriale, ha dichiarato la prescrizione di un credito vantato dall’INPS per contributi relativi agli anni 1991 e 1992, rilevando che il termine quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, era già scaduto all’epoca dell’accertamento ispettivo dell’Istituto e della denuncia del lavoratore nel 1998.
L’INPS e la S.C.C.I. società di cartolarizzazione hanno proposto ricorso per Cassazione con due motivi. La parte intimata non si è costituita.
La causa è stata assegnata alle Sezioni Unite in relazione al contrasto di giurisprudenza registratosi sull’interpretazione della L. n. 335 del 1995, commi 9 e 10, con specifico riferimento alla questione della conservazione della prescrizione decennale per i contributi maturati in epoca antecedente alla legge del 1995, per effetto della denuncia o dell’accertamento ispettivo successivo a tale data.

Diritto

Con l’unico motivo di ricorso si denunciano i vizi di violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n.335, art.3, commi 9 e 10 nonchè difetto di motivazione. La decisione della Corte territoriale viene censurata sostenendosi che ai crediti azionati dall’INPS, dovuti per periodi precedenti all’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, trova applicazione la prescrizione decennale e non quella quinquennale.
La questione sottoposta all’esame di questa Corte riguarda l’interpretazione della L. 8 agosto 1995, n.335, art. 3 che al comma 9 così dispone: “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:
a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 9 bis, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1 gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”.
Il successivo comma 10 stabilisce che “I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dal D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso”.
Con questa innovazione normativa, che ha posto notevoli problemi agli interpreti per la sua criticabile formulazione, è stato stabilito un regime prescrizionale diverso per i contributi di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche, rispetto a “tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatoria”: mentre per i primi la riduzione del termine di prescrizione a cinque anni opera – nei limiti che saranno precisati – la riduzione del termine di prescrizione a cinque anni dal 1 gennaio 1996, per le seconde il termine diviene immediatamente quinquennale dalla entrata in vigore della legge.
Il coordinamento tra i due commi dell’art.3, sopra riportati, rappresenta la principale difficoltà per la ricostruzione di questo sistema: secondo una prima interpretazione, seguita da Cass. 5 marzo 2001 n. 3213, il richiamo contenuto nel comma decimo ai termini di prescrizione di cui al comma nono del medesimo articolo deve intendersi riferito al termine decennale previgente – e non al termine ridotto quinquennale decorrente dal primo gennaio 1996. Nella stessa linea si muove la successiva Cass. 13 giugno 2003 n. 2100, secondo cui la riduzione a cinque anni del termine prescrizionale, prevista dal nono comma, non comprende le contribuzioni maturate prima del 1 gennaio 1996 (in motivazione si legge che il suddetto richiamo al nono comma può ritenersi riferito al solo termine decennale previgente).
Tale impostazione è confutata da Cass. 17 dicembre 2003 n. 19334, secondo cui in base alla disciplina in esame la prescrizione diviene quinquennale a partire dal 1 gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza; per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano stati compiuti dall’Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell’evasione contributiva.
La successiva elaborazione giurisprudenziale conferma questo orientamento, stabilendo che in base alle norme in esame:
a) per i contributi successivi alla data di entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) la prescrizione resta decennale fino al 31 dicembre 1995, mentre diviene quinquennale dal 1 gennaio 1996;
b) parimenti per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, la prescrizione diviene quinquennale dal 1 gennaio 1996, tuttavia il termine decennale permane ove, entro il 31 dicembre 1995, siano stati compiuti dall’Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell’evasione contributiva (Cass. 7 gennaio 2004 n.46, 24 febbraio 2005 n.3846, 12 maggio 2005 n.9962, 15 marzo 2006 n.5622, 13 dicembre 2006 n. 26621).
Va peraltro segnalata anche Cass. 9 aprile 2003 n.5522, che, riaffermando il principio della immediata applicabilità del termine quinquennale di prescrizione dalla data di entrata in vigore della L. n. 335 del 1995 per i contributi non afferenti alle gestioni pensionistiche, ha peraltro fatto salva, alla luce del disposto dell’art. 252 disp. att. c.p.c., l’ipotesi in cui al momento di entrata in vigore della nuova legge non rimanga a decorrere, a norma della legge precedente, un termine inferiore.
