Fatto
Con ricorso depositato il 30 maggio 2006 D.B. esponeva:
– che in occasione delle elezioni al parlamento Europeo svoltesi il 12 e il 13 giugno 2004 la lista “Società Civile – D.P. O.” aveva ottenuto due seggi, rispettivamente nella prima e nella quarta circoscrizione;
– che in entrambe le circoscrizioni era risultato eletto l’on. D.P., il quale aveva optato per la quarta circoscrizione;
– che l’on. O., secondo in graduatoria in entrambe le circoscrizioni, aveva dichiarato in data 7 luglio 2004 di rinunciare definitivamente al l’elezione di parlamentare Europeo in entrambe le circoscrizioni;
– che, conseguentemente, nella prima circoscrizione era stato proclamato eletto il dott. C.G. che seguiva immediatamente l’on. O. nella graduatoria della lista;
– che il candidato D.B., terzo nella graduatoria della quarta circoscrizione era avanzato al primo posto dei non eletti;
– che dopo le elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 l’on. D.P. aveva optato per il par lamento nazionale decadendo dalla carica di parlamentare Europeo;
– che l’on. O., con istanza del 27 aprile 2006, aveva chiesto di subentrargli, quale primo dei non eletti nella quarta circoscrizione per l’elezione del parlamento Europeo, dichiarando che ogni diversa volontà precedentemente manifestata doveva intendersi invalida, inefficace e revocata;
– che l’ufficio elettorale nazionale per il parlamento Europeo presso la corte di cassazione aveva proclamato eletto l’on. O. in base alla considerazione che la rinuncia a parlamentare Europeo da lui espressa non aveva prodotto effetti in quanto intervenuta prima dell’avvio del procedimento per la sostituzione dell’on. D.P. con il candidato della stessa lista nella quarta circoscrizione che lo seguiva immediatamente in graduatoria.
Tutto ciò premesso D.B. impugnava dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio il provvedimento dell’ufficio elettorale nazionale deducendone l’illegittimità sotto un duplice profilo, e cioè sia perché l’on. O., a seguito della sua rinuncia, non figurava nella lista dei candidati eletti e degli eventuali sostituti trasmessa il 12 novembre 2004 al parlamento Europeo, sia perché l’istanza dell’on. O. non era stata portata a sua conoscenza precludendogli la presentazione delle sue osservazioni al riguardo.
Con sentenza del 21 luglio 2006 il tribunale amministrativo rigettava il ricorso ma, su gravame del ricorrente, il Consiglio di Stato, con sentenza del 24 ottobre-6 dicembre 2006, annullava la proclamazione a componente del Parlamento Europeo dell’on. O.A..
Contro la sentenza ricorre per difetto di giurisdizione l’on. O.A. con un unico motivo.
Resiste con controricorso D.B..
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
Nella sua memoria illustrativa il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per la mancata formulazione del quesito prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. L’eccezione, ancorché formulata in memoria, ha l’effetto di sottoporre validamente la questione all’esame di questa corte trattandosi di questione rilevabile d’ufficio e la sottrae alla sfera di operatività dell’art. 384, comma 3, come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, l’art. 12, escludendo ogni necessità di riservare la decisione con assegnazione di un termine alle parti per osservazioni.
Va quindi respinta, innanzi tutto, l’affermazione formulata in sede di discussione orale dal difensore del ricorrente secondo cui il quesito di diritto sarebbe in ogni caso presente nell’illustrazione del motivo sottoposto all’esame delle Sezioni Unite, poiché la prescrizione formale introdotta dalla norma in esame – la quale richiede, a pena di inammissibilità, che l’illustrazione di ciascun motivo deve concludersi con la formulazione di un quesito di diritto anche nei ricorsi per motivi di giurisdizione o di competenza e anche nei ricorsi per violazione di legge quando si ponga in discussione una questione di stretto diritto – non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione che ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte, quesito che deve trovare la sua collocazione a conclusione del l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso che, da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame.
E pertanto, pur non richiedendosi specifici requisiti di forma, deve pur sempre essere formulato, a conclusione dell’illustrazione di ogni singolo motivo ed in aggiunta ad essa, il quesito che deve segnare i confini della pronuncia del giudice.
La formulazione del quesito richiesto dalla legge, nei termini innanzi specificati, non si rinviene perciò nel ricorso sottoposto all’esame delle Sezioni Unite.
Ciò premesso il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, ed applicabile nella specie ai sensi del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2, trattandosi di ricorso contro provvedimento pubblicato dopo la data della sua entrata in vigore.
Detta norma prescrive infatti che nei casi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., nn. 1, 2, 3, e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto.
Tale prescrizione non incontra ostacolo nel rilievo che la norma in esame non contempli anche il caso previsto dall’art. 362 cod. proc. civ., e cioè il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione contro le decisioni dei giudici speciali, non potendo ritenersi preclusa l’interpretazione estensiva di una norma che, per la sua formulazione, non consente di individuare le ragioni per le quali il ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione debba trovare una diversa disciplina se si rivolga contro una decisione del giudice ordinario ovvero contro una decisione del giudice speciale, sicché il mancato richiamo all’art. 362 cod. proc. civ., va considerato frutto di un difetto di coordinamento dovuto a mera dimenticanza del legislatore e non di una consapevole differenziazione nella disciplina di fattispecie simili le quali comportano, entrambe, la medesima richiesta rivolta alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione di individuare il giudice fornito di giurisdizione sulla controversia in corso.
Né poi può ritenersi di stretta interpretazione la norma dell’art. 366 bis in esame per il fatto che introduce una inammissibilità per l’inosservanza dei requisiti di forma del ricorso per cassazione poiché il divieto di applicazione oltre i casi considerati, dettato dall’art. 14 preleggi, per le leggi penali e per quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi preclude il ricorso all’analogia ma non impedisce l’interpretazione estensiva, la quale costituisce il risultato di un’operazione logica diretta a individuare il reale significato e la portata effettiva della norma al fine di stabilire il suo esatto ambito di operatività anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale e di identificare l’effettivo valore semantico della disposizione, tenendo conto dell’intenzione del legislatore e quindi di estendere la regula iuris a casi non espressamente previsti dalla norma ma dalla stessa implicitamente considerati (da ultimo: Cass. 26 agosto 2005, n. 17396).
In conclusione perciò, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
La novità della questione costituisce giusta causa di compensazione delle spese giudiziali.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso e dispone la compensazione totale delle spese giudiziali.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2007