Cass. 15 settembre 2004 n. 18540 esprime un diverso indirizzo, affermando che la riduzione a cinque anni, prevista a partire dal 1 gennaio 1996, del termine di prescrizione del diritto alle contribuzioni relative ai periodi precedenti l’ingresso della predetta legge e di pertinenza del fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, è sospensivamente condizionata al fatto che entro il quinquennio successivo al 1 gennaio 1996, e nei limiti del decennio dalla nascita del diritto stesso, non intervenga la denuncia del lavoratore. In relazione alla funzione attribuita a questo atto per la conservazione ed attuazione del diritto dell’assicurato, la sentenza delinea una “generale temporanea sospensione della riduzione” da dieci a cinque anni per il tempo che, a decorrere dall’inizio del periodo (1 gennaio 1996) resta per la consumazione della prescrizione decennale, prevista per il singolo specifico diritto (secondo la previgente normativa). Si afferma così che la previsione dell’ultima parte del comma 9, lett. a) dell’art.3 attribuisce rilevanza (anche per le prescrizioni in corso all’entrata in vigore della legge) alla denuncia presentata dopo il gennaio 1996 e nel quinquennio successivo, nel limite del decennio dalla nascita del diritto.
Nella linea dell’indirizzo precedentemente richiamato, Cass. 24 febbraio 2006 n.4153 ritiene invece che in relazione ai contributi per i quali il quinquennio dalla scadenza si era integralmente maturato prima dell’entrata in vigore della legge, la denuncia del lavoratore è idonea a mantenere il precedente termine decennale solo quando sia intervenuta prima, ovvero intervenga comunque entro il 31 dicembre 1995, analogamente a quanto previsto per gli atti interruttivi dell’ente previdenziale. Quanto agli altri contributi, parimenti dovuti per periodi anteriori alla entrata in vigore della legge, ma per i quali, a quest’ultima data, il quinquennio dalla scadenza non si era integralmente maturato, il termine decennale può operare solo mediante una denuncia intervenuta nel corso del quinquennio dalla data della loro scadenza.
Il Collegio non ritiene di condividere la ricostruzione proposta da Cass. 18540/2004 cit., che non trova alcun sostegno nel dato normativo per quanto attiene alla prospettata sospensione condizionata della riduzione del termine di prescrizione e al termine di cinque anni decorrente dal 1 gennaio 1996.
L’indirizzo prevalente, in cui si inserisce Cass. n.4153/2006 cit., affermando l’immediata introduzione del nuovo termine quinquennale per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge (salve le ipotesi, previste dalla norma, di denuncia del lavoratore o di iniziative dell’istituto previdenziale), delinea una netta cesura tra vecchio e nuovo, che determina (come è stato osservato in dottrina) effetti estintivi automatici sulle obbligazioni già in essere, incidendo direttamente sugli interessi contrapposti considerati dalla norma, e cioè da un lato quello dell’ente creditore alla riscossione dei contributi, dall’altro quello del lavoratore assicurato alla tutela della propria posizione previdenziale, che risulta compromessa dalla prescrizione dei contributi.
La normativa sopra esaminata non stabilisce peraltro un’espressa deroga all’art. 252 disp. att. c.c., disposizione al quale deve attribuirsi il valore di regola generale (cfr. Corte Costituzionale 3 febbraio 1994 n.20); in base a questa disposizione, quando una nuova legge stabilisca un termine, in particolare di prescrizione, più breve di quello fissato dalla legge anteriore, il nuovo termine si applica anche alle prescrizioni in corso, ma decorre dalla data di entrata in vigore della legge che ne ha disposto l’abbreviazione, purchè, a norma della legge precedente, non residui un termine minore.
A questa regola bisogna far riferimento per affermare che con l’entrata in vigore della legge che ha introdotto il nuovo regime per la prescrizione dei contributi relativi a periodi precedenti opera, fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale, il nuovo termine di prescrizione più breve, che comincia peraltro a decorrere dalla data del 1 gennaio 1996;
detto termine non può essere quindi superiore a cinque anni, mentre può essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine determinato secondo il regime precedente.
Nella specie, risulta pacifico in causa che la notifica della cartella esattoriale (in data 21 novembre 2000) risulta preceduta in data 27 marzo 1998 dalla consegna del verbale di accertamento ispettivo e dalla richiesta di pagamento dei contributi omessi (relativi al periodo maggio 1991- settembre 1992). In tale data, dunque, è stato interrotto il decorso della prescrizione, quando non si era compiuto (dopo l’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995) il tempo residuo del termine decennale determinato secondo il precedente regime, pur ridotto entro il minor periodo di cinque anni decorrenti dall’1.1.1996.
Conseguentemente, la sentenza impugnata – che in contrasto con il principio sopra enunciato ha dichiarato la prescrizione del credito in questione – deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, che procederà a nuova indagine in ordine alla pretesa creditoria azionata.
Il giudice del rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2008

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